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L’unione fa la forza
Uno studio appena pubblicato dalla prestigiosa rivista analizza e spiega come ha fatto l'Homo sapiens a diffondersi dall'Africa in tutto il mondo
Dove andiamo? Da dove veniamo? Come siamo arrivati fino a qui? In questo momento di incertezza su vari fronti, la risposta alla prima di queste domande è sicuramente difficile da trovare. La scienza, però, ci aiuta a rispondere alle altre due.
Per quanto riguarda la seconda, già negli anni ‘70 dell’800 Charles Darwin ipotizzava che la specie umana, la nostra, fosse nata nel continente Africano. Da allora, innumerevoli studi di varie discipline hanno confermato questa sua intuizione, e ora possiamo dire con certezza che tutti noi esseri umani veniamo originariamente dall’Africa. Come ci ricorda il genetista Guido Barbujani nel suo omonimo libro, Gli Africani siamo noi (un dettaglio fra i tanti che dovremmo considerare quando proviamo a decidere, se non dove andremo, almeno dove vorremmo andare).
E come siamo arrivati fino qui? È una storia lunga e travagliata. Homo sapiens, la nostra specie, è nata in Africa fra i 300 mila e i 250 mila anni fa. I nostri antenati, cacciatori-raccoglitori nomadi, sono usciti dall’Africa diverse volte; e in periodi diversi troviamo i loro resti nella penisola arabica, nel Medio Oriente, in Grecia, e persino in Cina. Ma, da quanto ne sappiamo, non sono sopravvissute a lungo in questi territori.
All’epoca, l’Europa e l’Asia erano occupate da altre specie umane (gli ultimi, in ordine di tempo, sono stati i Neandertaliani e i Denisoviani). Anche i loro antenati erano arrivati dall’Africa, ma quasi due milioni di anni fa. Nel frattempo, si erano diffusi ovunque, adattandosi alla grande variabilità di climi e ambienti che incontravano. Avevano ossa leggermente diverse dalle nostre, vivevano di caccia e raccolta anche loro, e possedevano un livello tecnologico equivalente a quello dei sapiens contemporanei.
E così le piccole popolazioni di sapiens che arrivavano in Eurasia dall’Africa dovevano competere per lo spazio e le risorse con questi parenti alla lontana attrezzati decisamente meglio di loro; e non hanno avuto modo di diffondersi più di tanto.
Fino a che, intorno a 50.000 anni fa, qualcosa è cambiato. I sapiens che sono usciti dall’Africa in questo periodo non solo sono sopravvissuti. Si sono diffusi, hanno incontrato i loro “cugini” nordici, ci hanno vissuto fianco a fianco e a volte ci hanno anche fatto dei figli. Nel frattempo, il clima è cambiato, le altre specie eurasiatiche si sono estinte e quel piccolo gruppo di sapiens africani ha dato origine alla popolazione umana attuale (Africa esclusa).
Ma cosa è cambiato rispetto alle migrazioni precedenti? Sulla rivista Nature, è appena uscito uno studio (tra i cui autori c’è anche chi scrive qui) che ce lo racconta.
Un gruppo internazionale di scienziati e scienziate ha raccolto informazioni su tutti i siti archeologici africani di Homo sapiens datati fra 120.000 e 15.000 anni fa. Li hanno poi usati per capire in quali ambienti gli esseri umani riuscivano a vivere nel corso del tempo. Così facendo, si sono accorti che intorno a 70.000 anni fa, le popolazioni africane di sapiens dono diventate più flessibili dal punto di vista ecologico. In pratica, hanno iniziato ad occupare all’interno dell’Africa zone con condizioni ambientali più estreme, dove prima non riuscivano a stare.
Come hanno fatto? Dato che gli ambienti in cui hanno iniziato a vivere sono tanti e diversi, è improbabile che questo cambiamento sia il risultato di una singola scoperta tecnologica o invenzione (per esempio dei contenitori per trasportare l’acqua su lunghe distanze). Inoltre, in questo periodo, le popolazioni diverse di sapiens iniziano ad assomigliarsi sempre di più in tutto il continente, il che fa pensare a scambi e contatti più frequenti. Questi avrebbero facilitato lo scambio di informazioni e le innovazioni tecnologiche, che a loro volta hanno permesso agli esseri umani di diventare in grado di affrontare sfide e ambienti completamente nuovi (persino quelli dell’Europa e dell’Asia che non avevano mai incontrato prima).
A questo punto proviamo a tornare alle nostre tre domande iniziali. Se veniamo dall’Africa e già da 70.000 anni fa siamo riusciti a superare le difficoltà legate a nuove sfide sociali e ambientali grazie allo scambio, la cooperazione e l’integrazione di conoscenze e punti di vista diversi… Dove vogliamo andare?
Lo studio è stato diretto da Emily Hallett (Loyola University, Chicago) e Michela Leonardi (Museo di Storia Naturale di Londra, autrice di questo articolo), sotto la supervisione di Eleanor Scerri (Max Planck Institute for Geoanthropology, Jena) e Andrea Manica (Università di Cambridge) grazie a fondi della Max Planck Society, dell’European Research Council e del Leverhulme Trust.
Fonte: Emily Y. Hallett, Michela Leonardi, Jacopo Niccolò Cerasoni, Manuel Will, Robert Beyer, Mario Krapp, Andrew W. Kandel, Andrea Manica, Eleanor M.L. Scerri. Major expansion in the human niche preceded out of Africa dispersal. Nature, DOI: 10.1038/s41586-025-09154-0
https://www.nature.com/articles/s41586-025-09154-0
Il libro di Guido Barbujani citato nel testo, che racconta la storia della nostra specie, è questo: https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858125205
Accanto al titolo, impronte di mani ritrovate a Chubut, nella valle del fiume Pinturas, Patagonia.


