Attilio Del Giudice
Una storia inedita (di camorra)

La signora Sisina

«E questa è la vita – ha detto la signora Sisina – uno magari sta felice, passa bei momenti, belle giornate serene, poi, all’improvviso, quando meno te lo aspetti, il destino ci gira le spalle e chi s’è visto, s’è visto»

Mi chiamo Tonino Mallardo, a scuola ci sono andato fino alla seconda media. Io e mio fratello siamo di Casavatore, comune di Napoli e siamo venuti a Roma quando morì nostra madre che diceva sempre che la fortuna si trova più facile nella capitale perché a Casavatore ci stanno solo l’invidia e le malelingue. Noi la fortuna non l’abbiamo trovata, abbiamo trovato solo un po’ di lavoro nel mercato della ristorazione, controllata dalla Camorra. Una fatica che cominciava la mattina presto, alle cinque, che, d’inverno, era ancora notte e ci dovevamo fornire delle verdure fresche ai mercati generali, dove due mammasantissimi facevano i prezzi sotto banco. Io e mio fratello caricavamo sul furgoncino e portavamo la roba al deposito che poi si doveva distribuire ai ristoranti in mattinata.

Mio fratello ha lasciato quarantatré euro, una fotografia di quando ha fatto il militare a Portogruaro, una catenina d’oro che ci aveva regalato zia Clotilde per la cresima e le lastre della tubercolosi, che la televisione diceva che in Italia era stata debellata. È morto ventisei giorni fa.

Nando, il padrone, ha detto: “Hai visto tuo fratello? È morto e mi ha lasciato in mezzo ai guai. Ora devi lavorare di più, se vuoi stare qui.”

E subito mi ha dato un nuovo incarico: siccome il furgoncino gli serve, dovevo portare in mattinata, a piedi, 28 bottiglie di prosecco dal banco di viale Marco Polo, dove arrivano, fino al deposito in fondo via Ostiense. Ho dovuto fare tre viaggi.

Invece la donna che sta con lui è una napoletana grassottella, che mi vuole bene e mi chiama: “schiavettiello” e dice che la faccio ridere e sono sfizioso, mi accarezza e mi dà i bacetti. Quando mi stringe sul petto, che è un pettone grosso, mi succede che il mio cosino si fa grande, io mi vergogno e spero che non ci faccia caso, ma lei l’altro giorno ci ha fatto caso.

“Che hai combinato, guaglio’?”

“Che ho combinato?”

“Ah, ma allora fai il furbo? Questo vedi?” E me lo ha stretto.

Io mi sono messo quasi a piangere, perché mi aveva scoperto.

“Vabbe’, per questa volta ti perdono, ma tu non parlarne mai con nessuno, che se lo viene a sapere Nando ci ammazza a tutt’e due, hai capito?  È un segreto tra noi, mi raccomando.”

Questa napoletana cicciottella si chiama Assunta, Assunta Varriale. Quasi tutti, però, la chiamano Sisina. Se viene qualche cliente, che già la conosce, la chiama: “Signora Sisina”. A lei, quando la chiamano signora Sisina, fa piacere e si vede, perché sfodera certi sorrisi e parla diversamente, che sembra una di un altro paese, tipo alta Italia. Con me, che la chiamo signora Sisina, invece, no, parla sempre con l’accento del suo paese vicino Napoli. La settimana scorsa mi ha detto che io porto sempre lo stesso calzone, che è pieno di macchie, che fa parecchio schifo e mi va pure largo, dato  che, quando mio fratello  me lo dette, era già largo e pure vecchio e consumato. “Se fai il bravo – ha detto la signora Sisina – te ne compro uno nuovo. Però se Nando ti domanda chi te lo ha dato, tu dici che te lo ha dato un tuo amico che si è fatto chiatto e non ci va più. Non dire che te l’ho comprato io, se no, mi ci fai appiccicà e tu lo sai che quello per qualunque fesseria, si incazza e vott ‘i mane.”

