Anna Camaiti Hostert
Come ci vedono di là dall'Oceano?

Spettacolo Italia

Il 2013 è l'anno della cultura italiana negli Usa. Non solo quella riscritta dai salotti di New York, ma proprio quella prodotta da noi, più difficile da esportare. Ne parliamo con Anthony Tamburri del Calandra Italian American Institute

“Un viaggio lungo un anno per raccontare e promuovere l’Italia; per coinvolgere ed emozionare gli americani; per rafforzare i legami che uniscono l’Italia all’America e crearne di nuovi… La cultura e l’identità italiane saranno promosse, presentate e declinate in tutte le aree che caratterizzano, ieri come oggi, la tradizione italiana: arte, musica, teatro, patrimonio architettonico e paesaggistico, cinema, letteratura, scienza, design, moda, cultura alimentare. L’iniziativa dell’anno della cultura italiana in America prevede anche un’attenzione particolare alle nuove generazioni con una serie di eventi focalizzati sui giovani talenti italiani che rappresentano, accanto alla tradizione dei Maestri, l’Italia del futuro e le sue eccellenze”. Così il Ministero degli Esteri in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei Ministri, con quello della Pubblica Istruzione e dell’Economia ha presentato il 2013 come l’anno della cultura italiana negli Stati Uniti. La manifestazione si è aperta con l’esposizione del David-Apollo di Michelangelo a Washington D.C. dal 12 dicembre 2012 al 31 marzo 2013 e si concluderà nel novembre 2013 con premi  giovani ricercatori meritevoli sotto i 30 anni che potranno svolgere dei corsi in università americane. Nel corso di questo evento sara’ data inoltre grande visibilità all’industria e all’artigianato di qualità che esprimono lo stile italiano e che si distinguono a livello internazionale per innovazione e prestigio, rappresentando la migliore cultura d’impresa italiana fondata sulla sintesi tra una prassi imprenditoriale di eccellenza e l’eredità ideale, culturale, storica e naturale del Paese.

Del significato di questa manifestazione parliamo con il Professor Anthony Tamburri, dean del Calandra Italian American Institute a New York in visita in Italia per un convegno.

Il 2013 è l’anno della cultura italiana in Usa. Perché è importante?

L’ex-ministro degli affari esteri Giulio Terzi di Sant’Agata ha dichiarato il 2013 anno della cultura italiana negli States. È un fatto importante per una serie di motivi. Innanzitutto, si celebrerà la cultura italiana come la si conosce in Italia, come la intendono gli stessi italiani. È opportuno fare questa precisazione perché negli States l’aggettivo “italiano” è usato in modo molto vasto e, dovrei aggiungere, anche ambiguo, specie da parte degli statunitensi.  Infatti tale aggettivo si riferisce sia agli americani di origine italiana (ossia, come dite voi, “italo-americani”) sia agli italiani abitanti in Italia. E allora, la celebrazione di un anno intero della cultura italiana negli Stati Uniti mette senz’altro in rilievo per gli americani ciò che si intende oggi per cultura italiana. Quella che arriva dall’Italia. Ma a tale proposito include anche l’apporto essenziale degli americani di origine italiana che, come si sa, hanno contribuito a trasformare non solo la cultura americana, ma anche quella italiana in Italia. In modo analogo a come si intende negli States “italiano,” questi festeggiamenti includeranno pertanto anche il contributo culturale degli americani di origine italiana. In questo senso, Terzi ha agito in modo assai più inclusivo nei nostri confronti rispetto ad altri che lo hanno preceduto. Sono tuttavia sicuro che la nuova ministro degli esteri, per la sua sensibilità e la sua intelligenza continuerà in questa direzione. E a questo punto mi voglio augurare che anche chi rappresenta l’Italia negli States si muova in questa direzione.

anthony tamburriQuali sono i settori più rappresentativi della cultura italiana in Usa?

Credo che si possa parlare di tre settori in particolare : cibo, cinema, e moda, oltre naturalmente al patrimonio artistico su cui per ovvi motivi non mi soffermerò. È ormai un dato di fatto comunissimo che la cucina italiana è quella più popolare negli States, certamente più amata di quella cinese e francese. Per quanto attiene al cinema, ci sono nomi ormai canonici di registi italiani degli ultimi settanta anni del calibro di Rossellini, De Sica, Visconti, Fellini e Antonioni e successivamente, durante gli anni ’70, periodo appena precedente la nascita del made in Italy,  Scola, Rosi, Wertmuller e più recentemente quelli delle generazioni successive come Moretti, Troisi,  Tornatore, Salvatores e Benigni. Quanto poi agli attori, la coppia più famosa è quella Loren/Mastroianni, specialmente per i film della cosiddetta “commedia all’italiana”, genere che ha anche contribuito ad una serie di stereotipi nei confronti dell’Italia e degli italiani. Infine, la moda italiana ha veramente conquistato gli Stati Uniti . Verso la fine degli anni settanta si parlava soltanto di pochi quali Valentino, Pucci, e Cassini anche se quest’ultimo, se non erro, stava più in Francia che in Italia, ad esempio. Con l’arrivo allora dei giovani stilisti Armani, Versace, Prada, Dolce & Gabbana e via dicendo, la moda italiana ha messo radici ben forti nel suolo americano. E ancora oggi, malgrado la crisi  si continuano ad aprire nuovi negozi dei grandi nomi nelle due vie più importanti di Manhattan a New York: 5th Avenue e Madison Avenue.

