Filippo La Porta

Storia di Diana

Illustrazione di Massimo Arduini

Diana  amava  la vita, il sole, le arance, i gatti, le palme di Villa Sciarra, i barboni,  lo scintillio sul golfo di Napoli, la danza contemporanea,  le torte di mele,  Suzanne di Leonard Cohen, Harpo Marx(cui diceva di somigliare…). Percepiva  l’esistenza come una festa gioiosa  del cosmo, da cui però era  misteriosamente esclusa. Ci si sentiva un po’ un’intrusa.  Come mai?  Aveva sofferto nell’infanzia di deprivazioni affettive? Può darsi,  ma chi di noi  non ha mai provato una  sensazione del genere? Una volta Diana  lesse nel libro di una mistica che Dio e l’essere umano erano come due innamorati che si sono dati un appuntamento, ma senza più trovarsi.

All’inizio non ci facevo caso. Diana si sedeva a tavola volentieri, con l’aria contenta. Mangiava con evidente piacere, quasi concentrata, con la lentezza vorace di un bambino pensieroso. Poi però si alzava all’improvviso e andava in bagno. Pensavo che soffrisse  di qualche mal di pancia passeggero, come me del resto. Quante pene del vivere vanno a infilarsi proprio là, tra le pieghe dell’intestino! Dopo alcune settimane notai che queste brevi  fughe erano un po’ troppo regolari. Un giorno l’ho seguita di nascosto e ho origliato dietro la porta. Così scoprii che  si nascondeva in bagno a sputare.

arduiniIl cibo gli piaceva, specie  i dolci, ma intratteneva con il cibo un rapporto ambivalente, di desiderio e   inimicizia. La mia  impressione è che Diana quando entrava in bagno a sputare  –  con una meticolosità per nulla drammatica – ,  non voleva che il mondo, il cibo già masticato, entrasse troppo dentro di lei. Non intendeva  dare eccessiva  confidenza al mondo, del quale, come ho detto, non si fidava del tutto. Ognuno di noi riserva  agli altri una attenzione dimezzata, un ascolto semi-distratto, anche solo per difendersi. Questa la regola tacita della comunicazione e del bon vivre.

Diana invece ti dava sempre una attenzione totale.  Perciò si stancava presto. Quando invitavamo a cena qualcuno lei restava in piedi per un’oretta al massimo, poi, esausta, si rifugiava  in  camera da letto e si stendeva al buio. Il suo modo intenso di comunicare era per gli altri   disturbante. Creava imbarazzo e a volte perfino  spaventava.Già. Una refrattarietà a ogni mediazione,   una intransigente  mancanza di flessibilità, ma l’esistenza invece è fluida, impura e tende a transigere.

Quando si gettò dall’ottavo piano volle dondolarsi prima  per un po’ sul davanzale, a pancia sotto, dopo aver lasciato gli zoccoli bianchi, ben allineati,  sul pavimento. Per vedere  cosa avrebbe prevalso, in quel momento là. Non lo sapeva bene neanche lei. Non l’aveva pianificato veramente.

Oggi le palme di Villa Sciarra stanno sempre lì, presenza esotica, un po’  incongrua  in un parco così   lezioso, con siepi di bosso,  fontane e statue decorative. Forse il sogno tropicale della Villa settecentesca… Guardando l’edificio dell’Accademia Tedesca penso all’utopia meridionale vagheggiata da Thomas Mann. Ci vado ogni tanto, specie in primavera, a leggere qualche pagina di un libro. E a volte mi capita di intravedere per un attimo Diana,  in qualche volto femminile  che lampeggia all’improvviso da un vialetto: una bambina smarrita, con l’aria però caparbia, una spavalda zingaretta che fruga in un portafoglio rubato da poco, una anziana barbona che mi guarda con indifferenza aristocratica, e sembra che mi  perdoni.

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foto la portaFilippo La Porta, critico e saggista, è nato a Roma, dove vive. Collabora a quotidiani e riviste, tra cui il Domenicale del Sole24ore, Corriere della seraIl Messaggero, l’Espresso. Tra i suoi libri ricordiamo: La nuova narrativa italiana, Bollati Boringhieri 1995; Maestri irregolari, Bollati Boringhieri 2007; Dizionario della critica militante (con Giuseppe Leonelli),  Bompiani 2007; Meno letteratura, per favore, Bollati Boringhieri, 2010; Un’idea dell’Italia. La cronaca nazionale nei libri, Aragno, 2012; Pasolini, Il Mulino, 2012; Poesia come esperienza. Una formazione nei versi (2013).

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M.ArduiniFotoMassimo Arduini, nato a Roma nel 1964, consegue  il Diploma accademico in pittura. Svolge viaggi di  studio in Francia e in Germania. Si occupa di differenti media e linguaggi quali grafica, fotografia, video, scrittura.  Ha partecipato a diverse esposizioni in Italia e all’estero: alla GNAM e Macro (Roma), Galleria Martano (Torino),  P8Gallery (TelAviv),  The Chemistry Gallery (Praga). La sua attività riconduce alle varie pratiche  fruitive  avvalendosi di linguaggi di confine, dove le connotazioni  meta-visive, ludiche e di finzione svolgono un ruolo predominante. Ha svolto anche attività  curatoriale e laboratori didattici per diversamente abili.