Giuliano Capecelatro
Un mondo sempre più in crisi

Cattiva stampa

Da anni la stampa italiana è in caduta libera di vendite e di credibilità. Opinioni trasformate in calembour e insulti mascherati da fatti. Prendete i titoli dedicati a Papa Francesco o al 25 aprile...

La morte annunciata del papa ha segnato il climax di uno sceneggiato, ma forse sarebbe più appropriato parlare di sceneggiata, che va avanti da anni. Un duello rusticano tra i quotidiani cartacei, con le loro declinazioni online, digitali, e più in generale tra gli organi di informazione. Con un inasprirsi dei toni e un imbastardirsi dell’etica giornalistica.

Tutti si sono lanciati sulle spoglie del pontefice appena defunto per arruolarlo d’ufficio come ideale compagno di strada, autentico e prestigioso interprete del loro più profondo sentire. Insensibili al ridicolo, tre dei maggiori quotidiani (per vendite: Il Messaggero, la Repubblica, La stampa) hanno sfornato un bel titolo in fotocopia: Il papa degli ultimi. Lasciando il lettore perplesso a chiedersi quando mai uno di essi avesse almeno accennato ad issare la bandiera dei dannati della terra.

Per qualche giorno i cosiddetti ultimi, termine venato di non poco razzismo, sono diventati le star di alcuni giornali che li hanno onorati della prima pagina, per una volta alla pari con i loro antagonisti sociali, gli altrettanto cosiddetti vip (acronimo promosso a sostantivo, specularmente e intrinsecamente razzista), che al contrario, in omaggio alle più recenti linee-guida dell’informazione, le prime pagine le monopolizzano, con i loro vezzi, i loro capricci e i loro esibiti certami erotico-sessuali.

L’arduo insegnamento di Bergoglio ha bisogno di tempo per essere assimilato. Nessuno al mondo nasce ultimo. A parte la predicazione del pontefice scomparso, vale la pena ricordare che la nostra Costituzione sancisce, a chiare e forti lettere, che tutti hanno «pari dignità sociale», senza distinzione di alcun genere (Principi fondamentali, articolo 3). Esiste, questa sì, una pervicace e invereconda ingiustizia sociale. Che papa Francesco aborriva e combatteva.

A non capirlo si corre il rischio – come capitato al paludato Corriere della sera, ancora il più venduto sulla piazza, malgrado la cospicua emorragia di copie – di imbandire una singolare macedonia che unisce prostitute, trans e i non meglio identificati ultimi. Tutti insieme appassionatamente, sussunti, con la loro peculiare lacrimazione da ultimi, nella lacrimazione universale.

C’è da fare due più due. L’avvento della rete, in cui proliferano siti di informazione di ogni sponda e genere, che possono snocciolare notizie in tempo pressoché reale, ha costretto i protagonisti della carta stampata a correre ai ripari. La notizia pura e semplice, l’enunciazione nuda e cruda di un evento, si è ibridata sempre più con il commento; l’arcaico principio, secondo leggenda di stampo anglosassone, del fatto – concetto peraltro, al di là delle apparenze, alquanto metafisico – separato dalle opinioni è passato a miglior vita.

Insomma i vecchi parametri sono saltati in aria, E allora tutti giù alla ricerca di formule, linguaggi e ammiccamenti che facciano presa sul lettore tentato dalla fuga. Più ancora, si è manifestata con clamore una faziosità, fino a qualche anno fa non certo assente ma più o meno ben controllata, che ha rotto gli argini, E con essa, né poteva essere diversamente, l’intolleranza. Da cui rampollano tentazioni autoritarie.

La faziosità esasperata viene giocata come l’ultima carta per tentare di non lasciar scappare il lettore, peraltro alla faziosità accortamente abituato e addestrato via social, oltre che non di rado da personale propensione. Si creano allora titoli di scatola ad effetto, tesi a vellicare le corde più riottose e becere del pubblico, per esiguo che sia.

Così la morte del papa diventa, sul Tempo (quotidiano ormai per pochi intimi: media giornaliera di 7000 e sparse copie vendute nel 2022, più 160 sul digitale), il veicolo per attaccare la sinistra, con un titolo di intonazione popolaresca: Ci mancava sta papessa, affiancato dalla foto di una Elly Schlein a figura intera, che sembra avanzare con sorriso mefistofelico e passo deciso in nome di quello che viene definito, qualsiasi cosa voglia significare, cristianesimo woke.

Di sicuro un parto del suo direttore, Tommaso Cerno, eclettico funambolo di giornalismo e politica, capace di passare in un amen dalla sinistra al centro e alla destra. Insiste il direttore, nell’editoriale, ad attaccare la segretaria del Pd, con un equilibristico ragionamento da cui si evince che papa Francesco è lontano mille miglia dalla Schlein, ma è senz’altro dei loro, perché molto ammirava l’umorismo della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, cristiana, nonché madre italiana.

E tutti a trarre, con caparbietà, più che opinabili interpretazioni. Il gran rito collettivo dei funerali ha esaltato per via mediatica la figura di Bergoglio, e magicamente tradotto in realtà il suo insegnamento, la sua inesausta invocazione di pace. Una foto, ripresa dai media dell’intero orbe terracqueo (ma diffusa, ad usum delphini, dall’ufficio stampa del presidente ucraino), mostra Donald Trump, presidente Usa, e Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, seduti faccia a faccia, isolati, nella basilica. Il dado è tratto.

