Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Accanto al Simorgh

È l’uccello cosmico dell’antica religione persiana il sigillo della nuova raccolta poetica di Mussapi. La ricerca di una sua piuma, di un suo segno a noi prossimo anche se non lo vediamo, equivale alla ricerca del senso ultimo

Mercoledì prossimo, 5 ottobre, alle 18.30 a Milano, nello Spazio Eventi Megastore Mondadori (Piazza Duomo 1), Gioele Dix legge versi di Roberto Mussapi tratti dalla sua nuova opera “La piuma del Simorgh”. Di cui qui di seguito si racconta…
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Simorgh è l’uccello cosmico e divino dell’antica religione persiana. È parente della Fenice, l’uccello che brucia e risorge, simbolo di poesia e Amore, ma parente di ordine superiore: è la voce stessa, si muove con le ali stesse del soffio divino. È lo spirito volante e generante di Dio. Il mio libro da poco uscito ha come titolo il Simorgh e la sua piuma, caduta in volo per generare il mondo.
La piuma del Simorgh è l’elemento leggero, volatile, aereo, e pur fisicamente esistente nel mondo naturale, dell’uccello cosmologico. Una sua prova, prima ancora che una sua traccia. La poesia iniziale è infatti il canto di quella piuma. La prima sezione si chiude con questa lirica in cui il Simorgh è visto non nella sua altezza celeste, ma nei sogni e negli affanni degli uomini che lo cercano. La ricerca del senso ultimo. Nella quale a volte l’uomo, viaggiando per terre e mari, o con la mente, rischia di perdersi: e forse il Simorgh era lì, accanto. Compito, duro anche se felice destino del poeta, è riconoscerlo, sentirlo, comunicarlo.

 

simorgh

Il sogno del Simorgh

Là sulla strada di pietra resta un’impronta,

la piuma del Simorgh, affermano i saggi

e quelli che si spinsero verso il deserto

prima del grande fiume e del Palazzo di Khublai,

verso la verde montagna dove dicono

si celi il nido d’oro del grande uccello

che fece nascere la vita nel mondo

e il regno degli alati e degli umani

con una remigante dell’ala sinistra

mentre volava verso il mare al tramonto

lì mentre il sole si tuffava nel mare.

L’impronta della piuma è invisibile da millenni

ma qualche cosa resta nella pietra,

qualcosa che guardi e che nessuno calpesta.

La piuma del Simorgh, dicono i saggi.

I saggi scrutano nel bacile il suo volo,

o nell’inchiostro nero delle pagine,

come nel fondo atro dell’abisso.

I sapienti lo hanno semplicemente visto.

Niente bacili, e libri e prove

su cui edificare conoscenza e memoria.

Lo videro, in volo, non importa ai sapienti

se nella realtà della natura, illo tempore,

o in quella consimile e più vivida del sogno.

Lo hanno visto, il cammelliere veggente,

il ciabattino di Alessandria d’Egitto,

il muto che ho conosciuto a Damasco,

il fabbro che partì a cercare i segreti di Bisanzio,

la filigrana d’oro, l’illusione dell’eternità.

E, io, io loro simile e fratello, il poeta.

Conosco quel segno da millenni invisibile,

so che divenne tale per l’incanto

e il prodigio segreto del grande uccello:

è lì, ma non è lì soltanto.

Un tempo partii per venerare quella pietra.

Tornai, quando ne compresi il senso.

Tornai da una donna che stavo perdendo,

che non avevo saputo amare infinitamente:

sapevo troppo, non ero sapiente.

Quando rividi i suoi occhi allora compresi

che il Simorgh stava volando su me e su chiunque,

su chi ancora dormiva nel sonno narcotico

di un altro mondo lontano e perso per sempre,

su chi era desto solo al fenomeno,

sui pochi che come me lo avevano visto.

La pietra mi disse che il Simorgh era ovunque e presente

se solo sapevi sentirlo, riconoscerlo.

Mi disse, silente come il muto di Damasco,

mi disse “torna, e non smarrirti a cercare

quello che avevi accanto, nei suoi occhi”.

Io la rividi e solo allora compresi

perché tutti di notte ansimando e affannandoci

come bambini cercavamo il Simorgh,

inconsapevoli del suo segreto e il suo dono,

la vita, gaia, che avevamo accanto.

Roberto Mussapi
(Da La piuma del Simorgh, Mondadori, Specchio)

 

 

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