Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Con Carla, alla mensa della Poesia

Claudio Pozzani, poeta, “trovatore dell’età del rock”, creatore del Festival di Genova, sogna la sua nascita, il suo già paradossale ingresso nel mondo, appena uscito dal ventre e materno. E a sua madre, da poco scomparsa, è dedicata oggi questa rubrica

Questa intensissima poesia alla madre, è frutto di un istante estatico di sospensione del tempo in cui il poeta adulto rivive se stesso non bambino, ma neonato, appena uscito dal ventre materno. Ispirato, credo, posseduto per un istante dal Dylan Thomas che scrive «io sognai la mia genesi», Claudio Pozzani sogna la sua nascita, non cosmica, come il grande poeta gallese, ma individuale. Vede confuso e stordito il mistero e il miracolo di lei che ha sanguinato eppure sorride.
Il 15 febbraio la madre di Pozzani, Carla, è morta, causa covid. Aveva 93 anni, portati benissimo. Ho perso una persona amica, una mia lettrice e ascoltatrice. Non era una donna di lettere, quella che a Genova al Festival di poesia più importante del mondo veniva a sentirmi e poi a complimentarsi, ma era la madre di Claudio Pozzani, il creatore di quel festival, Claudio Pozzani che su queste pagine battezzai il “Principe Azzurro della poesia”, che ha fatto della rapinosa e misconosciuta Genova la capitale mondiale della poesia. Ho scritto, quando compì cinquant’anni, «Claudio Pozzani da oggi sarà un cinquantenne ma resta quello che è: un bel ragazzo. Che ama la poesia, l’avventura, la vita. Che vive la vita e fa vita». 
Eccellente lettore-attore dei propri versi, in scena, danza sulla pagina con il ritmo della sua voce da poeta blues, canta narrando, sincopando, altro che rapper, è un trovatore dell’età del rock. Drammatica e euforizzante sulla scena, la sua poesia vive anche, in pieno, sulla pagina, la fa muovere, la fa tornare viva, frusciante.
Claudio ha perso la madre che lo ascoltava e sosteneva, sempre, io una persona cara, e l’autrice delle mie più belle cene genovesi. I pranzi a casa Pozzani erano un rito per alcuni ospiti eccellenti del Festival, Wole Soyinka, Alvaro Mutis, e modestamente, anche per me: cucina genovese splendida, calamari, cozze lucenti, profumi d’olio e di mare, ambiente unico, con i genitori e il fratello di Claudio.
Commensali, letteralmente, persone che festeggiamo la poesia alla stessa mensa. 
Grazie anche a sua madre Carla, Claudio Pozzani non è solo, e lo sa, perché è un poeta.

A mia madre

Ti ho visto in faccia in quella stanza
io sporco di sangue e muco
tu stravolta e curiosa
Ho tentato di dirti che non ero sicuro
di voler restare fuori di te
ma le parole che avevo in testa
nella mia bocca si impastavano male
Avevo appena imparato che tutta la vita
sarebbe stata ipocrisia e paradosso
ti avevo appena fatta soffrire
ti avevo fatta sanguinare
eppure ero io a piangere e tu a sorridermi.

Ti ho visto in faccia in quella stanza
mentre mi portavano via
C’era troppa confusione
per dirti quanto fossi felice
di poter finalmente dare un viso
al ventre che mi aveva ospitato
E più tardi con i miei colleghi
si discuteva di reincarnazione,
di eterno ritorno, dei cicli di Vico
ma non vedevo l’ora di rivederti
e di conoscere il tuo uomo e vostro figlio
dei quali sentivo la voce ovattata e lontana.

Ti ho visto in faccia in quella stanza
e darei tutto quello che ho per ricordarmene.

Claudio Pozzani

Da Spalancati spazi – (Poesie 1995-2006), Passigli

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