Sante Lancerio
La testa a tavola

Il vino dei Papi

La Chiesa ha sempre avuto un rapporto "speciale" con il vino, dalle nozze di Cana in poi. C'è perfino una vigna nata nel nome di Bergoglio

Che la religione cristiana abbia da sempre avuto a che fare con il vino è cosa risaputa: dalle Nozze di Cana all’Ultima Cena, il vino ha sempre avuto un ruolo importante, tanto da diventare un elemento portante della liturgia cattolica. Ma cosa leghi il Papa al vino è meno risaputo. Papa Bergoglio ha sempre sottolineato il valore del lavoro della terra e dei suoi frutti e, come ricorda il quotidiano La Repubblica, dal nome della sua enciclica più importante, Laudato Sì, è nato il progetto Borgo Laudato Sì: sulle sponde del lago di Albano, non lontano da Castel Gandolfo, un pool internazionale sta creando una fattoria moderna di 55 ettari, 35 di giardino e 20 di vigna. Per quest’ultima, la prima vendemmia è prevista nel 2027.

E d’altronde i Castelli Romani hanno sempre garantito la fornitura del vino ai Papi che dimoravano a Roma. Non è quindi un caso che fin dal XIII secolo alla corte del Papa esisteva la figura del Bottigliere, che selezionava i vini da mettere sulla tavola del Papa e dei suoi collaboratori, e di una Cappellania che distribuiva alimenti ai poveri e ai pellegrini bisognosi. Sia la Bottiglieria che la Cappellania avevano bisogno di vino in grandi quantità, ma la differenza di qualità era ovviamente enorme.

Tra i bottiglieri più importanti il precursore del mestiere di sommelier, Sante Lancerio (da cui il nostro nome…), che nel XVI secolo prestò il suo operato per Paolo III, al quale si deve una delle guide ai migliori vini d’Italia più antiche della storia: in questa opera Sante Lancerio ricorda la passione del Papa per la vernaccia di San Gimignano, per il rosso umbro Sucato, per il rosso di Canale Monterano nel Lazio, come anche per l’Orvieto.

Quelle appena citate non sono le sole testimonianze della buona considerazione che avevano i Papi per il vino, considerato fino ai nostri giorni più un cibo che una bevanda. Di Bonifacio VIII si narra che, essendo di Anagni, amasse il Cesanese del Piglio, e fu alla sua morte che il papato si trasferì ad Avignone, dando vita, nei 100 anni di presenza in quella zona della Francia, ad una svolta per quella parte di territorio. Grazie all’impegno dei Papi e al loro investimento finanziario e culturale per promuoverne la viticoltura, la zona di Chateneuf-Du-Pape, il castello nuovo del papa, e la denominazione eponima, è oggi conosciuta e apprezzata nel mondo sia in rosso che in bianco.

Come detto, di aneddoti nella storia dei Papi legati al vino ve ne sono molti, ma tornando a Papa Bergoglio è necessario anche ricordare le origini dei suoi nonni, tra l’alta Liguria e il basso Piemonte, la zona di Alessandria, nel Monferrato, per capire, ad esempio, cosa ha spinto tre giornalisti, Giacomo Fasola, Ilario Lombardo e Francesco Moscatelli a scrivere un romanzo con protagonista la famiglia di Papa Francesco e il Ruché di Castagnole di Monferrato, di cui abbiamo scritto recentemente: uscito nel 2015, a poca distanza temporale dall’elezione al Soglio Pontificio di Jorge Mario Bergoglio, il romanzo si intitola Il vino del papa. L’avventurosa storia del Ruché e il mistero della bottiglia scomparsa, Compagnia Editoriale Aliberti.


L’immagine della rubrica è di Roberto Cavallini.

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