“Orizzonti Verticali” a San Gimignano
Una danza diversa
Il collettivo Atopos di Siena, diretto da Irene Stracciati, porta in scena uno spettacolo che riunisce danzatori con abilità diverse. Un esperimento (riuscito) di integrazione
Anche quest’anno a San Gimignano va in scena il buon teatro di ricerca, grazie al Festival Orizzonti Verticali sotto l’attenta direzione artistica di Tuccio Guicciardini e di Patrizia de Bari. Questa è già la tredicesima edizione (proposta per svariati anni con Fabbrica Europa di cui Tuccio Guicciardini è stato anche Presidente) e il programma prevede, come sempre, una riuscita miscela tra prosa, danza e concerti. Senza il bisogno di portare sul palcoscenico gli spettacoli pseudo televisivi che purtroppo spesso invadono le stagioni teatrali in Italia. Far esprimere le compagnie teatrali non blasonate è un atto coraggioso che purtroppo non è premiato dalle istituzioni.
Notevole in particolare lo spettacolo di danza che abbiamo visto dentro la sede centrale di Galleria Continua, un fascinoso ex teatro nel centro di questo borgo medievale, patrimonio dell’Unesco, che ogni anno meritoriamente accoglie una delle rappresentazioni del Festival.
In questa ultima edizione ci hanno affascinato la performance di danza Lete dell’oblio e altre vanità, dell’associazione “Atopos” di Siena con la regia e la coreografia di Irene Stracciati. In scena un pregevole cast: Barbara Pucci, Eleonora Bocci, Violante Peccianti, Arianna Brizzi, Antonietta Russo, Marta Carapelli, Chloe Frusciante, Virginia Guerrini, Samuel Pifferi, Eleonora Magnani, Fabrizio Colao, Cristian Sapienza. La ballerina e coreografa senese Irene Stracciati, di solida formazione con il maestro Virgilio Sieni, attiva nel campo della danza contemporanea, rivolge da sempre una particolare attenzione all’integrazione sociale e alla formazione professionale di persone con disturbi psichiatrici. Si occupa dal 2020 del progetto “Atopos” presso la Corte dei Miracoli di Siena, un ex ospedale psichiatrico trasformato in centro culturale e artistico. Il laboratorio permette ai ragazzi con disturbi mentali di avviare una professione all’interno del mondo del teatro e della danza ed è rivolto a un gruppo composto da otto persone con differenti patologie psichiatriche, che ad oggi si possono definire danzatori, a cui si aggiungono giovanissimi danzatori e danzatrici che stanno facendo un percorso di preparazione professionale.
“Atopos” significa fuori luogo, fuori posto, strano, inusuale. Nello spettacolo Lete il tema centrale è la memoria – afferma la coreografa – «è il tema in cui ci riconosciamo, quello che conserviamo, ma anche quello che decidiamo di dimenticare. Oltre a questa visione proponiamo anche un’analisi dell’individuo e dei suoi turbamenti, in relazione a dimenticare e ad essere dimenticato. Temi quanto mai attuali in questo nostro tempo sempre meno attento al prossimo, troppo ingabbiato nei social e indifferente al dialogo con gli altri. Non a caso proprio l’altro giorno ho letto sul Corriere della Sera una emblematica lettera sconsolata di una signora che era in spiaggia con il suo bambino autistico e che è stata costretta a spostarsi perché i vicini di ombrellone non gradivano la presenza di suo figlio che parlava da solo in spiaggia».
Emozionante la capacità della regista di saper coinvolgere mirabilmente le giovani danzatrici con ragazze e ragazzi con differenti disturbi mentali. La sinergia era perfetta e i teli di plastica trasparente che a tratti li avvolgevano, e in certi momenti celava l’intera scena, era una efficace simbologia che ci trasmetteva quanto ci sia da fare per mostrare l’animo vero delle persone agli altri. Il danzatore Atopos è un sovvertitore delle regole suo malgrado: senza luogo, inattuale, strano, solitamente non approvato e non accettato dalla società. È qui finalmente riscopriamo l’importanza del dialogo fra tutto noi.
Ma il Festival ci ha fatto scoprire in Prima Nazionale anche Biancaneve dei Fratelli Grimm con la voce di Carla Tatò. Una piccola perla: Carla Tatò è una attrice che ha fatto la storia del teatro di ricerca con Carlo Quartucci. Questo spettacolo è frutto di un adattamento e mise en espace di Tuccio Guicciardini.
Per non parlare della profonda interpretazione di Gaia Aprea ne La Guerra Svelata di Cassandra con la bella regia di Alessio Pizzech, prodotto da Nutrimenti Terrestri che è una interessante realtà di Messina. Lo spettacolo aveva debuttato al Mythos Troina Festival ed è una rilettura dei miti greci, una riscrittura di Cassandra anche grazie al testo del giovane drammaturgo Salvatore Ventura. Il suo lavoro descrive la guerra e i suoi orrori, attraverso gli occhi di una donna e racconta così le motivazioni tutte maschili, le menzogne e le falsità che intorno ad essa si costruiscono come giustificazioni, ieri come oggi. Il mito di Cassandra continua ad essere uno strumento di rilettura delle contraddizioni della storia ed ha rappresentato una lente d’ingrandimento per cercare un senso, una luce per i tempi bui.
Il Festival rimarrà in scena fino a domani, 5 agosto, con svariate repliche di questi e altri spettacoli fra cui Il Mondo come arabesco messo in scena da Clemente Tafuri in forma di concerto spettacolo, incentrato sulla emblematica figura di Carmelo Bene raccontando il fondamento della sua arte e il conflitto irrisolvibile col sistema del teatro e della cultura.