Qual è l’aspetto più conosciuto della cultura italiana in USA?

Non credo che ce ne sia soltanto uno. Mi verrebbe di primo acchito da dire la cucina, ma sarebbe una risposta troppo banale. Nelle grandi città, si dovrebbe aggiungere alla triade che ho menzionato sopra anche l’opera. A Manhattan, ad esempio, al Metropolitan, nel 2012 sono apparsi per la prima volta sottotitoli in italiano mentre per il tedesco e il francese era ormai un’usanza vecchia. Per i residenti newyorkesi meno cosmopoliti, risponderei sia con la cucina che con la moda, più imitate che altro; e qui mi vengono in mente etichette con nomi italiani che assomigliano a stilisti famosi. In una catena nazionale di un grande magazzino americano — di buon livello che ha dunque merce di prima qualità — si trova una sua linea di abbigliamento maschile col nome Alfani, in assonanza netta, e affatto casuale, mi viene da dire, col nome del famoso stilista Armani.

Quali sono gli stereotipi ancora da sfatare rispetto alla cultura italiana negli Stati Uniti?

Gli stereotipi da sfatare sono ancora diversi. Innanzitutto si soffre ancora dell’immagine dell’italiano come mafioso. Esiste ancora negli States una specie di ossessione da parte dell’americano medio riguardo alla criminalità organizzata, come un fenomeno prettamente italiano quando si sa ormai da decenni che è un mondo assai diversificato e include diverse provenienze etniche . E che la percentuale degli italiani che abitavano questo mondo è sempre stata bassissima. Ma se si studia la storia mediatica degli States, si capisce che già nel tardo ottocento l’immigrante italiano veniva rappresentato come persona disonesta, sleale, e violenta; durante l’infanzia del cinema statunitense veniva presentato quasi sempre in quel modo in un parallelo impressionante con uno stereotipo già molto frequente nel mondo letterario. Infatti, film come Little Cesar (1930) e Scarface (1932) hanno contribuito a creare nell’opinione pubblica quell’immagine dell’italiano. Ma accanto  a quei molti, spesso di origine italiana, che vivono di campagne basate sul vittimismo che questa immagine ha contribuito a creare, ce ne sono altri che si lamentano che comunque ci siano ancora ditte e imprese che continuano ad abusare di tali immagini, per motivi schiettamente economici (“perché vende”, si dice). Personalmente preferisco contare su quei pochi che invece vedono nella conoscenza della storia e del costume italiani uno strumento effettivo per contrastare e alla fine eliminare tali stereotipi. Altri stereotipi includono il mammone o il marito un po’ babbeo, due immagini costanti della serie settimanale ormai popolarissima Everybody Loves Raymond. Oppure, lo svogliato giovane che non vuol fare altro che divertirsi e curarsi del proprio corpo, come accade  ad esempio nella sitcom Jersey Shore. Ed altri ancora. Ma sono stereotipi, direi, che hanno le loro analogie con quelli di altri gruppi etnici. L’unico modo per combatterli in modo effettivo è quello della diffusione della cultura e della conoscenza delle tradizioni di un paese come l’Italia, sia attraverso la scuola che attraverso i mezzi di comunicazione di massa che forgiano l’immaginario collettivo e i gusti del pubblico.

Quali dovrebbero essere i cardini della rappresentazione della cultura italiana in Usa?

Anziché parlare dei cardini della rappresentazione della cultura italiana in Usa, parliamo dei cardini su cui si impianta la cultura italiana in Usa. Che cosa intendo dire con ciò? Innanzitutto, per svolgere qualsiasi attività che voglia rappresentare qualunque cultura, bisogna averne una conoscenza approfondita. Può sembrare banale, ma non lo è in quanto il modo più efficace per acquistare tale familiarità passa attraverso due componenti significative: la lingua e la storia. Cioè, gli americani di origine italiana dovrebbero essere in grado di poter capire il veicolo linguistico tramite il quale funziona quotidianamente la cultura di origine e contribuire a diffonderne l’alto valore in un paese come l’America che già ama quasi tutto dell’Italia. Vale a dire, se la persona che diffonde la cultura italiana in Usa non conosce minimamente l’italiano, si trova indubbiamente in una posizione di svantaggio. Oltre a ciò, per poter comprendere in modo adeguato lo sviluppo degli avvenimenti storici dell’Italia moderna e contemporanea, qualunque paladino di questa cultura dovrebbe aver studiato la storia italiana dalla fine del Settecento in poi. Altrimenti, non ne può comprendere gli sviluppi più recenti e con essi la sua variegata e ricca identità.

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