Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Qui e ora, per sempre

“Parole di uno che era nessuno”. È la poesia inedita, scritta in occasione dei 10 anni di Succedeoggi per i nostri lettori, da Robertto Mussapi. Parole di Fede nella Resurrezione nel racconto del centurione, testimone della crocifissione, e di una donna di Gerusalemme che sapeva del Risorto

Vi auguro buona Pasqua con una poesia, nuova. Inutile dire che abbiamo tanto bisogno di speranza, ma quando il gioco si fa duro scendono in campo i duri.
Scrivere, altrove e qui, significa resistere. E sperare. Sperare non è un optional, ma un dovere che se accolto nella sua essenza è anche, spiritualmente, un piacere.
Eccovi Parole di uno che era nessuno.
Scritta tra la sera del 6 e il mattino del 7 Aprile, per il Venerdì Santo e in omaggio a Succedeoggi che compie dieci anni, ci insegna a soffrire per la morte e gioire per la resurrezione. La vita. La parola, la memoria, la fiducia nel comunicare, a livello profondo, sono nobili e profane affermazioni di fede nella Resurrezione. Che può avvenire ogni giorno e in ogni istante. Qui e ora, qui e per sempre.
Davvero, Buona Pasqua

Parole di uno che era nessuno

Io non sono dei loro. 
Non sono uno di quelli che credono in Cristo,
Gesù di Nazareth, che si credeva un dio.
Che si credeva Dio, per dirla come loro, i farisei,
o solo un essere superiore al dolore e al tempo
come io, umile centurione (sono nato a Paestum)
immagino sia impossibile a un umano.
Io non sono nessuno e non so niente.
Conosco solo l’esercizio di un soldato
che esegue gli ordini di Roma, del suo impero.
Se Dio è l’imperatore, dio non esiste.
E qui dove mi trovo a presidiare le mura e la legge,
sento che dio è una parola di chi si raccoglie e prega, 
e ascolta la sapienza dei farisei, nel tempio.
Io sono un soldato nato a Paestum,
e so combattere, e sono capace di difendere
quanto mi è stato ordinato di difendere.
Sono giovane, ma ho già combattuto molto,
la mia daga ha penetrato più di un petto,
e ho cicatrici al torace e su una spalla.
Ma non avevo mai visto un crocifisso.
Mai mi era occorso, ed è così frequente.
Quando lo accompagnai, con altri, sul Golgota
(non erano i Romani i più feroci a picchiarlo)
e quando lo vidi in croce gridare e quasi piangere
non mi sentii più un soldato ma un morente.
Ho vomitato mentre altri ridevano.
E la sera, tornato al ruvido letto, ho vomitato sangue.

Sabato andai da lei, aprii la porta,
era il crepuscolo come sempre da Livia,
la vidi sul letto, come sempre,
ma aveva appena smesso di piangere.
“Aspetta – mi sussurrò, ora sorridendo –
c’è tempo per l’amore quando sarà amore”.
E poiché vide che io non capivo,
“Può essere tra poco, o anche adesso, 
ma non prima che io ti dica ciò che sognato e visto.
O ciò che ho prima veduto e poi sognato…
Lei Maddalena, tornava con altre donne.
La voce si stava spargendo, la pietra rimossa,
il sepolcro svuotato, l’Angelo…
Lei mi parlò un istante
e sorrideva come sorrido io adesso…
Ci conoscevamo da tempo, da bambine
giocavamo insieme con altre amichette”.
Ci fu amore, dopo, e il pagamento,
anche se non mi era mai parso un pagamento,
e ora ai conati di vomito è subentrato un incanto,
– come s’interrompessero respiro e tempo –
che mi stupisce e anche un po’ spaventa:
Livia mi sussurrò che Maddalena le disse
non sa se in sogno, dopo l’incontro, 
o a voce viva nell’incontro stesso
(o prima, non era più nel tempo)
che quello che era risorto, il Crocifisso,
era morto per lei che vendeva il suo corpo
e per me il centurione, che non sono nessuno.
Per noi e anche per noi era morto e risorto
perché ci amava infinitamente.

Roberto Mussapi

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