Susanna De Santis
Il racconto di un'ultima cena

Meteorite

«Del sole si intravede appena l’alone e da giorni non si vedono più le stelle la sola cosa visibile di giorno e di notte è quella malevola cometa, un punto di luce crescente, che corre verso di noi...»

Susanna De Santis, l’autrice di questo racconto, è nata a Roma nel 1963. Vive a Roma, si è dedicata alla fotografia e alla decorazione. Il racconto che pubblichiamo è stato elaborato nell’ambito della scuola di scrittura di Andrea Carraro, Filippo La Porta e Sebastiano Nata.

* * *

Cammina lentamente, guardandosi intorno, fa respiri lunghi e profondi, in un viottolo di campagna, ha una cesta sul braccio; da qualche giorno la notizia di un meteorite, che deviando la sua rotta, avrà un impatto con la terra ha sconvolto il mondo.

Appena appresa la notizia il terrore l’aveva invasa, era corsa a casa in preda all’angoscia, poi però la rassegnazione aveva avuto il sopravvento ed aveva pensato, cercando di essere razionale, di organizzare questo terribile momento perché fosse meno doloroso possibile. Doveva decidere dove e come morire, con suo marito, avevano concordato di andare a in campagna, con i bambini, nella natura. In città i negozi di alimentari e le farmacie erano stati presi d’assalto gli scaffali erano completamente vuoti, si erano approvvigionati di acqua prendendola perfino dal fiume cittadino, tutti avevano pensato ad attrezzarsi per sopravvivere, aveva assistito a scene di violenza tra persone impazzite che si calpestavano contendendosi un litro di latte, carcasse di macchine vittime di un traffico impazzito si incontravano ad ogni angolo di strada. La violenza era dilagante di pari passo con la disperazione.

La cosa più difficile della vita è accettare la morte benchè sia la sola certezza che abbiamo fin dalla nascita, ed ora eccola lì, beffarda, con la faccia di un meteorite.

L’aria è rarefatta, a momenti piove, una pioggia fredda e densa, boati lontani, il cielo è livido, del sole si intravede appena l’alone e da giorni non si vedono più le stelle la sola cosa visibile di giorno e di notte è quella malevola cometa, un punto di luce crescente, che corre verso di noi.

Finalmente è nella sua casa, in campagna, quella di quando era bambina, la casa di famiglia, ha eliminato ogni fonte di informazione tv, radio, computer e cellulari, è andata a raccogliere le erbe selvatiche e la frutta di stagione dagli alberi, gli stessi sotto i quali, adolescente, andava a leggere Cechov, ha preso le uova nel pollaio dove regna un silenzio irreale, le galline sono immobili sembrano consapevoli della fine. Mentre cammina si accorge che gli insetti escono dalla terra e gli animali dalle loro tane, mandrie di pecore si muovono zigzagando in direzioni insolite, i cani abbaiano e poi corrono a nascondersi, non si ode un cinguettio, la temperatura è salita di parecchi gradi, di tanto in tanto un vento caldo scompiglia le chiome delle piante e strappa i petali dei papaveri nei campi, le ginestre ondeggiano. Cammina lentamente come volesse fissare negli occhi e nella mente ogni singolo particolare di tutto quanto la circonda, per non dimenticare quei luoghi tanto cari.

È arrivata a casa dove i bambini giocano ignari sul prato, li ha portati qui per tenerli lontani dalle previsioni dell’apocalisse, Davide sta giocando con loro per distrarli perché non si accorgano delle anomalie che si intensificano.

Ha cucinato tutto il pomeriggio e nella sua testa ha ripetuto le poesie che riesce a ricordare, come un mantra, immaginando di sgranarle una ad una come i grani di un rosario, accende il camino, anche se non fa freddo, ma il crepitio della fiamma interrompe questo silenzio insopportabile. Prende dalla credenza la sua tovaglia più bella, la tende bene sul tavolo, sceglie con cura piatti e bicchieri, mette sulla tavola dei candelabri e al centro i fiori che ha raccolto, così i bambini non noteranno quando la luce cesserà di esserci, il campo elettromagnetico terrestre dà segni di cedimento, già da qualche ora l’elettricità va e viene con pause sempre più lunghe.

Il meteorite avrà distrutto il mondo prima ancora dell’impatto, si disintegrerà nell’atmosfera provocando un’onda d’urto che raderà al suolo le città e sbriciolerà con la pressione i nostri organi interni. Sarà una morte veloce, l’attesa invece è interminabile…

Ha preparato i piatti preferiti di ognuno, la pasta al forno per Davide, il pollo con le patate per Giacomo, l’insalata di erbe selvatiche e fragole per Emma, con il pane fatto in casa ancora caldo e poi tanti dolci, tutti quei dolci che non gli lascia mai mangiare. La tavola è imbandita come per una grande festa. Accende il vecchio stereo cerca tra i dischi, vorrebbe mettere la messa per requiem di Mozart, ma sceglie una musica tunisina, quasi mistica “indicium divinum”. Fuori è quasi buio. Pensa agli anni passati, a tutte le feste non fatte perché il tempo è tiranno, a quanti momenti ha perso nella frenesia della vita in città, quante occasioni negate per costruire al meglio il loro futuro ed ora quel futuro è qui su questa tavola, nel rosso rubino del vino appena stappato, in quei pochi profumi rimasti, nelle grida dei bambini. Guarda gli oggetti che la circondano, ognuno racconta qualcosa della sua famiglia e qualcosa di lei. Qui è cresciuta, quanti bei momenti con i nonni, qui si è sposata con Davide, qui ha passato le prime estati dei bambini ed ora qui attendono insieme la fine. Il vento è potente, stormi di uccelli si agitano e sorvolano in massa il prato, in fuga verso il nulla, il momento si avvicina, era previsto più o meno per le 22.00, se mangiamo subito, per quell’ora dovremmo aver finito il dolce, accende le candele.

Davide, Giacomo, Emma, a tavola, è pronto


La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini.

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