Federica Lorenzi
A proposito de "Le romantiche"

Donne & scrittura

Curati da Francesca Sensini escono per Succedeoggi Libri i ritratti di dodici scrittrici ottocentesche (da George Sand a Emily Brontë) firmati da Marise Ferro tra la scrittura biografica e quella narrativa. Quasi una guida per diventare più "illuminista"

Recentemente Francesca Sensini, professoressa associata di italianistica presso l’Université Côte d’Azur, ha aggiunto un nuovo tassello al vasto progetto di studio e di riscoperta dell’opera di una grande narratrice italiana, Marise Ferro (Ventimiglia 1905 – Sestri Levante 1991), curando una nuova edizione delle Romantiche per Succedeoggi libri (pagine 173, Euro 18). Si tratta di una raccolta di  dodici racconti, tra la biografia e il romanzo, di personalità d’eccezione – letterate, scrittrici, poete, attrici e filosofe vissute tra il Settecento e l’Ottocento – che Marise Ferro ha pubblicato nel 1958 per i Fratelli Fabbri, anticipando pionieristicamente quella che è oggi una formula molto popolare. Questa tendenza editoriale risponde a precise esigenze culturali: riconoscere il giusto peso alla presenza e al ruolo femminile e fornire alle nuove generazioni modelli di comportamento a cui ispirarsi, contribuendo all’effettivo conseguimento della parità di genere.

Le Romantiche permettono di impegnarsi doppiamente per questi obiettivi, ridando voce a una «notevolissima scrittrice» dimenticata e riscoprendo le vite di «donne notevolissime», anch’esse più o meno dimenticate. Nondimeno, non è solo un libro che fa conoscere e riflettere. È un libro piacevole, anzi divertente, uno di quei libri che ci fanno sorridere più volte e perfino ridere delle debolezze e delle incoerenze umane mentre siamo immersi nella lettura, dimentichi del mondo circostante. L’ironia è, infatti, una delle principali caratteristiche dello stile di Marise Ferro, «un mix di humour, eleganza e realismo à la Balzac». 

I racconti sono preceduti dall’ampia introduzione di Francesca Sensini, opportunamente divisa in quattro parti. Nella prima viene presentata l’autrice, Marise Ferro, romanziera, traduttrice e giornalista, moglie in prime nozze dello scrittore Guido Piovene e in seconde nozze del critico letterario Carlo Bo. Scrittrice di romanzi discontinua, ha pubblicato il primo nel 1932 e l’ultimo nel 1978, con una lunga interruzione di circa vent’anni, durante la quale si è dedicata alle traduzioni (nella sua carriera ha tradotto più di cinquanta libri, soprattutto dal francese, la sua seconda lingua) e all’attività giornalistica, collaborando con prestigiosi quotidiani e riviste, in maniera più intensa dopo il 1945. All’interno della sua produzione emergono il «romanzo-pamphlet antibellicista» La guerra è stupida, e il saggio La donna dal sesso debole all’unisex, una storia delle donne nel Novecento. Marise Ferro non si è mai dichiarata femminista in senso politico, tuttavia l’intera sua esperienza letteraria è caratterizzata dall’interesse «per la condizione delle donne e, nel contempo, l’esigenza di decostruire i ruoli di genere attraverso la scrittura, intesa come disciplina di pensiero ed esercizio di ragione».

Le Romantiche corrispondono pienamente a questa definizione. Come spiega Francesca Sensini nella seconda parte del suo saggio, il titolo descrive le protagoniste dei dodici racconti quali rappresentanti del Romanticismo, ovvero di una tendenza culturale legata a un preciso periodo storico, ma sottende altri significati. Le individua anche come portatrici del “romanticismo eterno”, cioè di quell’inclinazione, prettamente femminile, agli eccessi del sentimento e delle emozioni e allo scarso ricorso alla ragione, che, per Marise Ferro, è ancora molto diffusa nel pieno Novecento, dovuta all’educazione, ai condizionamenti sociali e all’ignoranza. Solo abbandonando i sogni e le illusioni e seguendo maggiormente la ragione «le romantiche di ogni epoca potranno liberarsi dalla loro subalternità».

Seguono, nella terza parte dell’introduzione, dodici brevi ritratti delle figure scelte dall’autrice e, nella quarta, un quadro del periodo storico in cui vissero, caratterizzato dal predominio in ogni ambito della Francia, su cui giustamente si concentra la ricostruzione, utile per contestualizzare le vicende e comprendere meglio le dodici eroine.

Ma veniamo a loro, alle Romantiche. Ad aprire e chiudere la galleria ci sono le due figure più prestigiose e conosciute: George Sand, alias Aurore Dupin, che Ferro definisce attraverso l’ossimoro «sregolatezza organizzata», e Emily Brontë, che è per lei «la figlia del vento», elemento da cui avrebbe ricevuto «l’incomparabile forza dell’anima che la rendeva capace di nutrirsi solo d’eccesso».  Il secondo ritratto è dedicato a Marceline Desbordes Valmore «ovvero il canto sublime» perché, afferma Ferro, «all’infuori della poesia non gliene andò mai bene una. Nata querimoniosa, querimoniosa visse, scrisse, amò e morì […] ma se non fosse stata infelice e non avesse sfogato la sua infelicità in versi, la Francia avrebbe avuto una poetessa di meno». Seguono la grande attrice Marie Dorval e la romanziera, saggista e drammaturga Marie d’Agoult, «la grande dama invidiosa». Una via del XV arrondissement di Parigi le è stata dedicata, ma porta il suo nome d’uomo, lo pseudonimo Daniel Stern, ulteriore segno della marginalizzazione delle donne di lettere da parte della cultura ufficiale. Anche la «poetessa ufficiale» Delphine de Girardin, «Musa della Patria», utilizzò lo pseudonimo maschile di Vicomte Charles de Launay per scrivere di cronaca mondana. Marise Ferro non è indulgente con la letterata e salonnière Juliette Récamier che per vent’anni amò, corrisposta, Chateaubriand, definendola «“divina” ma testa vuota», e neppure con Charlotte de Hardenberg, la seconda «moglie comprensiva» del romanziere e uomo politico Benjamin Constant. Protagoniste dei racconti successivi sono l’«étrangère», la contessa polacca Éveline Hanska, che sposò Honoré de Balzac; Juliette Drouet, «l’amante fedele» di Victor Hugo, con cui intrattenne un cinquantennale scambio epistolare; l’«implacabile» Louise Colet, poeta, romanziera, drammaturga, autrice di biografie e racconti di viaggio che volle firmare sempre le sue opere con il suo nome di donna, a cui Ferro dedica uno dei ritratti più belli; e, infine, la «dame aux camélias», la bellissima cortigiana Alphonsine Plessis. Le storie delle Romantiche ci proiettano in un mondo affascinante che Marise Ferro, grande conoscitrice di letteratura francese, ricostruisce con precisione, e allo stesso tempo parlano di sentimenti universali e mettono in guardia contro gli eccessi delle emozioni, costituendo finanche una guida per diventare più “illuministe”.

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