Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Lo stile Biden

Misurato, riflessivo, alle volte incerto ma sempre rassicurante: la prima conferenza stampa dalla Casa Bianca è stata un successo del neopresidente Joe Biden. Una medicina in grado di cicatrizzare le ferite ancora aperte del trumpismo: dal covid all'immigrazione alla politica estera

Una boccata di ossigeno puro di cui c’era davvero bisogno per ricominciare a respirare. Questa l’immediata sensazione dopo la prima conferenza stampa di Joe Biden dall’inizio del suo mandato.

Ha risposto alle domande dei giornalisti in modo calmo, pacato con un’espressione, come ho già scritto su queste pagine, di understatement quasi contrita, che caratterizza la sua personalità e il suo stile. Ma anche con simpatico senso dell’umorismo. Come quando gli è stato chiesto se si ripresenterà alle prossime elezioni e se manterrà la stessa vicepresidente. Dopo avere sfoggiato un sorriso quasi di sfida, vista la sua età, ha risposto che assolutamente non sa quello che accadrà tra quattro anni, ma che, sì, nel caso che ciò accada (cosa che la stampa ha unilateralmente interpretato come una chiara volontà di ripetere l’esperienza), manterrà la stessa vicepresidente.

Il suo tono, adesso che il paese si lecca le sue tante piaghe aperte, alcune delle quali purulente come quella delle insensate uccisioni da parte del pazzo di turno armato fino ai denti che commette stragi di innocenti, si spalma su di esse come un balsamo dotato della capacità di cicatrizzare: lenitivo, guarente, rinfrescante. Biden è stato rassicurante, ha dato prova di essere capace di dare risposte concrete, di essere un leader in grado di guidare e di risollevare un paese ancora in ginocchio. Senza voler dare prova di una retorica impeccabile. Con silenzi, pause, anche correzioni. Uno stile molto diverso da quello sicuro, retoricamente ricco, a volte anche troppo, di Obama che sfoggiava la sua cultura, il suo sapere, la sua competenza. Lui primo presidente nero di tutti gli americani. Messo nella condizione di doversi far perdonare il colore della pelle attraverso quella sua eccessiva disinvoltura e scioltezza anche fisica. Con l’effetto tuttavia a volte di intimidire e respingere i suoi ascoltatori e interlocutori. A dispetto delle sue politiche innovatrici e della sua empatia nei confronti di molte tragedie. Lo abbiamo visto commosso anche piangere di fronte a uno dei tanti fatti di sangue dovuti a sparatorie insensate o a uccisioni di neri da parte della polizia. Ma tutto ciò non è bastato ad incrinare la sua immagine un po’ algida e distante. Biden invece quasi incespica nelle parole, si corregge, fa lunghe pause, quasi a sottolineare la sua fragilità. Non nasconde la sua balbuzie, e le incertezze attraverso una retorica vulnerabile e senza ostentazione. Salvo quando sorride. Allora diventa solare e molto comunicativo.

In questa conferenza stampa, come era da prevedere, le domande sono andate dai problemi della pandemia e del conseguente processo di vaccinazione in atto ( il presidente ha parlato di 200 milioni di inoculazioni nei primi 100 giorni) a quelli di un’emigrazione massiccia che preme ai confini di casa e raggiunge picchi mai visti con condizioni di emergenza senza precedenti a causa dello smantellamento da parte di Trump – ha ribadito Biden – delle strutture di accoglienza, al controllo sulla vendita delle armi dopo i due fatti di sangue in Georgia e Colorado in meno di una settimana, ai rapporti internazionali.

Biden è stato pronto nelle risposte, ma misurato senza mai eccedere. Ha specificato, reiterandoli, i 3 motivi per cui ha corso per la presidenza. Ed è stato importante. Il primo quello di restituire dignità e orgoglio al paese dopo l’amministrazione Trump che invece lo aveva messo in ginocchio con le sue scelte avventate e pericolose; il secondo quello di risollevare il back bone del paese, cioè la sua classe media che in realtà è quella che lo ha costruito; e il terzo quello di riunificare un tessuto istituzionale diviso anche politicamente e talmente lacerato da fare dell’ostruzionismo parlamentare (il famoso filibustering) un uso eccessivo e pericoloso.  Ha poi promesso che i suoi sforzi immediati si concentreranno sull’intensificazione e la ricostruzione delle infrastrutture che creano posti di lavoro. Ricordando che la Cina spende tre volte quello che spendono gli Stati Uniti anche se non si occupa affatto dei criteri di protezione ambientale che invece dovranno essere rispettati quasi religiosamente se si vuole che il pianeta sopravviva. Ha parlato, oltreché delle grandi opere pubbliche, delle scuole, degli uffici, delle case che andranno ricostruiti e in molti casi modernizzate.

Sui rapporti internazionali si è rivolto soprattutto alla Cina mandando dei messaggi anche alla Russia quando ha accennato al fatto che gli Stati Uniti, peraltro – ha detto Biden – non esenti da colpe, non tollereranno nessun tipo di regime che coarti la libertà, i diritti civili e quelli umani. E ha fatto notare che adesso non si parla più di comunismo, ma solo di autocrazie come quella russa o quella cinese. Concludendo che anche le violazioni in vari territori a cominciare da quelli del mar della Cina per finire a quelli di Taiwan e di Hong Kong saranno sotto osservazione. Senza parlare delle persecuzioni di gruppi etnici come gli uiguri, la minoranza musulmana in Cina. Una pessima figura ha fatto l’ambasciatore cinese a Washington, Cui Tiankai che intervistato alla CNN da Christiane Amanpour su quelle persecuzioni ha detto che sono solo montature della stampa occidentale che mente e dà notizie false. Il solito refrain trito e ritrito da nomenklatura, in questo caso comunista.

Quindi la Cina, nella persona del suo leader «che non ha neanche un osso democratico nel suo corpo» – ha detto il presidente americano – deve ricordare che se in campo economico il confronto non esclude la competizione che deve tuttavia rispettare le regole, cosa che la Cina attualmente non fa, nessun leader può essere supportato se non tiene conto dei principi universali della democrazia. Il presidente Biden che appena finita la conferenza è andato in collegamento con i partner europei con i quali vuole riprendere i rapporti (con Trump arrivati a uno stallo), ha ribadito tuttavia che l’America lotterà contro comportamenti antidemocratici non solo a livello internazionale, ma anche interno, per non perdere legittimità di fronte ai suoi cittadini e al mondo.

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