La morte della Ragione
La “banalità” di Gaza
La tecnologia ha finito per addormentare le coscienze e, qui in Occidente, tutto ci sembra ormai lecito e possibile. Bisognerebbe tornare a leggere Hannah Arendt
Viviamo in un’epoca in cui tutto è del tutto normale. Come sapere che, di media, un paio di persone muoiano a Gaza per fame e altre vengano uccise dall’esercito israeliano mentre sono in coda per il cibo. Viviamo in un mondo, in cui sapere che, negli Stati Uniti, migranti illegali e forse legali vengano reclusi in prigioni attorniate da coccodrilli, è assolutamente usuale.
Viviamo in un’epoca in cui sarebbe strano che qualcuno sapesse che delle persone stanno morendo nella guerra civile in Sudan. Ci sono talmente tante guerre che una in più o in meno non fa molta differenza. Viviamo in un universo in cui è scontato che una persona ricercata dalla Corte Penale Internazionale non vada assolutamente consegnata e che sia buono e giusto pagare paesi che non rispettano i diritti umani per torturare o mettere ai lavori forzati persone che vorrebbero migrare da noi. E se per caso, in un paese europeo, si arresta uno dei torturatori che fanno questo lavoro per noi, è ovvio che esso vada subito scarcerato e rimandato nel suo paese.
Strana epoca, la nostra. È considerato usuale che si possano rapire persone innocenti e tenerle in ostaggio in carceri mediorientali, come merce di scambio. Che si morirà sotto le bombe di Putin in Ucraina. Non è inusuale pensare che il dittatore russo abbia ragione quando afferma che la Russia ha uno spazio vitale e che gli ucraini non hanno alcun diritto a scegliere i loro futuro. In fondo lo diceva anche Hitler con i suoi vicini. Hannah Arendt potrebbe commentare che almeno la massa degli americani negli anni ’30 non vedeva i rastrellamenti degli ebrei europei in TV. Oggi noi vediamo tutto, sappiamo tutto, ma nulla facciamo. Sappiamo che gli studenti stranieri, anche regolari, possono essere arrestati e deportati negli Stati Uniti semplicemente per le loro opinioni. Sappiamo che a Gaza si muore di fame solo perché donne e bambini sono impotenti di fronte ad Hamas. Sappiamo che Hamas non rilascia innocenti israeliani e che altri ne ha ammazzati. Sappiamo che tanti innocenti europei sono ostaggio nelle carceri iraniane. Per non parlare dei tanti innocenti iraniani, intrappolati nelle medesime carceri.
In fondo, un giorno, quando i nostri nipoti ci chiederanno cosa abbiamo fatto di fronte a tutto questo, è difficile immaginare cosa potremmo rispondere. Forse che eravamo assuefatti. Abituati a tutto. La famosa banalità del male di Hannah Arendt.
Sarebbe interessante incominciare a chiederci quando e perché abbiamo incominciato a perdere l’anima. Quando abbiamo abdicato agli ideali universali dei diritti umani, al diritto internazionale.
Sicuramente, l’ultima guerra americana in Iraq contro le fantomatiche armi chimiche irachene, mai trovate, non ha aiutato. Ma questo non basta a capire. Anche l’uso degli omicidi mirati con droni o missili contro i terroristi islamici, senza processarli nei tribunali internazionali, non ha aiutato. Ma c’è dell’altro.
Una parte dell’opinione pubblica occidentale ha cominciato a pensare che, in fondo, avessero ragione le varie oligarchie e dittature, in giro per il mondo, che andavano sostenendo che i diritti dell’uomo non fossero altro che una forma di nuovo colonialismo occidentale, e che i cittadini iraniani, arabi, di Hong Kong, che avevano nei decenni portato avanti proteste o rivoluzioni, non fossero altro che persone manipolate da pericolose ONG straniere. ONG che non sarebbero altro che veicoli usati dai servizi segreti per iniettare idee occidentali in società culturalmente diverse.
In questa visione, la democrazia e i diritti umani sono una minaccia sociale e religiosa alle culture di mezzo mondo.
Questo pensiero, piano piano, ha finito per attecchire in molte fasce di popolazione occidentale, che si sentono in colpa per il colonialismo e l’imperialismo. Pensiero che dimentica, però, che tutte le potenze che accusano di questo l’Occidente sono imperialiste a loro volta, e che la democrazia in Occidente e la filosofia dei diritti universali si sono affermate proprio lottando contro i nostri dittatori o imperatori.
Ora, la storia dell’Occidente è chiaramente piena di errori, ma la diffidenza verso l’universalismo dei diritti umani e l’uso degli eserciti sotto l’egida dell’Onu, delle sanzioni internazionali, delle pressioni diplomatiche o dei boicottaggi di massa per combattere pulizie etniche o repressioni di massa, in parte, spiega perché oggi i paesi occidentali si stiano, in molti casi, trasformando in oligarchie e perché nessuno ritenga che si possa fare nulla per fermare genocidi, guerre, violazioni di ogni genere dei diritti umani.
Per fermare le milizie serbe che in ex Jugoslavia portavano avanti un genocidio nei confronti dei musulmani si arrivò a fare una guerra, si attivò un tribunale internazionale. Oggi, di fronte a un genocidio, si immagina un progetto immobiliare. Palazzi che si potranno costruire, grazie al vuoto creato. La morte crea magnifiche opportunità immobiliari, meglio prenotarsi subito per comprare un appartamento vista mare!
Se solo si provasse ad attivare un tribunale, si direbbe che i trattati firmati non hanno alcun valore. Sono scherzi del passato. Se solo si chiedessero sanzioni, si passerebbe per razzisti o affamatori di popoli. Allora, che fare?
Negli Stati Uniti, se si scende in piazza, in alcuni casi si rischia la galera; in Europa, non ancora: al massimo si passa per razzisti. L’ONU è la polvere di un cadavere, un morto che la gente normale non sa nemmeno che esista. Figuriamoci mandare dei peacekeepers.
Ma se, in nome di una corte internazionale ratificata da trattati, non si può arrestare; se le sanzioni non si possono fare; se i diritti umani sono diventati una forma culturale europea che nemmeno gli occidentali sembrano amare tanto; se un dittatore è meglio, perché – come dimostrerebbero le primavere arabe – la democrazia crea la guerra civile; se le ONG sono strumenti dei servizi segreti… Se Gandhi e Mandela non sono esempi validi oggi, perché si ama dire, il Sud Africa e l’India di oggi sono piene di problemi… se… se… se…
A chi crede ancora nelle battaglie degli iraniani, degli abitanti di Hong Kong, degli attivisti americani oggi, nei diritti dei migranti, cosa resta da fare?
Fare lo spettatore.
Se davvero è così, allora siamo perduti.
Se così non è, beh, dobbiamo incominciare a interrogarci per capire dove ci siamo persi. Capire quando la tecnologia, da moltiplicatore di conoscenza che favoriva i diritti dell’uomo, ci abbia trasformati in fruitori passivi di un violento reality show raccontato da multinazionali tecnologiche che hanno più potere di molti stati..
Oggi più che mai bisognerebbe rileggere La banalità del male di Hannah Arendt. E da lì, chiedersi: quando e perché ci siamo persi? Da dove ripartire?
Le foto di Gaza mostrano, in alto, un uomo accanto agli edifici distrutti (foto “Palestine Red Crescent Society” e, sotto, la nursery distrutta di un ospedale (foto Thomas Glass/ICRC).