Ida Meneghello
Dal 21 al 29 giugno

Cinema in purezza

Appuntamento imperdibile per gli appassionati: il festival della Cineteca di Bologna dedicato al "cinema ritrovato". Una cavalcata tra passato e presente dei sogni

Chi ama il cinema ha già sbarrato da mesi l’agenda degli appuntamenti nei primi giorni dell’estate, dal 21 al 29 giugno: non ci sarà impegno in grado di impedirgli di arrivare a Bologna per partecipare al festival “Il Cinema Ritrovato” che la Cineteca della città – una delle più importanti d’Europa e non solo d’Italia per la sua attività di restauro delle pellicole – organizza da trentanove anni. È il paradiso dei cinefili, come sintetizza lo slogan della manifestazione, e per una volta è vero: non c’è un altro festival nel mondo che celebri altrettanto bene il cinema non attraverso i film che si contendono i premi di Cannes, Venezia o Berlino, ma il cinema in quanto tale, la sua storia, i suoi capolavori restaurati, insomma quella materia di cui sono fatti da centotrent’anni i nostri sogni.

Ogni anno il festival bolognese è una sorpresa. E certo bisogna riconoscere l’inesauribile competenza e passione con cui i vertici della Cineteca – diretta dall’infaticabile Gian Luca Farinelli, affiancato per la manifestazione da Cecilia Cenciarelli e da una squadra di super esperti coordinata da Guy Borlée e tra i quali compaiono Goffredo Fofi e Paolo Mereghetti, oltre al comitato scientifico del festival nel quale figurano tra i molti nomi Martin Scorsese, Aki Kaurismäki, Hiroshi Komatsu e Alexander Payne – definiscono le tappe di un programma sempre ricchissimo di pellicole scovate in giro per il mondo, in certi casi in modo rocambolesco, restaurate con infinita pazienza e resuscitate sullo schermo per incontrare nuovamente il grande pubblico dopo decenni di silenzio e di oblio.

Nove giorni di proiezioni a raffica che occuperanno le sette maggiori sale cittadine, a cominciare dal “Louvre del cinema” (Wes Anderson dixit) che è il Modernissimo, il tempio che detiene il record italiano dei biglietti acquistati dagli spettatori in una singola sala cinematografica. E insieme al Modernissimo tornerà a illuminarsi – a partire dalle sere del festival e per tutta l’estate – il gigantesco schermo del cinema all’aperto più bello del mondo, ovvero piazza Maggiore, dove si affolla la gente che guarda i capolavori di questa arte sotto un cielo di stelle. Senza dimenticare che ci sarà un altro spazio all’aperto molto più intimo, nel cuore stesso della Cineteca: piazzetta Pasolini, dove avvengono le proiezioni con lanterna a carbone.

Cosa vedremo nel festival 2025? Il programma è come sempre enorme. Mi limito a segnalare le tappe più importanti del viaggio che la Cineteca di Bologna ci propone quest’anno.

CENTO ANNI FA: 1925. Come sempre Il Cinema Ritrovato propone una selezione di classici realizzati cento anni fa. Il 1925 è l’anno del trentesimo anniversario della nascita del cinema che vide gli esordi di futuri giganti come Alfred Hitchcock, Jean Renoir e Josef von Sternberg. Accanto a capolavori come “Sciopero!” di Sergei Ėjzenštejn o “Il padrone di casa” di Carl Theodor Dreyer, la rassegna include opere meno conosciute, tutte con accompagnamento musicale dal vivo.

RITROVATI E RESTAURATI. Il festival è davvero il paradiso dei cinefili e questo è il cuore della manifestazione. Anche quest’anno gli appassionati potranno vedere sul grande schermo pellicole introvabili come gli esordi di John Ford nel 1918, von Sternberg, Ophüls, Truffaut, Roeg, Tavernier, Burnett, Mann. Ma anche classici della maturità di Lubitsch, Hitchcock, Wilder, Naruse, Kubrick, Cronenberg. Imperdibile in Piazza Maggiore la proiezione 70mm della versione restaurata di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”.

DOLORE E PASSIONE: il cinema di Mikio Naruse prima della guerra. Mikio Naruse è uno dei quattro maestri del cinema classico giapponese insieme a Ozu, Mizoguchi e Kurosawa. Ma i suoi film prebellici sono sconosciuti. La rassegna si concentra su cinque anni cruciali della sua carriera (1935-39), quando lavorò presso la neonata casa di produzione cinematografica P.C.L., che poi si sarebbe trasformata nella Toho. Naruse utilizzò le tecnologie cinematografiche più avanzate disponibili in Giappone e nuovi stili di illuminazione e di fotografia mutuati da Hollywood per esplorare la modernità giapponese, si immerse nella vita metropolitana e sviluppò un interesse profondo per la condizione e il ruolo delle donne nella società nipponica.

NORDEN NOIR. Dagli archivi di Danimarca, Norvegia e Svezia arrivano i film che hanno dato inizio alla stagione dei noir nordici, precursori cinematografici delle popolari serie Tv scandinave. Opere raramente proiettate al di fuori della Scandinavia che mostrano risultati straordinari, come nel danese “Mordets Melodi” (Melody of Murder, 1944) di Bodil Ipsen e nel norvegese “Døden er et kjærtegn” (Death Is a Caress, 1949). A proposito di femme fatale, in quest’ultimo film la “femme” sta anche dietro la macchina da presa: a dirigerlo è infatti Edith Carlmar, il cui stile evoca il fatalismo del miglior cinema noir.

