Angela Scarparo
Una scrittrice al cinema

L’anti-Trainspotting

L'ultimo film di Claudio Caligari, “Non essere cattivo", è il rovescio dell'opera cult inglese. Qui, nel mondo del disagio e della droga c'è sempre un confine netto tra il Bene e il Male

Girato come un road movie ossessivo e circolare, (i protagonisti stanno spesso in macchina, e più in generale per strada, ma solo per tornare sempre negli stessi luoghi), Non essere cattivo – l’ultima regìa di Claudio Caligari appena uscito dopo l’anteprima alla Mostra di Venezia – è un film che parla di sostanze e dipendenze. E però ha una caratteristica: potrebbe benissimo essere proiettato negli oratori. Così come nelle scuole. Ciò per la caratteristica sua prevalente, che è quella, forse scelta dagli autori, di distinguere nettamente il bene dal male, il ruolo delle donne da quello degli uomini, e persino delle generazioni, (i giovani dai meno giovani).

Siamo nel 1995. Cesare e Vittorio si conoscono da quando erano piccoli e vivono a Ostia. I loro caratteri si presentano immediatamente distinti: più tranquillo e sognatore il secondo, più rude, ma anche più sensibile e sofferente, il primo. Centro di smistamento del loro lavoro, ma anche luogo di incontro più in generale, è un chiosco sul lungomare. Lavoro è una parola grossa: per sopravvivere, Cesare e Vittorio spacciano, rapinano, rubano. E poi, nel tempo libero, si fanno. Parlavo di distinzioni anche sulla base delle generazioni, perché lo spacciatore che fa le grosse operazioni, qui ha un’età nettamente distinta da quella dei due protagonisti, diversamente da altri film dove uso e consumo delle sostanze sono appannaggio della stessa classe generazionale.

Non essere cattivo2Vediamo i protagonisti. Se i due sono simili per la relazione che hanno con il lavoro, (ma più in generale con la vita e con le donne), non lo sono per ciò che riguarda le sostanze. Reagiscono infatti molto diversamente a esse: cosicché nella stessa notte, Vittorio ha potenti allucinazioni, mentre Cesare, che non ci ha dato meno dentro, rimane invece sveglio e completamente presente a se stesso, con un notevole effetto comico.

Dipenderà forse dalla maggiore disperazione che Cesare ha in casa, disperazione che lo costringe a una maggiore attività e presenza di spirito? Sua sorella infatti, è morta di AIDS, e così sarà anche per la figlia di lei. La madre di Cesare, dolente, subisce passivamente e si lascia andare. Né riuscirà a salvare il figlio. Diversamente dalla donna che incontrerà Vittorio, Linda, una sorta di angelo che, non solo riuscirà a farlo smettere, ma lo accoglierà in casa e lo convincerà a lavorare come muratore. Al fondo buona di cuore anche Viviana, la ragazza di Cesare che, anche se più scafata, meno ingenua (o forse proprio per questo) non riuscirà a salvarlo; però avrà un figlio da lui.

Non essere cattivo è l’ultimo film di Claudio Caligari, che non ha fatto in tempo a vederne l’uscita perché prematuramente morto. Devo essere sincera: più che ad Amore Tossico, opera che nel 1983 lo rese celebre, a me questo terzo lavoro – in mezzo L’odore della notte – ha fatto venire in mente un film che Caligari non amava, Trainspotting. E ciò, non perché gli somigli, ma per le tematiche, certo, e per il modo opposto in cui sono trattate. Tanto in Trainspotting è equivoco, indistinto, il confine fra Bene e Male, tanto qui è netto, chiaro, preciso. Chi sta al di qua dello schermo sa benissimo, e continuamente, che i due stanno sbagliando. Si tratta solo di capire a chi dare la colpa di tutto quel Male.

Così come, chi guarda, non può che accogliere con un sospiro di sollievo Vittorio vestito da muratore. E se, indistinta ma in qualche modo presente era nel film inglese la relazione con gli Anni Settanta e la politica, relazione espressa sotto forma di ribellione, qui è totalmente assente: Cesare e Vittorio potrebbero essere figli dell’immediato (vorace, come sottolineato da qualcuno) Dopoguerra. Di qua il Bianco, di là il Nero, dicevamo; di qua il bene, di là il male. Cosicché la morte, quando arriva per il povero Cesare, non potrà essere che liberazione da una vita, in cui lottare è perfettamente inutile, oltre che dannoso. Non solo, ma l’intento pedagogico, ammonitore, del film (per quello parlavo delle scuole, all’inizio) è chiaro. Ci sono vite sbagliate, vite che non possono che chiudersi drammaticamente.

Scritto da Giordano Meacci e Francesca Serafini con il regista, è ottimamente recitato da Luca Martinelli, Alessandro Borghi, Silvia D’Amico, Roberta Mattei. Fotografia ottima di Maurizio Calvesi. Montaggio Bonanni. Costumi Ferrantini.

Facebooktwitterlinkedin