Enrica Rosso
“Le vie dei festival” al Teatro Due di Roma

Tea for two senza biscottini

Con scintillante complicità Tony Laudadio ed Enrico Ianniello interpretano trenta microscene di ordinaria alienazione quotidiana. In “Un anno dopo”, testo inedito che Laudadio firma anche come autore e regista

Un debutto nazionale a segnare la sofferta anteprima della XX edizione de Le vie dei festival organizzata dall’Associazione Cadmo e diretta da Natalia Di Iorio in scena al Teatro Due di Roma fino al 27 ottobre. Onorevole Teatro Carsertano e Teatri Uniti scendono in campo per produrre Un anno dopo, un testo inedito di Tony Laudadio – qui anche regista e interprete con la complicità di Enrico Ianniello – dopo la presentazione della scorsa estate in forma di lettura scenica alla Milanesiana.

Un locale senza finestre, senza vie di fuga. Nero su nero. Due scrivanie gemelle, due impiegatucoli al lavoro. Nessuna responsabilità particolare, nessuno stress, conseguentemente nessuna soddisfazione. Solo un massacrante infinito ricopiare dati. Quasi una meditazione. Giornate intere spese di fronte al computer, a battere sui tasti, illuminati dalla luce fioca dello schermo. Giacomo a destra, Goffredo a sinistra: palla al centro si comincia. Trenta microscene, una per ogni anno di vita condiviso dai nostri due eroi di cartapesta prigionieri consenzienti in questo soffocante ufficio di una ancor più soffocante, non meglio identificata, provincia.

Si parte rapidi, si dialoga a monosillabi in un assurdo quotidiano in cui ci si sfiora a parole ma senza incontrarsi, senza realmente affrontarsi. Giacomo, quello con più anzianità, ha un’unica curiosità nei confronti del nuovo venuto e se la toglie subito: «Creazionista o evoluzionista?». A domanda risposta e amen, fine del dialogo. Un beckettiano illusorio Tea for two senza biscottini. Potrebbe continuare così all’infinito, nessun pericolo imminente se escludiamo il paradosso. La vita scorre, i progetti sfumano, le dita dolgono, i pensieri mutano, dilatati da un inquietante stacchettto musicale.

Tra i due interpreti una scintillante complicità. Tony Laudadio è granitico nella sua inattaccabile privatezza, non concede nulla al povero dirimpettaio, ma si racconta al pubblico attraverso quello che non fa, non dice, ma pensa. E si vede. Ci offre le tesserine del mosaico del suo personaggio a tratti regalandoci un jolly: una luce particolare negli occhi, una punta di orgoglio nel leggere una sua composizione, un nulla. Tra i due è il più piegato, per sopravvivere ha elaborato una vita interiore fantastica: immagina storie monumentali e poi ne scrive la sinossi: geniale. Empatizza con il sodale e a tratti gli regala autentiche perle di saggezza tipo: «Il tempo è sabbia che scivola tra le dita, la sabbia dove vanno a cagare i gatti».

Enrico Ianniello è un Goffredo a tutto tondo, che si sfrena nel cortile della sua sobria esistenza, non si risparmia. Esacerbato da una sorte ria che lo ha fatto nascere in provincia dove tutto è sciapo e svapora se confrontato alle mille possibilità offerte dall’agognata metropoli. Le prova tutte ma qualsiasi progetto, anche quello apparentemente meno impegnativo, farsi una famiglia, pare titanica impresa e si sa: «Non ci si può mica amare in provincia, al massimo ci si vuole bene». Stretto sotto la pressione delle vite altrui non si capacita di non poter volare via e si sente depredato perché «Nella vita in provincia tutto ha già il sapore dell’usato, si vive come sentendo l’eco della vita di un altro». Ci prova fino all’ultimo a volare, ma il destino gli riserva altro finale.

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