Cartolina dall'America
Il mondo secondo Trump
In soli nove mesi di presidenza, Trump ha trasformato il suo Paese, una volta culla di democrazia (imperfetta), in un territorio selvaggio. Dall'illuminismo del contratto sociale al ritorno allo “stato di natura”
Dopo soli nove mesi di presidenza, Donald Trump ha partorito un mostro. Ha cambiato il mondo, facendolo regredire. Adesso le regole basilari della convivenza civile, almeno come le intendiamo nelle democrazie occidentali, sembrano, almeno qui, diventate aria fresca, sia a livello nazionale che internazionale, sotto il piccone di questo presidente, interessato solo “all’utile particulare” suo e, a sua detta, del paese che rappresenta. La violenza verbale e non ha ampio spazio in ogni campo e non esiste più nessun arbitro capace di mitigarne le conseguenze. Viviamo in una sorta di “stato di natura”. Siamo decisamente tornati indietro di secoli, a prima dei filosofi del patto sociale, a prima di Thomas Hobbes, di John Locke, di Jean-Jacques Rousseau e, last but not least, di Immanuel Kant, i quali hanno teorizzato i principi trionfati prima con la rivoluzione americana e poi con quella francese.
L’uscita dallo “stato di natura” attraverso un contratto sociale ha consentito agli individui, in cambio della cessione dei propri diritti alla comunità, di viverli però come cittadini, che ricevono la necessaria garanzia e tutela della legge da parte dei poteri dello Stato. Questi ultimi hanno come obiettivo principale il bene comune, quello di una collettività in cui tutti i cittadini sono uguali e hanno gli stessi diritti. Di qui la divisione, il bilanciamento dei poteri e la conseguente libertà di pensiero, di parola e di stampa per tutti.
Queste, molto a grandi linee, le fondamenta delle democrazie occidentali, in primis di quella americana. Certo questi filosofi non potevano immaginare che da questa convivenza civile potessero scaturire il colonialismo, i vari genocidi dei secoli successivi, le dittature dei Novecento e due guerre mondiali. Rimane tuttavia il fatto che questo è ancora, almeno finché non troviamo qualcosa di meglio, il migliore dei mondi possibili. Kant però aveva avuto intuizioni geniali come quando nel 1795, sull’onda della rivoluzione americane, scrisse Per la pace perpetua. Questo saggio mette in evidenza quanto la pace non sia dovuta a un astratto spirito di fratellanza, ma a un principio razionale, a un dovere concreto che si raggiunge solo attraverso l’istituzione di un diritto internazionale e in presenza di una federazione di stati liberi. Ognuno gode di un diritto di visita che non autorizza nessuno a imporsi su altri, una sorta di critica ante litteram del colonialismo europeo e in cui esiste un diritto cosmopolitico secondo il quale ogni abitante della terra va riconosciuto come cittadino del mondo, anche questa una sorta di celebrazione preveggente dei processi osmotici delle migrazioni. Da queste premesse come siamo potuti arrivare a tutto quello a cui assistiamo di questi tempi?
Sembra che lo spirito dell’Illuminismo stia tramontando dalla faccia della terra, dopo avere sconfitto, a prezzi inimmaginabili le monarchie assolute europee che avevano fatto scempio dei corpi dei propri sudditi singolarmente e commesso guerre fratricide che sempre degli stessi avevano fatto collettivamente carne da macello. Dove è finita la luce emanata da quel pensiero rivoluzionario a cui Kant attribuiva la capacita di farci uscire da uno stato di minorità?
Quello che è successo in questi mesi negli States contraddice punto per punto quello che quelle teorie filosofiche e politiche già partire da Machiavelli hanno anticipato, rischiando di farci precipitare di nuovo nell’oscurantismo.
Cominciamo a prendere in considerazione i checks and balances della democrazia americana con la divisione dei poteri teorizzata a suo tempo da Montesquieu e il loro essere costantemente disattesi dall’attuale presidente che già durante il suo primo mandato aveva lavorato per raggiungere certi obiettivi.
Trump ad esempio si era assicurato che la Corte Suprema, organo massimo del potere giuridico americano, fosse composta in maggioranza da giudici a lui vicini politicamente. Il risultato è stato che, dopo avere cancellato la legge sull’aborto, (un traguardo ottenuto dopo anni di lotte costate alle donne prezzi enormi), molti dei processi a suo carico sono stati dichiarati nulli o impossibili da portare avanti. Inoltre appena eletto, ci sono state, da parte sua, molte richieste al DOJ (Department of Justice) di rimuovere giudici federali a lui ostili rimpiazzandoli con altri più indulgenti. Inoltre, ancora su insistenza di Donald Trump, la Ministra della Giustizia Pam Bondi ha espresso, proprio giorni fa, la volontà di mettere fuorilegge Antifa, movimento antifascista di estrema sinistra, considerandolo un’organizzazione terrorista interna.
Inoltre, sempre su richiesta del presidente, la ministra ha affermato di voler investigare tutti i suoi oppositori politici quali l’ex direttore dell’FBI James Comey, la procuratrice generale di New York Letitia James e il senatore democratico Adam Schiff, che è stato il supervisore del suo processo per impeachment. Inoltre molti altri politici del Parlamento, inclusi Nancy Pelosi e Chuck Schumer portavoce del partito democratico al Senato, sono sotto osservazione. I nemici di Trump sono tanti a partire da alcuni governatori democratici: quello della California Gavin Newsom e quello dell’Illinois J.B. Pritzker che non solo si sono rifiutati di richiedere formalmente la presenze sul loro territorio dell’Ice (l’Immigration and Custom Enforcement, una forza governativa addetta all’arresto e alla deportazione dei cosiddetti immigrati illegali; in maggioranza soggetti deboli, donne o uomini che qui da tempo lavorano e pagano le tasse e che non sono certamente drug dealers), ma non hanno collaborato con quelle forze speciali una volta che il presidente le ha inviate nei loro stati contro il loro volere. E la richiesta di tali forze spetta solo ai governatori e non al presidente che così ha abusato del proprio potere esecutivo, contravvenendo alla regola del bilanciamento tra potere federale e potere locale. Si deve solo all’abilità e alla prudenza politica di questi leader se gli scontri sono stati limitati e completamente sotto controllo. In caso diverso sarebbe stata una carneficina.