MASCHERE E MUSICA: i film di Willi Forst. Un omaggio a un grande attore austriaco, poi passato alla regia, un tempo immensamente popolare e oggi caduto nell’oblio. Artigiano consumato, Willi Forst fu un regista versatile che eccelleva sia nel genere drammatico che in quello comico. I suoi film degli anni Trenta e Quaranta, che costituiscono il corpus più compiuto di un regista attivo in Germania durante l’era nazista (senza esserne contagiato), rivelano un amore quasi ossessivo per la musica.

BABEL’ – ODESSA. Nell’URSS dei primi anni Venti – attraversata da un incredibile senso di liberazione e con la prospettiva di un futuro tutto da creare – molti giovani autori realizzano capolavori travolgenti. Sono gli anni dell’amicizia che lega i registi Isaak Babel’ e Sergej Ejzenštejn. Partendo da questo sodalizio, la sezione indaga un momento storico drammatico (dalla rivoluzione del 1905 al regime del terrore stalinista) che si intreccia con i destini di grandissimi artisti ucraini e russi ed è soprattutto un omaggio a Odessa, celeberrima location cinematografica, e alla produzione Ucraina VUFKU nel breve spiraglio di libertà dal 1924 al 1929.

PICCOLO GRANDE PASSO: canzoni e società. La sezione si concentra su un genere strettamente associato al formato 16mm: il documentario musicale, compreso il popolare sottogenere del rockumentary. L’avvento delle tecniche del direct cinema e il momento di massimo splendore della cultura musicale negli anni Sessanta portarono alla realizzazione di film che raccontavano le performance e gli stili di vita frenetici ed edonistici delle star della musica e dei loro entourage. Trattandosi di un’epoca di profondi cambiamenti culturali, la maggior parte dei documentari su musicisti, concerti e festival superò ben presto i confini dell’arte: la politica e la critica sociale divennero elementi integranti del genere.

KATHARINE HEPBURN: femminista, acrobata, amante. Nella sua carriera Katharine Hepburn ha dovuto affrontare alti e bassi: poteva passare da un premio Oscar all’etichetta di ‘veleno per il botteghino’, conseguenza della sua personalità sempre sorprendente e a volte controversa. Indossava i pantaloni ed emanava un’aura femminista (era figlia di una suffragetta) in un’epoca in cui il mondo non era pronto ad accettarlo. Il suo accento del New England poteva risultare irritante, ma Hepburn era audace e controcorrente come poche hanno saputo essere: esilarante, agile, androgina e femminile allo stesso tempo. Ha attraversato gli schermi per sessantasette anni, registrando un record ancora imbattuto tra candidature (12) e vittorie (4) agli Oscar come migliore attrice.

LEWIS MILESTONE: uomini e guerre. Pietra miliare di nome e di fatto del cinema americano per estro e virtuosismo visivo, Lewis Milestone ha fatto da ponte tra il cinema muto e gli spettacoli in 70mm degli anni Sessanta. Noto per possedere uno stile tra i più eclettici della sua generazione, con le sue opere popolari e originalissime spaziò dal capolavoro pacifista “All’ovest niente di nuovo” del 1930 al musical progressista “Hallelujah, I’m a Bum” (1933). Per quanto cupi e impegnativi, i suoi film erano intrisi di arguzia e coraggio, anche quando si confrontavano con le atrocità del Novecento.

PRIMA LA VITA! Il cinema di Luigi Comencini. Uno dei grandi del cinema italiano, apprezzato dal pubblico e dalla critica, ma senza che il suo nome finisse davvero nella lista dei massimi. Eppure pochi registi come Luigi Comencini possono contare un numero così alto di titoli di grande rilievo in generi così vari. Etichettato a un certo punto come “regista dei bambini”, in effetti a lui si devono film memorabili sull’infanzia e su padri e figli: “La finestra sul Luna Park”, “Infanzia”, “Incompreso”, “Le avventure di Pinocchio”, “Voltati Eugenio”. Ma Comencini è stato anche autore di alcuni tra i più bei mélo degli anni ’50 e di alcune tra le più belle commedie all’italiana. Privo del cinismo di molti registi italiani, il suo sguardo sulla società si fa sempre più amaro negli anni ’70, da “Delitto d’amore” a “Lo scopone scientifico” a “L’ingorgo”. La sezione è curata da sua figlia Francesca Comencini.

I CINECONCERTI. Dulcis in fundo il cinema e la musica, perché non esiste cinema meno silenzioso del cinema muto. Il festival propone oltre 60 film muti accompagnati da musicisti presenti alla proiezione. Segnalo tra i tanti titoli in Piazza Maggiore due capolavori del 1925: “Sciopero!” di Ejzenštejn e “La febbre dell’oro” di Chaplin, che sarà proiettato esattamente 100 anni dopo la sua prima, la sera del 26 giugno, con l’accompagnamento musicale dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Timothy Brock.

Assolutamente imperdibile.

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