“Va bene, Signora, faccio come dite voi.”

Nel pomeriggio si è presentata con un paio di pantaloni verde pisello, che, dice, stavano parecchi euro al mercato e mi ha  detto che me li dovevo misurare con la cinta. Io sono andato nel bagno e me li sono messi. Come lunghezza mi vanno bene, però pure questi sono un po’ larghi. Lei, come mi ha visto, ha sorriso e ha detto: ”Schiavettie’ stai ‘na bellezza, pari un figurino. Girati, fai vedere dietro” – e mi ha toccato il sedere. “Qui vanno un po’ abbondanti, perché tu tieni il culo piccolo”. A me mi è venuto da ridere, perché lei come culo è super. Io mi metto vergogna, ma ce lo vorrei toccare pure io qualche volta.

***

Mercoledì, una settimana fa, era quasi la mezza, è arrivato uno tutto trafelato, vestito da signore però, coi guanti e col cappello come un attore e ha detto che doveva parlare con don Ferdinando, che sarebbe Nando, il padrone.

“Signora, mi scusi l’ora inopportuna”

“Mio marito non c’è, ma a momenti viene. Entrate, accomodatevi”. La signora Sisina lo ha fatto entrare, pure se il marito aveva detto un sacco di volte che non doveva fare entrare nessuno in casa “Che è pericoloso perché, Sisi’, c’è gente che ci vuole male”.

Secondo me la signora Sisina ha visto un bell’uomo, vestito di quella maniera, tutto scic, che parlava come tipo alta italia e non ci ha pensato due volte a farlo entrare.

“Voi siete un amico suo?”

“Si, ci conosciamo da quando stavamo alla scuola elementare, però siamo stati sempre in contatto, perché le amicizie antiche non si possono cancellare e vostro marito per me è come un fratello”

“Questo mi fa piacere. Mio marito si è scordato il cellulare nel bagno, se no lo chiamavo, però arriva presto, massimo all’una. Vi faccio un caffè?”

“No, grazie, l’ho già preso alla torrefazione Trombetta, vicino alla stazione, magari se mi offrite un bicchiere d’acqua vi sono grato.”

“Ecco qua, Ferrarelle, è un poco frizzante” – Ha detto la signora Sisina – e gli ha dato l’acqua”

“Ah, benissimo! Quando uno tiene sete, non c’è niente di meglio che un bicchiere di acqua fresca.”

“ Ah, questo è vero. Voi vi chiamate?”

“Tramontano, Carmine Tramontano. Sto nel commercio. Voi siete Sisina, è così? Io lo so come vi chiamate, perché quando vi siete sposata, io stavo in America, ma mia sorella in una lettera mi scrisse che Nando si era sposato a una certa Sisina di Succivo, molto bella”

“Molto bella? Vi ringrazio. Certo, quando ero ragazza, facevo girare la gente, ma mo la bellezza è più un ricordo che altro”.

“Ma voi scherzate? Mo state nel meglio e la gente la fate girare ancora. Siete una donna coi fiocchi,  speciale.”

La signora Sisina si è messa a ridere  “Speciale?” Guaglio’, hai sentito? So’ speciale… Questo ragazzo viene da Casavatore, lavora con noi. È un bravo ragazzo.”

“ Vieni da Casavatore? E come fai di nome?”

“Tonino”

“Tonino come?”

“ Tonino Mallardo”

***

“Mallardo… Questo nome non mi è nuovo. Io a Casavatore, quand’ero giovanotto, ci andavo quasi tutte le sere, perché là tenevo una ragazza, una fidanzata, che poi il destino ci ha voltato le spalle e lei si è sposata a un brigadiere dei carabinieri. E mo tengo questi amari ricordi di gioventù.”

“E questa è la vita – ha detto la signora Sisina – uno magari sta felice, passa bei momenti, belle giornate serene, poi, all’improvviso, quando meno te lo aspetti, il destino ci gira le spalle e chi s’è visto, s’è visto.”

