Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Quando Amore parla

William Shakespeare, il suo Byron innamorato di “Pene d’amor perdute” e tre parole decisive che iniziano con “A” per gli auguri di un Buon 2017! A cui se ne aggiunge una quarta che sveleremo: Avventura. Che il suo spirito sia con noi!

Byron ci è cascato, confessa d’essere innamorato. Non è il grande poeta e nuotatore e non meno grande amatore. È un personaggio di una delle meravigliose commedie di Shakespeare. Commedia sull’amore, sull’impossibilità e innaturalità di non amare. Ma, come sempre in Shakespeare, l’opera è anche una messa in scena della natura intrinsecamente teatrale della vita.
Un gruppo di signori, alla corte del re di Navarra, un gruppo di donne, al seguito della principessa di Francia. Una mascherata degli uomini per conquistare le donne… Dopo tanto teatro (travestimenti, una lettera amorosa che perviene alla donna sbagliata, trame maschili e furbe e divertite risa femminili, dichiarazioni maschili d’amore pompose e artefatte), ecco arrivare il vero “colpo di teatro”. Che consiste nella fine, nella cessazione di ogni trucco. Byron, quello che mai si era innamorato, considerando i continui corteggiamenti e avventure amorose un piacevole gioco, svela il trucco: Amore è centro di tutto. Credi di giocare e sedurre, per tenerlo a bada, o di meditare chiuso nella biblioteca, chino sui libri, per lasciarlo lontano. Errori capitali. O ti condanni a non vivere o ti perdi in un’illusione: nulla esisterebbe, nessun pensiero avrebbe senso, senza l’amore. In suo nome, nel suo fuoco è nata ogni opera degna creata dall’uomo.
Mi pare un buon augurio e suggerimento per l’anno che arriverà, tra poche ore. Anno. Arriverà. Amore. Tre A. La prima lettera dell’alfabeto tre volte ripetuta, la lettera da cui tutto ha inizio; un mantra per l’anno a venire. Che sia Avventura.

 

shakespeare

Avete mai trovato nella plumbea meditazione

le rime infuocate che vi hanno ispirato

gli sguardi ammalianti custodi del bello?

E poi speculazioni che assorbono in pieno

la mente sterile dello studioso secchione:

e chi ha mai visto frutti di tanta fatica?

L’amore che gli occhi di una donna hanno ispirato,

non vive a se stante, nella mente, murato,

ma in movimento nel flusso della vita

rapido come il pensiero ci prende e possiede,

e di ogni facoltà raddoppia il vigore,

mentre trascende e salta ogni sua funzione.

L’amore dona a chi ama un occhio così acuto

che se un’aquila lo fissa ne è abbacinata.

L’orecchio che ama ode ogni impercettibile suono

quello che elude anche l’orecchio del ladro.

Il tatto di chi ama diviene delicato e sensibile

come le antenne di una lumachina.

Il palato di chi ama è più fine di quello di Bacco,

e il suo valore eguaglia quello di Ercole

che ancora si arrampica sugli alberi nelle Esperidi

sempre a caccia di mele.

Enigmatico come una sfinge, dolce e musicale

come il liuto di Apollo, le corde i suoi capelli.

E quando Amore parla, ogni voce divina

inebria in coro il cielo in armonia.

Nessun poeta hai mai preso la penna

senza stemperare l’inchiostro in lacrime d’amore.

Così conquista l’orecchio dei barbari,

e ammansisce un brutale tiranno.

Traggo questa teoria dagli occhi delle donne:

loro sono custodi del fuoco di Prometeo,

son loro i libri, le arti, l’accademia

che svela, contiene e alimenta il mondo.

Senza quegli occhi non avremmo creato nulla di eterno.

William Shakespeare
(Da Pene d’amor perdute, Atto Quarto, scena prima, trad. Roberto Mussapi)

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