Luca Fortis
L'arte contro il lockdown

Convivio libanese

Incontro con Raphaelle Macaron, fumettista di origine libanese che ha usato i cibi, le bevande (e la convivialità) nelle sue tavole per raccontare la socialità mediorientale. «Perché state insieme è un rito insostituibile»

La gastronomia libanese è da sempre iconica, ha influenzato quella di tutto il Medio Oriente. I libanesi non sono solamente famosi per la loro arte culinaria, ma anche per l’ospitalità. Oggi il paese vive una gravissima crisi economica, sociale, politica e sanitaria. Anche la Repubblica dei Cedri ha vissuto il suo lockdown. Mai come in questi momenti si comprende come la socialità e l’arte del cucinare, non sono rappresentazioni effimere di una civiltà, ma la base della cultura di un popolo. Lo stare insieme, condividere il tempo in un caffè, mentre si sorseggia una bevanda, cucinare per gli altri e mangiare insieme, sono momenti di scambio di emozioni, pensieri e riflessioni.

Può sembrare strano riflettere sul valore della tavola in un momento come questo, ma non è così. Sperimentare un lockdown o il distanziamento sociale, ha reso evidente a molte persone quanto l’essere umano sia un essere sociale e quanto non si debba mai dare per scontata la possibilità di abbracciarci o mangiare uno accanto all’altro.

Succedeoggi ha intervistato la fumettista libanese Raphaelle Macaron, per parlare dell’arte del convivio libanese e della crisi che sta vivendo il paese. Una situazione difficile, ma in cui possono nascere anche nuove energie. Raphaelle è nata e cresciuta a Beirut, in Libano, dove ha completato gli studi di illustrazione e fumetti. Dal 2012 lavora come freelance nell’illustrazione, nel fumetto e nel design. È un membro attivo del collettivo Samandal. Ama la musica, i concerti e colleziona dischi in modo impulsivo. Attualmente vive a Parigi, pur passando periodi dell’anno in Libano.

Ti sei da poco occupata di un progetto grafico sulla cucina e sui caffè libanesi, me ne parli?

Il gruppo Delia che gestisce diversi ristoranti e bar a Melbourne, in Australia, mi ha chiesto di creare dei manifesti sul cibo libanese. L’idea era quella di decorare il loro nuovo locale, il Maha Bar e mi hanno dato carta bianca. Avevano anche selezionato dei manifesti che avevo già esposto e che erano dei “falsi” manifesti turistici libanesi. Ho deciso di completare la serie facendo dei manifesti pubblicitari che raccontavano i benefici della cucina del mio paese.

Dove hai trovato ispirazione per i disegni?

Ho tratto ispirazione dai vecchi manifesti libanesi ed egiziani, che pubblicizzavano pub, film, ma anche concerti. In questi manifesti c’è spesso una tradizione estetica codificata. Si vede il prodotto e di solito c’è un personaggio che consuma il bene pubblicizzato in modo teatrale. Si gioca con l’alfabeto e i caratteri tipografici latini e arabi, così come si mescola il poetico con il kitsch. È una vera e propria Bibbia della grafica, davvero ricca e divertente. Mi sono anche molto ispirata alla grafica giapponese degli anni ’60 e ’70, per esempio ad artisti come Tadanori Yokoo, che è il mio idolo. Ha creato opere che hanno una ricerca della composizione davvero interessante e sorprendente, vi è molto movimento nelle sue opere.

Quali sono le pietanze e le bevande che hai scelto e perché?

Ho scelto l’Arak, la bevanda libanese, regina dei mezzé. Pur essendo vietata ai bambini, è sempre stata presente nei miei ricordi d’infanzia, perché fa durare il pasto ore e ore, a causa degli adulti che ne bevono troppa. Fin da piccola mi è sembrato un rito molto bello. Il modo in cui i bicchieri vengono tutti riempiti con un fondo di distillato di uva raccolta tardivamente e anice, assolutamente trasparente, che a contatto con l’acqua fredda, si gonfia e diventa bianco come il latte, ha un che di magico. Si crea come una “danza” tra la brocca, i bicchieri e le persone, anche la meticolosità del calcolo (1/3 Arak, 2/3 acqua) è molto poetica. Ti confesso che ho anche fatto questa scelta perché le bottiglie di Arak sono bellissime, spesso hanno etichette tra il blu e il verde e sono incise con motivi di tralci di vite. Avevo voglia di fare qualcosa tra l’ironico e il poetico, da cui lo slogan “Un bicchiere di Arak ti farà dimenticare le tue preoccupazioni” con dietro rappresentata una donna che piange discretamente bevendo

Che altra bevanda hai scelto?

