Dealma Fronzi
Storia di uno scambio di persona

Alla Posta

«Ma su dai, lo so che hai sempre voglia di scherzare, non sei cambiata. Sei Marisa, la figlia di Paola, ti ricordi quante volte siamo andate al mare tutte insieme a Lavinio e tu giocavi con Patrizia, mia figlia?»

Dealma Fronzi, l’autrice di questo racconto, è allieva del corso di scrittura della Scuola Orlando tenuto da Andrea Carraro, Filippo La Porta e Sebastiano Nata. È nata e vive a Roma. Laureata in lingue straniere, ex dirigente di banca, svolge la professione di Celebrante di cerimonie laiche.


L’altro giorno me ne stavo lì in fila alla Posta, alquanto seccata perché la fila era lunga e mi faceva anche male il ginocchio dato che la sera prima ero scivolata sul tappetino del bagno. La fila non si fa più da tempo, direte, ormai ci sono le macchinette che danno i numeri a seconda dell’operazione che devi fare e poi aspetti il tuo turno comodamente seduta, sempre che ci sia posto. Già ma quel giorno la macchinetta era rotta e così avevano messo delle barriere con un percorso a zig zag, tipo quando fai il check-in all’aeroporto. Davanti a me, all’altezza del mio naso, c’era un buffo cappellino viola  con una piuma che si agitava di qua e di là e non potevo fare a meno di guardarla,  mi stava quasi ipnotizzando. E insomma io me ne stavo lì perché mio marito, sempre sbadato, aveva dimenticato di pagare due bollette – chiedi l’addebito in conto, gli dico sempre io, ma lui non si fida… E se poi sbagliano e mi addebitano una bolletta da 2000 euro, chissà quando me li restituiscono,  mi risponde,  – e le bollette erano scadute da tempo, così mi fa: Vai tu cara, le puoi pagare anche dal tabaccaio. Ma lui non sapeva che avevo ricevuto un’avviso di raccomandata, la terza in questo mese e le prime due erano multe mie, così non gli ho detto niente e sono andata alla Posta.

La fila avanzava lentamente, agli sportelli c’erano solo tre impiegati e uno era impegnato ormai da tempo in un’operazione complicata. Ma ecco che Cappellino viola si gira, mi squadra da sotto in su con i suoi occhiali a triple lenti e mi fa: Marisa, sei proprio tu, che emozione, abbracciandomi stretta mentre la piuma mi faceva il solletico sul naso.

Giuro che non l’avevo mai vista prima: una donna di età indefinita, ad occhio e croce poteva avere circa ottant’anni ma anche meno, nonostante le rughe, bassa e grassottella, un cappotto marrone lungo fino alla caviglia che la faceva sembrare un barilotto e un rossetto di un rosso così acceso, di quelli indelebili, che aveva già stampato il segno delle labbra sulla spalla del mio candido impermeabile color avorio.

Signora, si sbaglia non sono Marisa, guardi cos’ha combinato, protestai io, irritata per la macchia.

Ma su dai, lo so che hai sempre voglia di scherzare, non sei cambiata. Sei Marisa, la figlia di Paola, ti ricordi quante volte siamo andate al mare tutte insieme a Lavinio e tu giocavi con Patrizia, mia figlia? Eh quanti anni sono passati, dunque tu eri più giovane di lei, quindi adesso dovresti avere circa… quarant’anni?

Signora, le ripeto non sono Marisa e sicuramente non ho quarant’anni…magari!

Ma che dici, te li porti benissimo, anzi ne dimostri di meno e dimmi, tua mamma cosa fa? E tua sorella? Si chiamava Stefania, vero? Già ma lei era più grande, non veniva mai con noi…si è sposata, ha figli, lavora?

Era palese che la signora persa nei suoi ricordi non mi ascoltava affatto. Non sapevo come liberarmene, c’erano ancora una decina di persone davanti a noi, nel frattempo gli impiegati erano rimasti in due e così stanca e annoiata, decisi di assecondarla. Almeno avrei passato il tempo e mi sarei divertita un po’…ah sì, sì ha ragione, adesso l’ho riconosciuta, signora? Mi scusi non ricordo il suo nome, sa è passato tanto tempo…

Dai Marisa non scherzare, sono sicura che te lo ricordi, ma dimmi, raccontami di te cosa fai nella vita?

E fu così che, non potendone più, diedi libero sfogo alla mia fantasia. Io ero una pilota di aerei, proprio due giorni prima a bordo c’era stata un’avaria e avevo dovuto compiere un atterraggio di emergenza che si era concluso felicemente, ma come non aveva letto la notizia sui giornali? Per questo motivo adesso ero in licenza. Mia mamma era diventata una famosa scrittrice di libri gialli, sempre in testa alle vendite, certo usava un altro nome, Cristina Cassar Scalia, non l’aveva mai sentita nominare? E mia sorella…Su di lei non posso dire molto, sa è un agente segreto, sempre in missione e non si sa mai dove sia. Le rare volte che torna a casa ovviamente non può raccontare nulla.

Mi ascoltava, non mi ascoltava, chi lo sa. Mi guardava sempre da sotto in su dietro i suoi occhiali, ogni tanto annuiva ma allo stesso tempo sembrava distratta, come se la sua mente vagasse in non so quali mondi. Arrivò finalmente il suo turno, tra l’altro era tardissimo, l’ufficio stava per chiudere e l’altro impiegato se n’era già andato. Cappellino viola va allo sportello, apre la borsa e tira fuori le bollette da pagare e il portafoglio…vuoto.

Oddio, mi sono dimenticata di prendere i soldi, sono rimasti sul comodino, come faccio, sono stanca, è tardi, non posso tornare domani… scene di disperazione e poi, Marisa scusami prestami tu 150 euro te li ridò subito, abito qui vicino a piazza Vescovio, ti aspetto fuori e andiamo insieme a prenderli, così ti faccio vedere la foto tua al mare con Patrizia quando eravate piccole, ce l’ho proprio sul mobile in ingresso.

Va bene, eccole 150 euro, faccio io sempre più impaziente, pensando adesso non me ne libererò più.

Lei paga, poi mi saluta facendomi ciao con la manina, sono qui fuori mi ripete. Pago le mie bollette anch’io, ritiro la raccomandata che grazie al cielo non era una multa ed esco… ci credereste? Non c’era nessuno.


La fotografia accanto al titolo è di Deborah Raimo.

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