Subito la Repubblica (media giornaliera vendite, tra cartaceo e digitale: 103.586 a settembre 2024, con una flessione sullo stesso mese del 2023 del 10%) e, curiosa ma significativa consonanza, Il secolo d’Italia (ormai presente solo sul web) sventolano un ottimistico Un segno di pace. Inebriati di spiritualità, sia Il Messaggero (media vendite giornaliere a settembre 2024: 44.972, con una perdita dell’11,2% sul settembre 2023) sia Il Giornale (media giornaliera nello stesso periodo: 26.657, che rappresenta una perdita del 9,7%) sparano un garrulo e fideistico Il miracolo di Francesco.

Piccola nota a margine. Nella progressiva rielaborazione della grammatica e del lessico giornalistici, spicca l’uso fastidioso a ruota libera del nome proprio. Una falsa intimità che sulle scene dell’informazione allestisce una sorta di spettacolo dei pupi, a beneficio delle masse. La presidente del Consiglio diventa Giorgia; la leader del Pd è Elly; il presidente degli Usa, Donald. Papa Francesco è Francesco, anche per chi poco o punto lo tollerava. Una speciosa abolizione delle distanze che non ha riscontro nella realtà, come dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, l’improvvisa scoperta degli “ultimi”.

Le cifre non danno scampo. La stampa va a rotoli. Le copie si squagliano come neve al sole. A fine 2024, la perdita media nelle vendite, rispetto al 2023, era intorno al 9%. Nell’arco di quattro anni, dal 2020, le perdite sono del 30%, in uno scenario che era già di netta flessione. Si contano sulle dita di una mano le testate che superano le centomila copie al giorno. Chi galleggia tra 40 e 50mila copie può ritenersi fortunato. Il totale delle vendite si attesta intorno a 1 milione 31mila. In pratica, solo un italiano su sessanta sente il bisogno di acquistare un giornale. E per l’anno in corso si prevede di sprofondare sotto il milione.

Per sopravvivere, i giornali fanno la faccia feroce, polemizzano, si aggrappano alla cronaca più efferata, inseguono lo scandalo, possibilmente a luci rosse, attaccano scriteriatamente e beceramente gli avversari, in bilico tra pamphlet e cabaret. Fanno propaganda. Con l’etichetta di scomodo intellettuale della destra, Marcello Veneziani rilancia, dalle colonne della Verità (media giornaliera copie vendute a dicembre 2024: 25.166; un calo di oltre il 12% sul 2023) il grido di battaglia dei nostalgici dell’hafattoanchecosebuone in confezione di lusso, nobilitato, per così dire, da un pensiero raffinato e affilato.

Sostiene Veneziani che il fascismo elevò l’Italia a potenza mondiale, peccato per quella maledetta guerra. Stupisce che un intellettuale non abbia presente, o non voglia applicare, la massima del sommo polemologo Carl von Clausewitz: «la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi». Se si arrivò alla guerra è perché la politica predatoria, all’estero come in patria, di Mussolini, che non si fermò di fronte a qualsiasi ignominia, e che comunque aveva infeudato la potente Italia alla Germania di Hitler, non poteva avere altro sbocco. Con il corollario non indifferente di quasi mezzo milione di morti.

La destra è in auge, governa la navicella italica. Sacrosanto dare voce ai suoi rappresentanti, non si sa mai. Sul Corriere della sera (leader della classifica delle vendite a dicembre 2024: 225. 558 al giorno con una flessione sul 2023 del 5,6%) l’ubiquo poligrafo Aldo Cazzullo pubblica un’intervista ad Alessandro Sallusti, direttore del Giornale (media giornaliera a dicembre 2024: 26.883 copie, flessione sul 2023 del 3,9 per cento).

E Sallusti ripete, senza contraddittorio, la storia del nonno barbaramente fucilato dai partigiani. Versione che si scontra con la realtà del tenente colonnello Biagio Sallusti, aderente alla Repubblica di Salò e non precisamente un filantropo, fucilato nel febbraio 1946 dopo regolare processo davanti alla Corte d’assise di Como.

Con astuzia da Ulisse omerico, La verità sfrutta la concomitanza con esequie del pontefice e batte un titolo in apparenza neutro, oggettivo, quasi un comunicato ufficiale: Il 25 aprile è lutto nazionale. In realtà la consueta bordata polemica di quanti non vogliono accettare e riconoscere, forse perché tenacemente attaccati ad altri valori, la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, che ha la sua data fatidica proprio in quel giorno.

Un’epoca volge a un malinconico tramonto. Dalla solennità della tragedia si scade nella scurrilità della farsa. La lettura del quotidiano non è più l’orazione del mattino dell’uomo moderno. Del resto, tra anatemi infuocati, battute goliardiche, iperboli smaccate, lazzi da avanspettacolo, questa lettura rende arduo, secondo quanto annotava Georg Wilhelm Friederich Hegel, gran lettore di giornali, situarsi «quotidianamente nel nostro mondo storico». Nei casi migliori, quando non punta a incendiare gli animi, può far esplodere una risata, destinata a seppellire quel che resta della stampa.


I dati sulle vendite, che comprendono copie cartacee e online, sono ripresi da www.primaonline.it

 

 

 

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