Ella Baffoni
All'associazione Bianchi Bandinelli

Quell’altra Roma

A tre anni dalla morte, studiosi e amici hanno ricordato Italo Insolera, l'urbanista che ha speso tutta la vita per dare "ordine" alla città del caos: Roma

Pietra miliare per chi studia la storia e l’urbanistica della Capitale, le ragioni delle sue bellezze e delle sue strozzature, Roma moderna di Italo Insolera è uno dei libri fondamentali, e non solo per i romani. Anche per chi ama Roma: per chi la vorrebbe riscattata dal suo status di città insieme straordinaria e mediocre, vitale e imbalsamata, ammaliatrice e sfruttata.

Larga parte di chi ci vive se ne frega, e si vede: fa scalpore la notizia che un attore decida di impugnare la ramazza e spazzare da sé la sua strada, in un’estate in cui pulizia e manutenzione sono state largamente lasciate andare. Ma Roma è così, nasconde civismo e lassismo, incapacità e innovazione. Compito di una buona amministrazione sarebbe capire dove sia la vitalità, l’innovazione, il civismo. E «farlo durare, e dargli spazio» come diceva un altro Italo, Calvino. Rigore piemontese e cuore romano: qui Insolera ha scelto di vivere e lavorare, qui ha trovato amici intellettuali come Antonio Cederna. Ha percorso il mondo, attirato dalle curiosità di studio e conoscenza, ma qui è sempre tornato. Qui si è impegnato.

italo-insoleraSevero critico davanti ai processi speculativi e corruttivi, ha analizzato con rigore e passione le idee e le proposte delle amministrazioni di sinistra, con un rovello, sempre: cosa è possibile fare? Quando ci ha lasciato, ancora studiava con passione le idee per Roma di Quintino Sella: sì, l’uomo dell’odiata tassa sul macinato ma anche l’alpinista fondatore del Cai, il matematico che introdusse nella scuola il disegno assonometrico, il fondatore dell’accademia dei Lincei e della Società geologica italiana. Bisogna avere un’idea per governare Roma, Sella l’aveva. Era quella di farne la capitale della cultura, della ricerca e quindi dell’università. Idea che, se l’università – e quelle romane non fanno eccezione alla tendenza nazionale – non fosse ridotta al lumicino potrebbe esser buona anche oggi.

Italo Insolera è stato ricordato mercoledì scorso dall’associazione Bianchi Bandinelli al Museo Romano. A tre anni dalla morte, più che una giornata di studio, un saluto e un ricordo, ha detto Vezio De Lucia, introducendo e moderando l’incontro: «I frutti del suo lavoro – ha scritto Edoardo Salzano, fondatore di Eddyburg, sito dove si incontra il meglio della cultura urbanistica e non solo – si vedono oggi: molte battaglie sono ancora aperte, come il Progetto Fori. Ci ha insegnato a cercare con ragionata indignazione quel che è sbagliato, a denunciarlo, a fermarlo senza stancarsi mai».

Roma moderna? Il titolo di quel punto interrogativo sulla prefazione continua a arrovellare il coautore della nuova edizione, Paolo Berdini. È davvero moderna Roma? «In Francia dopo le rivolte delle banlieue hanno speso 50 milioni di euro in dieci anni. E qui? Per avere belle città, ci ha insegnato Italo, bisogna avere idee chiare e tecnici capaci: nel dopoguerra la scelta di non attuare il piano Nathan ha prodotto danni irrecuperabili. A cui si è aggiunto il nulla, la cancellazione dell’urbanistica degli ultimi quindi anni, la deroga e la marcia trionfante della speculazione».

Adriano La Regina, ex soprintendente archeologico, ricorda l’impegno di Insolera, con Antonio Cederna, nella difesa dell’Appia Antica e del Progetto Fori, una grande idea di cui la pedonalizzazione non dovrebbe essere che il primo passo. «In ricordo di Italo dobbiamo valorizzare i progetti che già ci sono, lavorare al recupero della città antica perché qui sta il futuro di Roma».

Critico severo, analista rigoroso, Insolera «aveva, quando lavoravamo insieme – dice Walter Tocci, senatore oggi, allora assessore al traffico – un sorriso bellissimo. Quando trovavamo soluzioni semplici che ottenevano molto con poco: era il sorriso dell’invenzione, dietro cui si nascondeva una dissimulata tenerezza. Italo era un uomo di governo, anche se in pochi l’abbiamo chiamato a lavorare con noi. Roma moderna? Applicato a Roma quell’aggettivo ha un senso borrominiano, mette in tensione creativa l’aulico e il popolare, che separati degradano in retorica e plebeismo».

Per l’economista Peter Kammerer l’incontro con Italo è stato occasione della sua formazione civile. Con Italo lavorò al piano paesistico della Gallura, e poi al piano turistico: «Ancora lavoravamo e fummo travolti dal boom della Costa Smeralda, Isola rossa, Costa del paradiso… vedevamo il loro agire e i loro bulldozer, e capimmo che dietro il nostro piano ce n’era un altro, segreto, quello dei consorzi e della speculazione. La sconfitta non ha prodotto in Italo – come non lo ha fatto in Aldo Natoli, comunista che ha speso larga parte della sua vita nel Pci e, una volta espulso, ha elaborato tesi importanti sull’idea comunista – la resa. Anzi: l’idea che i piani rispondessero a una coscienza civile, a un impianto sociale, alla tensione verso un ambiente più giusto è sempre più forte, così che la cultura sia la protagonista della trasformazione».

Infatti. Le domande che stimola la Roma moderna di Insolera sono più forti, più urgenti delle risposte e delle ragioni che vengono dalla sua storia. Pensiamo, ed è solo un esempio, alla prima legge per Roma, decreto firmato da Napoleone e che sarebbe stato finanziato con un milione l’anno se i francesi fossero rimasti al governo. Conquistatori e predoni, ma non solo. Capaci anche di leggere le ricchezze della città, di prefigurare il parco archeologico ai Fori, al Colosseo, al Palatino.

Pensiamo al rovello che corre nella trama di Roma moderna: una città più uguale, più giusta. Città di immigrazione dalle campagne intorno, e negli ultimi cento anni da ogni regione d’Italia Puglia Abruzzo, oggi è anche approdo per i migranti del sud del mondo. Dove vivono? Come cambiano la città? «Quando questo straordinario intreccio di culture e sensibilità inizierà a rivendicare insieme una città più solidale e giusta, quando riprenderà il processo che ha portato nell’immediato dopoguerra a migliorare la condizione urbana, potrà dirsi raggiunta l’integrazione». E mentre l’ignoranza incita alla paura, alza muri e installa telecamere di sicurezza, Insolera è sicuro: «L’arte e la cultura saranno gli elementi da cui potrà nascere la Roma del futuro».

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