Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Dall’acqua il silenzio

Percy Bysshe Shelley, celebre poeta del vento e del volo, è rapito anche dall’elemento acqua. Gli ispira incantati silenzi che la sua voce restituisce. Come in questi versi da Pisa, una sera, sul Ponte al mare, quando «l’abisso dove il sole è affondato è chiuso» e dal cielo la stella della sera lo perfora

Shelley scrisse una delle più originali opere poetiche d’Occidente, in relazione al cielo, un vero e proprio poema in forma di trilogia del volo. Se prendessimo tre composizioni di Shelley come elementi di un trittico (operazione più che lecita, e forse sottintesa dall’autore), ecco che Alla nuvola, A un’allodola e Ode al vento occidentale costituiscono un composito poema del volo, dell’avventura verso la leggerezza inebriante del cielo. Rivolgendosi alla spirito del vento come a un suo simile, di ordine superiore, invocandolo, Shelley portava al massimo grado l’aspirazione umana al volo, inappagato pure della danza e delle trame celesti degli alati, assetato della pura energia ventosa del movimento nel cielo.
Ma qui precipitiamo nell’incanto dell’acqua: celebre poeta del vento e del volo, in realtà è rapito dall’elemento dell’acqua quanto il suo amico Byron, seppure con modalità opposte: Lord Byron era un grande e famoso nuotatore, Shelley non nuotava, si immergeva, immobile, e poi durante il resto del giorno guardava.
L’incanto di questa sera che scende sul litorale di Pisa (allora sul mare), coinvolgendo cielo, aria, spiaggia e piante, è in realtà il prodigio del silenzio acquatico che il poeta sa creare. Il suo amico Byron, l’altro amico, non da meno come poeta, John Keats, che scriverà come propria epigrafe «qui giace uno il cui nome è scritto sull’acqua», e lui, Shelley, che dell’acqua fece il silenzio dei suoi versi e l’incanto, come del vento il movimento, e il furore.

Sera: Ponte al mare, Pisa

Il sole è tramontato, dormono le rondini,
i pipistrelli rapidi svolazzano nell’aria grigia,
i rospi lenti e molli strisciano dai loro angoli umidi,
e il soffio della sera qua e là vagando
sulla tremante superficie del fiume
non sveglia un gorgoglio nel suo sonno estivo.

Non c’è rugiada stasera sull’erba secca,
né umidità nell’ombra degli alberi,
il vento a raffiche, lieve e secco,
e nel moto incostante della brezza
polvere e foglie si sollevano a sprazzi,
turbinano sul selciato delle strade.

E sulla superficie del fiume fluttuante
l’immagine increspata della città si distende,
immobilmente inquieta e tremante,
all’infinito, senza mai dissolversi,
vai nelle Indie, 
tu trasformato, la troverai identica.

L’abisso dove il sole è affondato è chiuso
dalle più buie barriere di una cinerea nuvola,
come un monte si addensa su un monte,
ma in espansione e in alto, a folla,
e sopra uno spazio di azzurro acquatico
perfora splendida la stella della sera. 

Percy Bysshe Shelley

Traduzione di Roberto Mussapi

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