Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

Esordi di Bigongiari

Alle origini della poesia dell’autore toscano con la sua prima raccolta, “La figlia di Babilonia”, stampata da Parenti di Firenze nel 1942 e poi confluita nel libro riepilogativo “Stato di cose”, uscito nel 1968 nello “Specchio” di Mondadori

Piero Bigongiari è uno dei più importanti esponenti dell’ermetismo e, in particolare, di quella frangia riconducibile alla linea fiorentina che annovera figure rilevanti come Mario Luzi e Alessandro Parronchi. Italianista ed esperto conoscitore della pittura fiorentina secentesca, di cui fu anche rinomato collezionista, il poeta toscano si prodigò in un’intensa e variegata attività editoriale che, oltre alle canoniche raccolte poetiche, produsse saggi critici, traduzioni, reportage dalla Grecia e dall’Egitto, indimenticabili curatele come quella dell’opera omnia di Conrad effettuata per Bompiani tra il 1949 e il 1966. A mo’ di esempio della sua versatilità potremmo ricordare la premessa scritta per Un grido e paesaggi di Ungaretti, originariamente pubblicata da Schwarz nel 1952, con l’ausilio di cinque disegni di Giorgio Morandi, successivamente confluita nello “Specchio” mondadoriano, e i due volumi dedicati alla Poesia italiana del Novecento, editi dal Saggiatore nel 1980.

La raccolta poetica d’esordio di Bigongiari, stampata da Parenti di Firenze nel 1942, si intitola La figlia di Babilonia e uscì dopo L’elaborazione della lirica leopardiana, licenziata per Le Monnier nel 1937. Si tratta di una brochure di cm 20,6 x 15,5, comprendente 90 pagine, con copertina color avorio sopra cui campeggiano in nero sia il titolo sia il nome di autore ed editore. Appare anche il consueto logo della casa editrice, stampato in rosso, ovverosia un omino con pennacchio e bacchetta di rabdomante seduto sopra un gigantesco fiore; la collana è quella di “Letteratura” che, nel medesimo anno, pubblicherà anche l’edizione accresciuta della Barca di Mario Luzi. Figurano sia un ritratto dell’autore realizzato in antiporta da Ugo Capocchini sia un disegno fuori testo del pittore ottocentesco, di area scapigliata, Daniele Ranzoni. La raccolta, suddivisa in tre sezioni, riporta al colophon la seguente dicitura: «L’edizione originale di questo quarantaseiesimo volume della collezione di “Letteratura” diretta da Alessandro Bonsanti si compone di trecentocinque esemplari su carta doppio Guinea numerati da 1 a 305». È dichiarata inoltre una tiratura di altri 50 esemplari stampati su carta comune fuori commercio, riservati al servizio stampa. Il titolo della raccolta è ripreso da un verso di San Juan de la Cruz riportato in epigrafe all’inizio del volume. Attualmente le quotazioni di un buon esemplare della Figlia di Babilonia si aggirano intorno ai 200 euro ma, con un po’ di fortuna, è possibile reperirne copia anche a prezzi inferiori.

Osserva al riguardo Silvio Ramat: «In questa fase d’esordio è caratterizzante, e lo accennavo, la materia orfica, legata al recupero otto-novecentesco dell’orfismo: tentativo, come è noto, estesosi da Nerval (e Baudelaire) a Campana e, adesso, all’ermetismo fiorentino». La raccolta confluirà, insieme a Rogo e Il corvo bianco, pubblicati nelle Edizioni della Meridiana rispettivamente nel 1952 e nel 1955, nel libro riepilogativo Stato di cose, accolto nel 1968 nello “Specchio” di Mondadori. Nelle note allestite in appendice a questo libro l’autore dichiara: «La prima raccolta, La figlia di Babilonia, si ristampa qui immutata, solo corretti alcuni errori di stampa, dalla prima edizione (Firenze, Parenti, 1942), ma con l’aggiunta di quattro poesie dell’epoca, da me rintracciate successivamente, e cioè “Sulle cale gelate di piazza Mentana”, “L’Arno”, “Volo d’api”, “L’amica”». Tra La figlia di Babilonia e Rogo compare inoltre il componimento “Felicità cristiana”, ricavato dal n. 37 della rivista «Prospettive».

Da Le mura di Pistoia (1958) in poi, Bigongiari pubblicherà le sue sillogi, sempre più orientate verso la dimensione poematica, con la casa editrice di Segrate, compreso il florilegio di traduzioni intitolato Il vento d’ottobre (1961) che raccoglie specimina da Alcmane a Dylan Thomas. D’altro canto, per rimanere nel solo ambito poetico, molto complessa e articolata è la vicenda bibliografica di Bigongiari: a un primo volume intitolato Tutte le poesie (1933-1963), edito da Le lettere di Firenze nel 1994, a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi, arricchito da una presentazione di Carlo Bo, è seguito, sempre per gli stessi tipi, Dove finiscono le tracce (1984-1996), uscito due anni più tardi, che tuttavia non porta a compimento il progetto dell’opera omnia poetica. Numerosi inediti, anche in prosa, sono inoltre stati diramati postumi.

Si segnalano inoltre le seguenti antologie: Poesie, a cura di Silvio Ramat, edita negli Oscar Mondadori nel 1982, Poesie (1942-1992), a cura di Giancarlo Quiriconi per Jaca Book nel 1994 e L’enigma innamorato (1933-1997), curata nel 2001 dal succitato Iacuzzi, del quale bisogna segnalare anche il bel volume Piero Bigongiari. Voci in un labirinto (Pagliai Polistampa, 2000). Un altro titolo piuttosto raro è la raccolta di saggi sull’arte Il caso e il caos (Pollock, De Pisis, Rosai, Soutine, de Staël), stampato nei Quaderni del Critone diretti da Vittorio Pagano nel 1961 in 250 esemplari numerati.

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