Marco Fiorletta
I mostri dell'urbanistica

Nascita della borgata

Al di là del mito (non sempre autentico) di luoghi vitali e maledetti, lo storico Luciano Villani ricostruisce la genesi delle periferie di Roma, nate perché Mussolini voleva centralizzare l'Italia...

C’è stato un tempo, a dire il vero c’è ancora – dipende con chi si parla – in cui il termine borgata si associava automaticamente a Roma. Le borgate di Roma erano diventate come i mostri mitologici o, se vogliamo, come lo Yeti: tutti ne parlano ma nessuno lo ha visto. Borgate utilizzate per fare politica sulla pelle di chi ci abitava, oppure per farci trattati di sociologia più o meno seri, per scriverci libri, farci film. Insomma le borgate come karma di Roma, della città eterna, bella, piena di storia e d’arte. Eppure le borgate, e le baracche, per Roma sono state una dannazione. Lo sa bene chi ci ha vissuto, chi le ha subite. Ma come sono nate? Come si sono sviluppate? E come sono sparite? Se mai lo sono, nel senso di trasformazione in quartieri.

Il libro di Luciano Villani, Le borgate del fascismo, (sottotitolo: “Storia urbana, politica e sociale della periferia romana”, Ledizioni: cartaceo 28€, eBook 11,99, Pdf gratis), racchiude in 378 pagine la storia di questa parte di Roma. Dalla nascita in epoca mussoliniana fino ai giorni nostri; dalla progettazione allo sviluppo e alla nascita di nuovi quartieri. Una storia di Roma poco conosciuta. È un libro che si basa molto sui documenti d’archivio senza dar spazio, come è giusto che sia, alla fantasia. Quella ce l’hanno messa gli abitanti che vi si sono succeduti.

«Viene dalla borgata», era un marchio indelebile: sinonimo di provenienza malfamata, di gente priva di speranza e/o di futuro. Uno degli attori principali dello sviluppo di questi insediamenti fu appunto il fascismo e la sua emanazione l’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari, che ha funzionato, con diversi nomi, fino agli anni Ottanta del secolo scorso e che ancora esiste solo per il mantenimento, almeno sulla carta, del patrimonio esistente visto come sono ridotti alcuni insediamenti. Ma questa è un’altra storia.

Un libro da leggere con pazienza, con la consapevolezza che non ha la scorrevolezza di un romanzo o di romanzo storico. È un libro ricco di notizie, di dati, di considerazioni sociali e politiche, sull’uso che nel corso degli anni se ne è fatto, che sgomberano il campo dalla mitologia e ridanno alle borgate romane la giusta collocazione all’interno della storia di Roma. Pagine che per forza di cose toccano anche il fenomeno dell’immigrazione a Roma.

Buono l’apparato iconografico e ricca la bibliografia per chi, non contento, volesse approfondire ancora.

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