Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

La violenza dei semplici

“Noi e loro” delle sorelle Delphine e Muriel Coulin con Vincent Lindon è un film che riflette sul fascino (al tempo stesso perverso e debole) che la destra suscita oggi in Europa

«In questo film ci sono una storia piccola e una storia grande. Spesso la gente pensa che la storia grande sia una storia grande e la storia piccola sia una storia piccola. Invece in questo film la storia grande è una storia piccola e la storia piccola è una storia grande. Questa è la storia di un padre e dei suoi due figli, la madre è morta perciò in casa ci sono due orfani e un vedovo. Uno dei due ragazzi si radicalizza ed entra in un gruppo di estrema destra molto violento. Questa dovrebbe essere la storia “grande” perché è quanto sta avvenendo oggi in Europa. Ma per me la storia grande ha a che fare sempre con l’amore e in questo caso è l’amore incondizionato di un padre per un figlio con cui non riesce più a comunicare. Ed è questa storia “piccola” che mi ha convinto a fare questo film».

Vincent Lindon ha presentato con queste parole al Cinema Modernissimo di Bologna l’anteprima del film Jouer avec le feu (titolo italiano Noi e loro) delle sorelle Delphine e Muriel Coulin che ne firmano sceneggiatura e regia. Film presentato in concorso a Venezia dove il protagonista ha meritato la Coppa Volpi per il miglior attore.

Lindon è una star internazionale che ha legato il suo nome a film di impegno civile sul mondo del lavoro che cambia e delle aziende che chiudono e quello che succede a chi perde lo stipendio e la speranza. Ma è un tipo strano, ha un agente che non decide per lui, non ha un ufficio stampa, non ha assistenti, non ha profili social, truccatori, autisti, parrucchieri e armocromisti, ama invece andare in giro, parlare con la gente, fare la spesa, stare con la moglie e i figli. Insomma è esattamente il personaggio che incarna nel film: Pierre, padre single in una cittadina di provincia, che fa i turni di notte per controllare le linee aeree delle ferrovie francesi, e quando torna a casa con le occhiaie invece di andare a dormire prepara il caffè e sveglia i suoi ragazzi con una carezza.

Louis, il più piccolo (interpretato da Stefan Crepon, ha recitato in Peter von Kant di François Ozon) è un allegro secchione che si trasferirà a Parigi per entrare alla Sorbona; Fus (Benjamin Voisin, già premiato per Illusioni perdute), ha un diploma da metalmeccanico e la sua unica passione è il calcio. Ed è fra gli ultrà e negli spogliatoi che verrà agganciato da amici muscolari e tatuati che a poco a poco lo coinvolgono nelle loro spedizioni notturne in cui si scatenano a picchiare duro, urlando slogan razzisti e antisemiti che Fus neanche capisce, ma con loro sta bene perché sono diventati la sua nuova famiglia, l’hanno accolto coi ruvidi abbracci dei maschi col testosterone alle stelle.

Pierre capisce subito che qualcosa gli sta portando via il ragazzo gentile che consolava il fratellino mentre lui era accanto alla moglie amatissima che stava morendo. E fa tutto quello che può fare un bravo padre: lo accompagna alle partite e fa il tifo per lui, ascolta la sua musica a tutto volume, cerca la complicità perduta in ogni sguardo e in ogni gesto. Ma Fus è andato oltre e Pierre non riuscirà a fermarlo in tempo per evitare il peggio.

Lindon conferma in questa pellicola la sua capacità di immedesimarsi fino in fondo in un uomo straziato dal dolore di un nuovo abbandono e tuttavia deciso a non arrendersi ai silenzi del figlio e a combattere per quella famiglia accogliente che ha sempre voluto. Non si arrende neanche quando lo insegue una notte e lo scopre trasformarsi in un ragazzo sconosciuto che urla tutta la sua rabbia ed è pronto ad esplodere con una violenza che lo paralizza.

L’intenzione della pellicola arriva allo spettatore con forza: il consenso ai gruppi violenti di estrema destra ha origine nell’isolamento dei giovani delle periferie europee che hanno perso la speranza in un futuro migliore e abbracciano facilmente chi finalmente li ascolta e tende loro una mano, anche se armata. Pierre comprende che un padre da solo è impotente di fronte a una storia così grande. Lo dirà guardando il pubblico e l’obiettivo nel momento cruciale del film.

Significativa la colonna sonora. Da un lato Patti Smith, Soko, Thurston Moore, dall’altro la musica violenta di Cantenac Dagar e di Rone e Gabber sulle cui note si scatenano in una danza forsennata i giovani di estrema destra. È la scena che apre come un prologo il film, un quadro con luci basse e ombre che si agitano scompostamente nel buio, fantasmi di un incubo che stiamo tutti vivendo. Adesso.

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