Diario di una spettatrice
Il porno debole
“Diva futura”, il film di Giulia Louise Steigerwalt sull'agenzia di produzioni porno di Riccardo Schicchi, racconta un'Italia che non c'è più. Sostituita da un paese cattivo e violento
C’era una volta il porno italiano in VHS. Intendo i film porno in videocassetta che avevano una loro boccaccesca ilarità fin dai titoli e che non esistono più da anni. Al loro posto ci sono i siti che affollano il lato oscuro della rete e che di allegro non hanno niente.
Quell’erotismo di cui furono regine assolute tre donne bellissime e disinibite (Ilona Staller, Moana Pozzi ed Eva Henger) con un solo re (Rocco Siffredi), ebbe per una dozzina di anni, a partire dal 1983, un protagonista che guidò con piglio non privo di doti manageriali l’impresa di produzione e casting Diva Futura: Riccardo Schicchi, un uomo dall’aspetto dimesso e privo di qualsiasi appeal, eppure capace di inventare dal niente un fenomeno che avrebbe segnato il costume degli italiani e persino la scena politica sul finire del Novecento.
Diva Futura, il film scritto e diretto da Giulia Louise Steigerwalt (alla sua seconda regia dopo Settembre), in concorso lo scorso anno a Venezia, racconta non solo la parabola non priva di miracoli dell’agenzia di Schicchi, ma finisce per offrire un punto di vista non banale su un mondo e su un’epoca che non esistono più. L’epoca è l’Italia degli anni Novanta, la cosiddetta prima repubblica tra i Mondiali di calcio e Tangentopoli. Il mondo che non esiste più è quello inventato da un ragazzo siciliano appassionato di fotografia e di cinema (e assai precocemente delle donne), che a dodici anni diventa amico di Attilio Battistini direttore di “Men”, una delle prime riviste per soli uomini, e inizia il mestiere di fotografo che lo porterà da grande a firmare reportage per testate prestigiose. A vent’anni incontra Ilona Staller, insieme inventano la trasmissione radiofonica Voulez-vous coucher avec moi? in cui si parla apertamente di sesso con gli ascoltatori, e poi fanno il primo film Cicciolina amore mio. Con l’amica ungherese Schicchi fonda a trent’anni Diva Futura e inizia la storia dell’agenzia, dei club e delle sue star presto famose in tutta Italia.
Alla base della pellicola c’è il libro scritto dalla segretaria di Schicchi, Debora Attanasio: Non dite alla mamma che faccio la segretaria, interpretata dalla sempre brava Barbara Ronchi. È il suo sguardo timido a raccontare quel mondo a lei del tutto estraneo e che tuttavia osserva con benevola complicità, pronta a perdonarne gli eccessi un po’ naïf e un po’ cialtroni.
La parabola dell’agenzia raggiungerà il suo apice con l’ingresso in Parlamento di Cicciolina, di cui Schicchi fu il regista, e la trasformazione di Moana in icona pop amata dai salotti della cultura e della politica. Il film recupera spezzoni di interviste avvenute nelle trasmissioni televisive dell’epoca condotte da Enzo Biagi, Maurizio Costanzo, Pippo Baudo, Gigi Marzullo, Roberto D’Agostino. Ma a rispondere alle domande sono le attrici che interpretano Cicciolina, Moana ed Eva (rispettivamente Tesa Litvan, Denise Capezza e Lidija Kordić).
Ciò che appare chiaro fin dalla prima scena è che il film si regge sulla capacità di immedesimarsi completamente nel personaggio Schicchi da parte del protagonista, ovvero Pietro Castellitto. Certamente più alto e più fascinoso dell’originale, l’attore romano (a mio parere molto più convincente quando recita che quando dirige) riesce a trasmettere allo spettatore l’entusiasmo e l’ingenuità con cui Schicchi tentò di sdoganare la pornografia, traghettandola dal ghetto delle pellicole XXX verso un cinema popolare e di successo, con star degne di considerazione come tutte le attrici.
«Amorali sì, immorali mai», era il mantra dell’imprenditore-fotografo-regista. E in fondo la sua agenzia non era che una grande famiglia dove le donne decidevano la loro vita fuori e dentro il set, incrociando amori e figli, comunque accolte e sostenute dall’amico di tutte.
La conclusione della favola di Diva Futura sta nelle parole del suo fondatore: «La società ci condannava e ci sognava». Dopo la fama vennero i lutti (la morte prematura di Moana a trentatré anni, la scomparsa dello stesso Schicchi a neanche sessant’anni), le perquisizioni, gli arresti e le condanne per immigrazione clandestina e induzione alla prostituzione. E soprattutto venne il tempo del porno cattivo nelle mani della criminalità organizzata, un’epoca in cui non c’è più posto per le star e per l’erotismo allegro, perché chi paga vuole godere guardando le donne violentate davvero.
Nella scena finale di Diva Futura la grande famiglia del porno si riunisce sulla spiaggia e ride e si rincorre e gioca col pallone. Ci sono tutti: Schicchi, Cicciolina, Moana, Eva, Barbarella, Jessica, Milly, la segretaria Barbara, le comparse giovani e prestanti. È una scena dichiaratamente felliniana, cita i finali de La dolce vita e 8 1/2. Forse la regista ha voluto addolcire il ricordo di un tempo e di una Italia che non ci sono più, quando qualcuno fu tanto temerario e ottimista da proporre agli elettori il Partito dell’amore.