“Avete proprio ragione, così è. Io l’avevo capito che eravate speciale  nell’aspetto e pure nei pensieri”

“Mo, mi fate arrossire…”

Mentre stavano a parlare di queste cose della vita, della fidanzata di Tramontano, del destino e compagnia bella, è arrivato Nando.

“Ue’, tu stai qua!” Ha detto Nando. E si sono abbracciati. “Da quanto tempo… Sei arrivato oggi da Napoli?”

“Da poco. Nando ti devo parlare, è importante, molto importante.”

“Sisì, vatti a fare due passi, lasciaci soli e portati ‘u guaglione. Tu resti a pranzo qua?”

“No, grazie. Non è possibile. Ti faccio l’ambasciata e me ne scappo, tengo il treno tra meno di un’ora e devo tornare a Napoli , se non voglio passare un guaio.”

Così io e la signora Sisina siamo usciti e non abbiamo saputo quale era l’ambasciata importante.

“Hai visto come è fatto mio marito? Io le cose importanti non le devo sapere e mi devo stare pure zitta, se no  lui dice che non sono fatti miei. Io devo solo pensare a cucinare, a pulire, a fare il bucato, a stirare, a lavare le mutande, eccetera, eccetera  e se di notte gli viene lo sfizio… è meglio che mi sto zitta…”

Ma la cosa che gli doveva dire Tramontano doveva essere veramente importante, tanto è che quando tornammo a casa, sul tavolo della cucina, trovammo un foglio dove stava scritto: “Non tengo il tempo di fermarmi per mangiare. Vado a Napoli con Carmine. Non torno stasera”.

“Assa fa’ a Dio! Meglio – disse la signora Sisina – così respiriamo un poco.”

***

La notizia che avevano ammazzato don Ferdinando, Nando, il marito della signora Sisina, arrivò presto, e la signora Sisina, quando tornò da Napoli, dove era andata per il riconoscimento all’obitorio, stava uscendo pazza dalla disperazione.

“Lo hanno sparato in faccia, in faccia! – gridava – che non si riconosceva più. Che s’era mischiato tutto: la bocca, gli occhi il naso. Quel naso bello che teneva, quegli occhi verdi che teneva, quei capelli neri neri, tutto una poltiglia. Due colpi di rivoltella, tutti e due in faccia a distanza ravvicinata.” E piangeva forte la signora Sisina.

“Non ci posso pensare! Non ci posso pensare! Il signor Tramontano, che faceva tanto ‘u scic, coi guanti gialli, il gentleman, che diceva che io stavo nel meglio e che facevo ancora girare la gente, il compagno di scuola… Bastardo, vigliacco, uomo di merda che se l’è portato a Napoli per farlo assassinare, per farlo uccidere  come un cane rognoso, per farlo sparare in faccia, per sfracellarlo, per renderlo irriconoscibile. Il povero marito mio, che aveva fatto di male? Era un tipo nervoso, ma perché doveva fare quella fine! ”

Piangeva forte, allora io per consolarla un poco, ho detto: “Si vede che il destino vi ha voltato le spalle”.

Mannaggia, ho sbagliato. Ha fatto un grido strano, simile a un ruggito di bestia, poi si è messa a piangere più forte. Ho pensato che era meglio se mi stavo zitto.

Piangeva e diceva: “Mi manca, mi manca!” E mentre diceva “Mi manca, mi manca” me lo stringeva forte, come quella volta che vi ho detto.

Io non sapevo che dovevo fare, poi mi sono fatto coraggio e ho detto: “Lo so, non era il momento, ma non è stato colpa mia, signora Sisina, si è fatto grande da solo, ve lo giuro.”

Lei stringeva sempre e continuava a dire: “Mi manca, mi manca.”

Quello che è successo dopo, non ve lo posso raccontare.

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Accanto al titolo: Pablo Picasso, ritratto di Marie-Thérèse Walter

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