Ma oltre a questi avversari, anche nel suo partito Trump ha giurato guerra ad alcuni: tra di loro all’ex governatore del New Jersey Chris Christie, alla ex deputata Liz Cheney che è stata vice capo della commissione per i fatti del 6 gennaio 2021, (l’assalto a capitolo Hill dopo l’affermazione che le elezioni a vantaggio di Joe Biden erano state rubate) e che ha definito Trump “unfit for any office”. Per questo il partito repubblicano, forse anche dietro suggerimento del presidente, non l’ha fatta ripresentare alle elezioni successive. Tra i nemici di Trump c’è anche John Bolton suo collaboratore durante il primo mandato e ambasciatore alle Nazioni Unite, licenziato da Trump per divergenze in politica estera. A lui Trump ha fatto perquisire la casa dall’FBI in cerca di documenti secretati. Perché, oltre al fatto di usare strumenti impropri, degni di un dittatore da repubblica delle banane, Donald Trump è vendicativo e non riesce a tollerare nessuna critica. E lo teorizza apertamente, senza un minimo di ritegno, anche a rischio di offendere persone che dice di voler aiutare. Il suo narcisismo è talmente incistato nel suo ego che non credo si renda neanche conto delle gravità delle cose che dice.
Basti pensare a cosa è successo al Memorial del giovane conservatore Charlie Kirk, ucciso in Utah. Alla vedova che affranta ricordava l’affermazione del marito che discutere e confrontarsi con i propri nemici è essenziale per far crescere il dibattito e la democrazia, Trump, in spregio ai desiderata del suo protege, che giaceva ancora caldo nella bara, ha affermato che gli dispiaceva, ma lui non poteva farlo, perché odiava i propri nemici e voleva fargliela pagare. Non è riuscito a fermare il suo spirito di vendetta neanche alle Nazioni Unite che ha definito un’istituzione inetta e incapace di fare alcunché per risolvere i tanti problemi esistenti nel mondo. Cosi dopo avere affermato che gli ascensori e le scale mobili non funzionavano al suo arrivo, ha ricordato che anni prima quell’istituzione non aveva accettato le sue proposte di ristrutturazione e che i risultati si vedevano nella povertà dei materiali e degli arredi. Tutto riconducibile sempre a sé stesso e alle sue capacità di pacificatore di guerre che ha fatto cessare e che dovrebbero fargli meritare il premio Nobel per la pace, senza una parola di solidarietà per la situazione di Gaza e dei palestinesi, e senza una presa di posizione rispetto alla guerra in Ucraina che, aveva detto, avrebbe fatto cessare in 24 ore. E soprattutto senza comprendere che le violazioni internazionali accadono senza conseguenze perché l’America non ricopre più quel ruolo di mediazione e di arbitro che ha avuto da dopo la seconda guerra mondiale, pur con le storture che tutti conosciamo. Trump pensa di risolvere i rapporti internazionali con la paura, le minacce e i ricatti o, nella migliore delle ipotesi, attraverso affari che egli ritiene siano convenienti al paese. Il contrario di quello che predicava Kant.
Ma il punto più alto e stato raggiunto dalla richiesta di licenziamento di Jimmy Kimmel perché aveva detto che l’assassino di Charlie Kirk in fondo era cresciuto nell’humus repubblicano di una famiglia che praticava l’adorazione delle armi. Cosi Trump attraverso il presidente delle FCC (Federal Communication Commission) Brendon Carr, suo uomo di fiducia, ha fatto pressioni sul canale ABC e ha fatto licenziare in tronco il comico che da un giorno all’altro si è visto improvvisamente sospendere ad libitum dal programma. E insieme a lui 200 collaboratori e rispettive famiglie che lavorano allo show ormai da anni. Il trambusto e le migliaia di critiche piovute sul canale anche da senatori repubblicani come Ted Cruz, oltreché da gente di spettacolo e comuni cittadini che hanno ventilato il pericolo di offuscare il primo emendamento e dunque il fondamento essenziale su cui poggia la democrazia americana, hanno obbligato ABC a ripristinare lo show. La risposta di Kimmel è stata esemplare, corretta e perfino commovente, senza perdere tuttavia il senso dell’umorismo. Pertanto, mentre nella prima parte lo showman ha fatto affermazioni serie sul pericolo che certi comportamenti del presidente mettano in pericolo i fondamenti della democrazia, nella seconda ha accusato Trump di usare metodi mafiosi. E così in un divertente quanto amaro sketch che ha avuto per protagonista Robert De Niro che impersonava Brendon Carr, il presidente della FCC, Kimmel ha ascoltato le minacce di un De Niro/Carr in versione mafiosa a la Quei bravi ragazzi dichiarandosi obbediente e ligio alle nuove regole della commissione.
Per ricordare a tutti l’importanza del primo emendamento lo trascrivo di seguito con la sua traduzione italiana:
“Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press, or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for the redress of grievances”.
Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o della stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti.»
Se si offusca questo faro di libertà per l’occidente è davvero finita.
La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini.