Alessio Foligno
Un racconto "senese"

Jacopo

«Dopo tre giri di piazza del Campo, combattuti e senza esclusione di colpi, il cavallo scosso della Tartuga vince ma il fantino Jacopo Arbarelli, caduto alla curva di San Martino è sparito, sembra essersi volatilizzato e non si trova...»

Alessio Foligno, l’autore di questo racconto, è allievo del corso di scrittura della Scuola Orlando tenuto da Andrea Carraro, Filippo La Porta e Sebastiano Nata. È nato a Roma nel 1960 è avvocato e si occupa prevalentemente di questioni afferenti il diritto Tributario e la riscossione  delle entrate dello stato e degli Enti Pubblici.


È il 1° luglio e Siena è in fermento. Siamo alla vigilia del Palio e i contradaioli si aggirano per le strade vestiti con i colori delle contrade e gli sbandieratori fanno le prove per l’indomani . Il Comune mi ha invitato ad assistere all’evento offrendomi l’albergo e un posto sul balcone del Palazzo Pubblico. Il Sindaco ha voluto ringraziarmi per quella vittoria in Cassazione che frutterà all’Amministrazione una cifra considerevole.

Arrivo al parcheggio dove mi attende  un giovane facchino con il costume giallo e blu  della Tartuca, la contrada dove si trova il mio albergo. Jacopo prende le valige e mi conduce all’hotel, un palazzo antico in centro nella zona di Castelvecchio tra Piazza del Campo e il Duomo. La stanza è su due livelli arredata in stile medievale con un letto a baldacchino nel soppalco, il soggiorno al piano di sotto, delle piccole finestre a bifora e delle stampe in tema tra cui il ritratto di una fanciulla con indosso un velo monacale.

La sera sono ospite alla cena della Tartuca: affettati, pici, carne, chianti, cantucci, vin santo. Torno In albergo con difficoltà; ho mangiato troppo e la nottata non è tranquilla. Ad un tratto sento dietro di me aprirsi una porta e mi passano accanto un uomo anziano con la barba, la ragazza del quadro con le mani legate, un giovane che rassomiglia a Jacopo il facchino, anch’egli ammanettato e altri due uomini simili tra loro. Il corteo scende le scale e nel salone sottostante odo il vecchio pronunciare parole di condanna e vedo i due uomini pugnalare il ragazzo e la fanciulla.

Penso ad un sogno causato dalla cattiva digestione ma l’indomani scendo a colazione e trovo vicino ai giornali un volume che parla della storia dell’albergo, una volta Palazzo Burali e scopro che, alla vigilia del Palio di luglio del 1315, in questo stesso luogo si era consumato un dramma familiare. La contessina Gioconda Burali si era innamorata di Jacopo, il fantino che avrebbe dovuto guidare il cavallo della contrada  che, alla vigilia del Palio, dormiva nel palazzo del Conte, al tempo Priore della Tartuca. Sorpresi dal padre la notte del 1° luglio i due amanti erano stati uccisi dai fratelli di lei. Si disse che il fantino era fuggito per la paura di affrontare la gara e che Gioconda aveva preso i voti. La questione mi affascina e il portiere mi racconta una leggenda che narra come, alla vigilia di ogni palio di luglio, i fantasmi dei protagonisti ripetano la scena nel palazzo davanti ad un forestiero per tramandare il loro dramma. Resto turbato e risalgo in camera. Guardo dietro alla spalliera del letto e noto il profilo di una porta murata che la sera prima non avevo visto.  Non riesco a capire; credevo di avere sognato ma non ne sono più tanto sicuro.

 

È il 2 luglio, il giorno del Palio, l’atmosfera è frenetica e sebbene non riesca a togliermi dalla testa questa storia non c’è tempo per indagare.

I cavalli sono allineati al canape e il mossiere sta per dare il segnale di partenza. Guardo il fantino della Tartuca e noto che rassomiglia a Jacopo il facchino e quindi anche all’ amante di Gioconda.

Dopo tre giri di piazza del Campo, combattuti e senza esclusione di colpi, il cavallo scosso della Tartuga vince ma il fantino Jacopo Arbarelli, caduto alla curva di San Martino è sparito, sembra essersi volatilizzato e non si trova.

I Contradaioli lo cercano: “Si è buttato; si è venduto; voleva farci perdere ma gli è andata male. Se l’acchiappiamo lo ammazziamo; meno male che abbiamo vinto.”

Altra stupenda cena dopo la vittoria, senza il fantino di cui non vi è più traccia. La notte è tutto un sonno sino alla mattina, interrotto solo da uno strano fruscio e da un rumore di una porta che si chiude alle mie spalle.

Prima di lasciare la stanza guardo dietro alla testata del letto ma non vedo più i segni della porta murata; scendo alla reception e dopo colazione chiedo di avere qualcuno che mi aiuti a portare le valige al parcheggio.

Potrebbe chiedere a Jacopo se mi accompagna, lui sa dove è’ la macchina e vorrei dargli una bella mancia.                              

Noi non abbiamo nessun facchino che si chiama Jacopo.

Ma è quel giovanotto che due giorni fa mi ha accompagnato qui vestito con i colori della Tartuca.

Il nostro personale non veste mai con i colori della contrada ed usa solo le divise dell’albergo.  Se posso permettermi, ha forse bevuto del vino di cattiva qualità?

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