La Jallab, una bevanda analcolica talmente dolce che puoi letteralmente “mangiarla” come dessert. È fatta con sciroppo d’uva e di datteri diluiti in acqua, con pinoli che galleggiano dentro. La si beve di solito durante il Ramadan, ma in realtà si può consumare tutto l’anno. Quando torno a Beirut d’estate, mi piace prendere una Jallab sulla “corniche” di Raouché. In agosto, il calore brucia sulla pelle e la Jallab è la bevanda più rinfrescante. La parte migliore è alla fine, quando metti il cucchiaio tra i cubetti di ghiaccio per mangiare i pinoli. I pezzi di ghiaccio si spezzano tra i denti.
Lo slogan “ta3 bawred” in arabo significa “vieni a rinfrescarti” e proviene da una vecchia pubblicità di bibite che mio padre ricorda negli anni della sua infanzia.

E tra i cibi?

Il Knafe, si tratta del cibo che i libanesi mangiano per colazione. È così pesante che può servirti come pasto per tutto il giorno. È fatto con formaggio sciolto e una crosta di semola cotta in uno sciroppo di zucchero e fiori d’arancio. Il tutto viene poi messo dentro un pane al sesamo. È la cura perfetta per i postumi della sbornia. C’è anche un “rituale” con cui viene tagliato e servito. Nelle pasticcerie orientali, le knefe vengono messe in piatti enormi e vengono tagliate in piccoli quadrati con una spatola piatta. Il pasticcere prende ogni fetta con la sua spatola e fa filare il formaggio più volte prima di gettarlo nel pane al sesamo. È un rito molto bello.

Hai rappresentato anche un forno.

Sì, un omaggio al forno “Saj”. È un forno rotondo, su cui si cuoce la man’ouché, una pasta sottile sulla quale si mette del formaggio o dello zaatar. Ciò che è molto bello in questo rituale è il modo di affinare la pasta. Il rito prevede un gesto e movimento di braccia che fa “girare” la pasta fino a farla diventare molto sottile. Questo è quello che ho cercato di mostrare nel disegno. “Arreb 3al tayyeb” è difficile da tradurre in italiano. Si potrebbe dire avvicinati e sarà buono, ma non coglie il gioco di parole arabo. La radice di tayyeb ha mille sottintesi legati al bene, alla bellezza e al piacere, quasi un piacere che sgorga o una descrizione della bontà d’anima di qualcuno. Nella pratica se ti avvicini bene per lavorare il pane sul forno, sarà buono, darà piacere. Il gioco di parole è proprio legato alle tante sfumature della parola tayyeb, sfumature che solo un arabo o un esperto arabista può cogliere nella sua completezza.

La situazione politica, sociale ed economica del Libano si fa sempre più complessa. Cosa ne pensi?

Non c’è molto da dire sulla situazione politica e sociale in Libano, a parte che va davvero molto male. La classe politica è estremamente corrotta e ha distrutto il nostro paese. In questi mesi si è anche aggiunta la crisi del Covid19. Ho però molta speranza in questa rivoluzione, iniziata in ottobre, che unisce per la prima volta diverse generazioni, classi sociali e religioni contro la classe politica, vera e propria reliquia degli anni della guerra civile. Vivo a Parigi da quattro anni ed è strano dovervi assistere da lontano. Cerco di impegnarmi il più possibile attraverso il mio lavoro.

Stai lavorando a un nuovo fumetto?

Attualmente sto lavorando a una “graphic novel”. È il frutto di un reportage che ho fatto insieme a Noël Mamère, giornalista, attivista ambientalista e politico francese, sul crollo del nostro mondo. Abbiamo incontrato persone in tutta la Francia che, dopo aver compreso che il mondo capitalista ci ha fatto sbattere contro un muro e che il cambiamento climatico è causato dalla società dei consumi, hanno deciso di cambiare vita. Il fumetto sarà una finestra verso quei modi di vivere alternativi che sono più in armonia con il mondo e la natura. La sua uscita è prevista in Francia nel settembre 2020.

https://www.raphaellemacaron.com/

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