Marco Fiorletta
Riletture postume: Praga 1945

Kohout e la spia

Come raccontare la storia (anche quella più complessa e terribile) con le armi della letteratura di genere? Provate a leggere “L’assassino delle vedove” di Pavel Kohout e avrete la risposta

Nella Praga di fine guerra, febbraio 1945, una contessa tedesca, Elisabeth von Pommeren, vedova di un generale delle truppe d’occupazione viene uccisa in maniera efferata, più violenta della morte stessa. Per le forze di polizia è un problema in più, non solo l’omicidio ma anche la pressione dei tedeschi che impongono la collaborazione dell’Oberkriminalrat Bubak alle indagini. Per il giovane assistente di polizia Jan Morava, incaricato di portare avanti l’inchiesta dal capo della polizia Beran, la presenza dell’ufficiale della gestapo sarà fonte di dubbi e di scoperte e di una forzata maturazione.

Partendo da questo omicidio, Pavel Kohout imbastisce una trama intrigante, coinvolgente dove i diversi scenari sembrano prevalere ora l’uno ora l’altro senza che nessuno si affermi in maniera perentoria. L’assassino delle vedove, 450 pagine Fazi editore 2003 18€, non è un thriller o perlomeno non solo quello, è un romanzo storico che sconfina nella politica e in cui i rapporti interpersonali sono centrali e influiscono sulla storia in maniera preponderante. È anche un atto d’amore verso la propria terra e un atto d’accusa verso quello che verrà.

pavel kohout2Sicuramente non è un romanzo consolatorio, nemmeno nella sua parte “gialla” e nemmeno nelle storie d’amore, non ci sono supereroi ma uomini e donne pieni di dubbi, sulla guerra, sulla fine della stessa e sul futuro, come anche di speranze, uomini che non si rassegnano, al bene come al male, e tentano di rimanere a galla anche sapendo che ciò non sarà possibile. E molte cose non sono come sembrano, il mondo gira ad una velocità tale che i piccoli protagonisti non possono seguirne il ritmo. Si intuisce sin dalle prime pagine, e per questo non svelo nulla, che i tedeschi hanno paura che le forze di polizia stiano organizzando la resistenza e l’apparire di un serial killer dà loro modo di infiltrare alla luce del sole Bubak, solerte, integerrimo e silenzioso poliziotto che dovrà controllare sì Jan Morava, intuitivo ma anche ingenuo pupillo del capo della polizia, che rivede in lui se stesso da giovane e sente il compito di istruirlo e anche proteggerlo, ma principalmente fare la spia per il suo capo Meckerle che pur sapendo che di tempo gliene è rimasto ben poco non si rassegna all’evolversi della storia. I due investigatori troveranno difficile catturare il serial killer perché costui è sì un sadico criminale ma ha anche poteri persuasivi e si adegua prima degli altri alle nuove situazioni.

Di Kohout in Italia si conosceva solo La carnefice, pubblicato nel 1980 dagli Editori Riuniti e rintracciabile ormai solo nel mercato del collezionismo o, se siete fortunati, in qualche mercatino dell’usato, testo molto più spiazzante de L’assassino delle vedove, dove si narrava la storia della giovane Lizinka che frequentava la scuola per diventare boia, una sottile analisi della società cecoslovacca e del totalitarismo della degenerazione del comunismo. Kohout se ne staccò in occasione della Primavera di Praga dopo esserne stato “un intellettuale organico”. Ricordatevi di questo quando leggerete le ultime parole del libro.

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