Su "Almanacco del mondo piccolo”
Diario dei gesti
Il nuovo libro di Massimo Pomi è una raccolta di haiku lunga come un anno. E, come un anno, è divisa in quattro stagioni dove quel che conta è il passare dei piccoli gesti
Un mondo davvero piccolo noi siamo, anche se pulsante di vita. Noi, la Terra, il pianeta che ci ospita e che è, ormai lo sappiamo bene, un’infinitesima parte di un universo sterminatamente grande, di cui siamo in grado di distinguere e di comprendere solo dei frammenti, enormi rispetto a noi, ma pur sempre percentuali minime se confrontate con tutto quello che c’è oltre di noi e di cui sappiamo poco o nulla. Sappiamo che le cose esistono e hanno senso, sono in qualche modo misurabili, solo se poste in relazione le une con le altre.
Nel nostro piccolo pianeta c’è un mondo piccolo, fatto di piccole situazioni e di piccoli eventi in parte suscitati dai piccoli esseri viventi che lo abitano, umani animali piante insetti. A loro e alle loro vicende, che segue pazientemente giorno dopo giorno, Massimo Pomi dedica un suo Almanacco del mondo piccolo (Campanotto, 218 pagine, 15 Euro), composto di trecentosessantacinque haiku, uno per ogni giornata dell’anno, introdotto da un testo in prosa rivolto ai lettori (“Cara lettrice, caro lettore” ha inizio) e da due brevissime poesie, e chiuso da un ultimo haiku a modo di congedo. Il libro è diviso in quattro parti, a seguire le quattro stagioni in cui dividiamo l’anno. Si parte con la primavera e dunque il primo haiku è contrassegnato dalla data del 21 marzo. È utile segnalare i titoli delle quattro sezioni, che in effetti riportano il primo verso della prima poesia della stagione: Verme che nasce (si parte, come s’è detto, con la primavera), C’è tanto cielo, Conto le nuvole, Paga, non spenta, rispettivamente dedicate a estate, autunno, inverno.
Il percorso del libro ha inizio con un distico, che ci ammonisce che “È tutto grande / nel mondo piccolo”. In effetti Pomi indirizza il suo sguardo, sempre desideroso di annotare, sulla natura e su quello che si muove, tra le foglie e i rami degli alberi, tra i fili d’erba e sul terreno, nel cielo. È la vita quotidiana, che viene colta nel suo normalissimo divenire, che può risultare per noi stupefacente, abituati come siamo alle nostre strade trafficate e rumorose, ai semafori e ai cartelli stradali invece che agli alberi, sempre più alla realtà evanescente degli smartphone che sostituisce lo sguardo diretto sulle cose.
Non c’è mistero nel mondo piccolo. Gli eventi accadono senza produrre epifanie, senza mostrare improvvise rivelazioni o tragici misfatti. Le immagini di cui si riempie l’Almanacco ci restituiscono gesti minimi, situazioni ordinarie. Sono in fondo fatti che potrebbero essere accaduti sotto i nostri occhi (quelli insomma della “cara lettrice”, del “caro lettore”), ma che forse non saremmo stati in grado di cogliere, incapaci come siamo ormai di vedere la meravigliosa ovvietà del mondo piccolo, di percepirne gli odori, di ascoltarne i suoni e i silenzi. Quello che dunque è straordinario in questo libro è la volontà di guardare, mettere a fuoco e evidenziare gli atti minimi, e per la maggior parte di noi insignificanti, di un mondo che abbiamo in gran parte dimenticato, per altra parte oscurato, insomma evitandolo o non riuscendo più a comprenderlo nella sua semplicità. La forma dell’haiku con le sue diciassette sillabe complessive, con la sua scansione metrica senza scosse e l’inevitabile brevità, risulta congeniale alla materia trattata. Il grande merito di Pomi è la trasparenza dello sguardo, la capacità di metterci di fronte a quello di cui facciamo parte, ma che abbiamo accantonato, senza indurci a credere che sia una rivelazione. Qualche esempio: “Continua quieto / il lavoro del ragno / da stelo a stelo” (19 giugno); “Ecco le foglie / le sento affaccendate / in tanta luce” (14 luglio); “Sospira lieve / la notte senza vento / di stelle fioche” (30 ottobre); “Sento del cosmo / il fondo suono calmo. / Fusa di gatto” (15 febbraio).
Ogni essere umano che abita il mondo e si sforza di osservarlo, si riconosce spesso come un estraneo in cerca di ristoro o di rifugio. Affascinato e inebriato dalla scoperta di non essere solo, si sforza di trovare un linguaggio comune, che gli è però ormai negato: “Subito tacciono. / Per le accorte cicale / son troppo goffo” (11 agosto); o ancora “Tornei di storni. / Per chi è lo spettacolo? / Di te non sanno” (23 ottobre).
Pomi, che è stato maestro elementare, insegnante di filosofia e preside, e che è autore di numerosi saggi e curatele soprattutto sui temi dell’educazione, riesce in questo Almanacco a far emergere una sua visione del mondo senza che il pensiero gravi sui versi, che sono abitati da percezioni istantanee e epidermiche. Queste fotografie del mondo minimo, all’apparenza così leggere, in fondo però suggeriscono che è necessario ricercare un’armonia con tutti gli esseri viventi, con gli elementi della natura, con gli astri. Facciamo parte di un tutto al quale dobbiamo riconnetterci. In questo senso il primo haiku della primavera suona da monito: “Verme che nasce / non ci commuove affatto. / Ahimé che abbaglio!” (21 marzo). L’ultimo dell’inverno suggerisce una filosofia: “Bella e terribile / è madre anche la tigre. / Così la terra” (20 marzo). Il cerchio si chiude, anzi il ciclo ricomincia, perché non esiste inizio, non c’è una fine nello spazio universale, lì dove si affaccia il nostro mondo piccolo: “Senza sgomento. / Non ha inizio né fine / il grande silenzio” (Congedo).
La fotografia accanto al titolo è di Tiziana Cavallo.