Diario di una spettatrice
La depressione di Apollo
Tratto (assai fedelmente) dal fortunato romanzo di Sigrid Nunez, "The friend" racconta il triangolo tra uno scrittore, una sua innamorata e Apollo, un alano che alla morte del padrone finisce in depressione...
Cosa pensa un cane che guarda piangere gli umani? Sente anche lui la perdita e riconosce il lutto? E cosa succede al cane quando l’uomo che lo ha adottato muore? La storia inizia con queste domande, domande che Iris non immaginava di farsi perché lei non ha mai avuto un cane, lei preferisce i gatti. Ma arriva un giorno in cui è costretta a farsele. Iris ha il sorriso e i capelli biondi di Naomi Watts, cinquantenne single che vive in un minuscolo appartamento affitto bloccato nel Village vicino a Washington Square, la sua vita è una piacevole routine tra i suoi allievi del corso di scrittura e le cene con gli amici professori.
Ma il destino, o piuttosto il caso direbbe Woody Allen, ama sparigliare le carte soprattutto nei mazzi di chi ritiene che i giochi siano già fatti. E invece i giochi nella vita non lo sono mai, neanche tra gli intellettuali newyorkesi, quelli che insegnano nei corsi di scrittura e parlano sempre di libri, di cinema e di teatro e magari citano Beckett con nonchalance: “Il giorno che morirò sarà un giorno uguale a tutti gli altri. Sarà solo più corto”.
Sono andata a vedere il film The Friend (titolo italiano “L’amico fedele”) perché avevo letto e amato il libro che ha fornito il soggetto alla pellicola diretta da Scott McGehee e David Siegel e volevo scoprire, come sempre in questi casi, quanto gli era fedele. Lo dico subito: il film corrisponde esattamente al libro di Sigrid Nunez The Friend vincitore del National Book Award e definito dal New York Times “tra i migliori 100 libri del XXI secolo”. Quindi andate a vederlo (la stessa Nunez è l’autrice del romanzo Attraverso la vita da cui Pedro Almodóvar ha tratto il soggetto per il suo La stanza accanto).
Cosa escogita il caso per incrociare la vita tranquilla e un po’ noiosa di Iris con l’esistenza primordiale e muscolare di Apollo, un alano grande quanto un pony? Usa il suo amico del cuore che lei ha amato in gioventù: il suo professore di scrittura Walter (nel film ha la faccia stropicciata e rugosa di Bill Murray). Walter, che ha oltre vent’anni più di Iris, è un dongiovanni impenitente e si tiene in forma correndo a Central Park. Un giorno vede su una collinetta un gigantesco alano stagliarsi immobile contro il cielo di New York: non ha un collare, con lui non c’è nessuno, immediatamente se ne innamora e lo fa entrare nella sua vita.
Walter è il tipico scrittore-seduttore, l’inquietudine è la cifra della sua vita: tre mogli, infinite amanti, una figlia conosciuta già adulta, lui non trova mai ciò che cerca. E un giorno decide di farla finita, sarà, come diceva Beckett, un giorno uguale a tutti gli altri, solo più corto. Ed ecco la domanda: cosa succede al cane? Domanda complicata perché Apollo non è un cane come tanti e non solo per le dimensioni: con la morte del suo papà entra in depressione esattamente come succede agli umani, i suoi grandi occhi di colore diverso sono nascosti dalle palpebre semichiuse, non mangia più, si accascia a terra e non si muove.
Nessuna delle mogli è disposta ad accoglierlo, nessuno tra gli amici: come si gestisce un alano nei condomini di Manhattan che non ammettono i cani? Così Iris se lo vede piombare addosso come un’eredità non voluta, un essere indecifrabile invade il suo minuscolo spazio domestico con la prepotenza dell’animale che occupa il suo letto e la costringe a dormire sul tappeto, quando lei va a lavorare lui le distrugge casa, per colpa sua rischia addirittura lo sfratto dal suo amato appartamento ad affitto bloccato.
Ma al rifiuto iniziale subentra una scoperta sconcertante: quel cane vive la sua stessa tristezza, quel cane è l’unico essere vivo e palpitante che le fa battere il cuore da quando ha amato Walter, e non importa se non appartiene alla specie umana, in fondo Apollo è Walter. Iris se ne renderà conto grazie allo strizzacervelli che le deve fornire il certificato che attesta che il cane è il suo sostegno emotivo, che senza di lui la sua vita può deragliare, una diagnosi cui neanche gli avvocati dei condomini newyorkesi possono opporsi.
Si ride e ci si commuove guardando L’amico fedele: il cane si calma ascoltando i libri letti ad alta voce perché così l’aveva abituato Walter, e quando le ceneri del suo padrone vengono sparse nell’Hudson, gli ululati di Apollo si mescolano al lamento delle cornamuse sul battello che riunisce le mogli e gli amici dello scrittore.
“Ci sarà sul pavimento una grande cesta con un cane seduto sopra. Il cane ha gli occhi grandi come due tazze da tè, ma non te ne devi preoccupare”, scriveva Hans Christian Andersen ne L’acciarino. The Friend è ovviamente una favola e come spesso succede con le favole, ci consola in tempi in cui è impossibile crederci. Ma questa favola ci ricorda che il rapporto con gli animali è un anello essenziale nella catena della sensibilità senza la quale non possiamo più dirci umani.


