Roberto Mussapi
Every beat of my heart

I doni di Prometeo

Tra tutti i beni che il figlio di Zeus ha dato agli uomini per la loro salvezza, il più prezioso è la Memoria. Legame tra vivi e morti, insieme alla Magia, elemento essenziale della Poesia. Ispirati da Eschilo, ecco i versi di Salvatore Marradi su “colui che riflette prima”

Prometeico. Nella corretta accezione dell’aggettivo, che non indica affatto un personaggio arrogante, ma coraggioso, ardito. Salvatore Marradi ora certo mostra audacia riscrivendo, come è solito fare, una poesia da un capolavoro nato in una lingua che egli non conosce. Ora il Prometeo incatenato di Eschilo. Mi comunica, nella sua brevissima email, di partire, come sempre, da una traduzione, che rispetta e ringrazia ma di cui non tiene conto, poiché scrive una nuova poesia, senza considerare la lingua originale.
Questa volta è toccato a me, non poeta imitato da Salvatore, ci mancherebbe, lo ha fatto con Keats e Rumi e Tagore, ma almeno poeta traduttore di Eschilo. Dai miei Lirici greci, Marradi ha riscritto un monologo di Prometeo. Devo ammettere che questo autore, che conosco poco e solo via email, è, oltre che ardito, piuttosto bravo.
E forse, in questo caso, un po’ bugiardino, in senso buono, s’intende. A me pare che quando riscrive un passo del Prometeo di Eschilo sappia qualcosa della lingua d’origine, anche perché tutto di lui rivela che ha fatto il liceo classico, discrimine fondamentale e fondante. 

Allora due parole su Prometeo, quello di Eschilo, e quello che felicissimamente Salvatore Marradi ha immaginato e reinventato. Prometeo entra in scena immobile, mentre lo inchiodano e incatenano alla roccia altissima sul mare tempestoso della Scozia, la terra lontana, ai confini estremi del mondo. In quel luogo remoto, irraggiungibile per terra o per mare da esseri umani, gli esecutori del volere di Zeus, supremo signore degli dei olimpici, lo incatenano alla pietra affinché sconti il suo estremo atto di amore per l’uomo: Prometeo ha portato agli umani il fuoco, fino ad allora magia esclusiva degli dei, per pietà della condizione umana. Prometeo è un dio, ha combattuto a fianco di Zeus per la conquista del regno cosmico, contro gli antici dispotici Titani, ma non appena giunto al potere Zeus ha cancellato ogni pietà dal suo regno. Voleva anche cancellare la razza umana, per sostituirla con un’altra più idonea ai suoi gusti. Prometeo, unico tra gli dei, gli si è opposto, ha salvato gli uomini. Poi, come grida indomabile in quella posizione crocifissa, ha donato all’uomo la parola, la conoscenza dei numeri, la scrittura, e ancora l’arte mantica, la capacità divinatoria di leggere e interpretare il futuro nelle viscere e nei voli degli uccelli, vale a dire nei loro segni nel cielo e nel segreto del corpo, nella luce e nel buio. Poi ha donato loro, ed è l’ultimo dei meriti che si attribuisce, senza cedere a Zeus, rivendicando le proprie azioni, ha donato loro la memoria, inscindibile dalla speranza. E infine, dopo la speranza, il fuoco che sancisce la nostra definitiva distanza dagli animali, che allontana le fiere, che ci consente di cuocere i prodotti della terra e non brucarli, di arrostire le carni e non divorarle crude, di fondere i metalli e dominare la dura e sorda materia.

Prometeo è in quella posizione per tutta la tragedia, centrale nella leggendaria trilogia di Eschilo, e unica rimastaci: nella prima si rappresentava la sua donazione del fuoco agli uomini, nella terza la sua liberazione e la vittoria definitiva su Zeus, che significa il compimento della sua missione di salvezza dell’uomo.
Ma il Prometeo di Marradi subordina i tanti doni, orficamente e ritualmente s’incentra su una realtà: Prometeo ha donato all’uomo Memoria, che è legame tra vivi e morti, e Magia, che è la facoltà di comunicare tra gli uni e gli altri.
Nella sfera del sacro, la poesia è Memoria e Magia. Quella buona, di Harry Potter, non quella cattiva del Dottor Faustus.

Prometeo

Lascia stare gli dèi, li salvai e mi tradirono.

Il tronfio Zeus nel suo Panthon sinistro, 

divinità colleriche e invidiose, lussuria,

e una indecente sottomissione al Fato.

Il loro alibi, essi, immortali e impuniti.

Preferisco parlare degli uomini, 

solo per raccontare il mio amore per loro.

Essi avevano voci e non vedevano, 

avevano orecchi e non udivano,

parevano vacue immagini di sogno vivevano ciehi in un tempo lungo e indistinto,

non le case edificate con mattoni, o legno,

vivevano sottoterra come insetti nel buio,

mollicci come amebe nelle acque delle grotte.

Finché non giunsi io a indicare 

come leggere il sorgere e il calare del sole,

e i movimenti di tutti gli astri del cielo,

scoprii il numero, per loro,

la conoscenza prima, il senso delle parti,

e poi, una volta iniziati al numero,

svelai e insegnai loro i segni scritti:

il loro flatus vocis che s’impietrava eterno,

il soffio dell’anima che si fa lapide.

Non sto a elencare a te che ora mi vedi in sogno

a te, Salvatore, che mi ascolti e vedi,

quanto ho donato all’uomo, lo sanno tutti,

ma si soffermano solo sui doni 

che possono capire il capraio e il banchiere,

non il poeta, non il pescatore.

E insegnai ad aggiogare le bestie,

e come tramutarle in animali da soma

e legai al cocchio potente cavallo.

E inventai una sorta di cocchio per il mare:

la barca, che volava su ali di lino sulle onde.

Ma non badare, tu che mi vedi in sogno,

alle scoperte più facili e elementari.

il cocchio, la barca, allevare animali,

e macinare il grano e cuocere il pane

o i farmaci che ho inventato 

per proteggere il corpo per e curarlo…

sono prodigi, il cibo, il pane, la casa, il letto,

ma basta l’uomo a crearli, un po’ ispirato.

No, ciò che io diedi dal nulla agli umani,

fino alla fin del mondo e di ogni sogno –

io svelai la Memoria, che è il senso di tutto,

la madre operante del coro delle Muse.

E scoprii e svelai le leggi della Magia

per primo svelai quali visioni vere porta il sogno,

svelai le voci oscure dei presagi,

gli incontri che possono essere profetici.

Insegnai a leggere nel volo dei rapaci

i segni augurali e quelli infausti,

e il loro nutrimento, l’amore e l’odio,

e come interpretare tono e colore delle viscere,

la forma della bile e del lobo, perché comprendessero

se indicavano male o bene, per gli dei.

Bruciai carni avvolgendole di adipe e lombi,

condussi i mortali a conoscenza magica,

e aprii i loro occhi annebbiati

ai vividi presagi della fiamma.

Ho dato all’uomo Memoria e Magia,

E poi, ultimo e primo, il Fuoco.

Salvatore Marradi

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