Lidia Lombardi
A Santa Lucia del Gonfalone di Roma

Dante è un romanzo

Da anni, Luca Maria Spagnuolo racconta Dante, la Commedia e il mondo al quale il poema fa riferimento a un pubblico popolare. Risultato: giovani e meno giovani scoprono che la storia è più vicina di quanto credessero

Da sei anni, a gennaio e febbraio, si mette in cammino al fianco di Dante, lo legge, lo contestualizza, lo spalanca a un uditorio di duecento persone. Davvero può dirsi che Luca Maria Spagnuolo – campano di Avellino,  34 anni, laureato in storia dell’arte, cosmopolita per aver lavorato presso gallerie d’arte (New York, Berlino, Roma) – si sia inventato un lavoro, dopo aver perso quello degli inizi. È il lavoro del divulgatore del Sommo Poeta e soprattutto del suo mondo, un Trecento nel quale ci riesce difficile immergerci. Così Spagnuolo si è inventato un “format” che ha intitolato “Dante per tutti e le leggende medievali” portando con il patrocinio della Società Dante Alighieri la Divina Commedia e il Medioevo al centro di Roma. Gli incontri si svolgono infatti nella Cripta della Chiesa di Santa Lucia del Gonfalone, in via dei Banchi Vecchi 12. Un’ora a tu per tu con il maggiore poeta in lingua italiana, come avverrà oggi, giovedì 6 febbraio alle ore 19,30, a ingresso gratuito (l’appuntamento successivo sarà giovedì 20 febbraio). Secondo una scaletta densa eppure perspicua, tutta agìta dallo studioso campano. «Introduco il canto illustrandone la macrotematica – dice a Succedeoggi – e da questa spazio sulla leggenda medievale ad essa collegata. Per esempio, giovedì prossimo, il Canto I del Purgatorio, con il grande incontro con Catone l’Uticense, severo custode dell’umana libertà, quella che nel Paradiso terrestre era posseduta da Adamo ed Eva, conduce al nodo della libertà dello spirito, donata per grazia. Un’esperienza raccontata da Francesco d’Assisi e dalla mistica del Duecento Angela da Foligno, dei quali leggerò alcuni brani. Seguirà la lettura del Canto, una declamazione più che una teatralizzazione».

Spagnuolo, come è nata questa sua iniziativa?

Per caso. Mentre ero disoccupato come storico dell’arte, parlai con amici della mia passione per la Commedia e cominciai gli incontri nell’ambito di una piccola associazione culturale. All’inizio mi ascoltavano una ventina di persone, poi l’interesse crebbe, fu necessario uno spazio più grande, la Cripta appunto. Nella quale a ogni appuntamento partecipano duecento persone. Molti liceali accompagnati spesso dall’insegnante, universitari, pensionati ma anche quarantenni che ci raggiungono alla fine della giornata lavorativa. Ripeto, non si tratta di uno spettacolo ma dell’innesto di ciascun Canto in un aspetto della civiltà del tempo. Prendiamo l’episodio di Paolo e Francesca. Vi accosto la leggenda del monaco tentato nella carne dal demonio, tratta da testi in lingua volgare che rintraccio nelle biblioteche, inesauribile pozzo delle letture del ciclo. Può sembrare uno schema elitario e complicato: in realtà la proiezione di illustrazioni tratte dai testi antichi e delle stesse terzine dantesche che vado leggendo semplifica l’adesione di chi ascolta.

Una recente indagine ha reso noto che una grandissima parte degli studenti italiani non capisce quello che legge. I giovani che partecipano alle sue serate glielo confermano?

Guardi, sono molto curiosi, alla fine dell’incontro mi pongono domande assai profonde, al punto che talvolta non so rispondere. Ciò che manca ai liceali, credo, è l’esatta percezione storica di ciò che leggono. Per esempio, che cosa significa libertà nel Trecento. Insomma, gli viene meno il contesto temporale e ideologico della Commedia.

Ma a lei come è venuto il pallino per il poema di Alighieri?

Casualmente, o forse no. Mi trovavo a Berlino per lavoro, un periodo passato in solitudine. Nel tempo libero ho cominciato a leggere la Commedia, quasi per sentire le mie radici in terra straniera. Un’esigenza esistenziale, per rispondere alla domanda: chi sono? Un quesito al quale cerco risposta passando le mie giornate in biblioteca. Ciò che trovo lo restituisco al pubblico. E da questi incontri mi è pervenuta pure la visibilità che mi dà da vivere. Anche privati mi chiamano, vado in giro per l’Italia con il mio amato Dante.

Che cosa si aspetta dal Dante Day, appena istituito e che si terrà per la prima volta il 25 marzo?

Spero che sia l’occasione per riflettere su Dante, non per cercarne la modernità, secondo uno schema obsoleto e meccanico. Di Dante va scoperta l’antichità, appunto, ripeto, il suo tempo. Perché noi, suoi discendenti, siamo appunto prima antichi e poi moderni.

Sulla modernità di Dante insistono le letture della Commedia fatte da Roberto Benigni.

Benigni ha reso accessibile il poema ma io mi sento lontano dall’operazione di attualizzazione e politicizzazione. Sia inteso, senza nessuna critica, Benigni è Benigni, e lo può fare. Però preferisco di gran lunga il Dante restituito da Vittorio Gassman: indimenticabili il suo Ulisse, il suo conte Ugolino. Anche Carmelo Bene è interessante.

Per lei la strada verso l’antico passa dalle biblioteche. Che posti sono?

Posti meravigliosi, nei quali incontri personale disponibile e appassionato, anche se al cospetto di striminzite risorse. Il problema sta nella scarsa attenzione della politica, che non investe in questo settore: pensi che la Biblioteca Angelica, tra le maggiori del mondo, ricca di incunaboli con splendide illustrazioni, come del resto la Casanatense, è rimasta fino a pochi giorni fa e per molto tempo chiusa di pomeriggio per mancanza di impiegati, da assumere con apposito bando che però ha tardato assai ad arrivare. Pensi ancora che questi scrigni di conoscenza non hanno connessione internet. Eppure sono luoghi straordinari, dove ciascuno può, sapendone la collocazione, toccare con mano per esempio un manoscritto di Michelangelo. La biblioteca ti proietta nel passato, in un mondo antico che, ripeto, non bisogna sottovalutare. È nel nostro Dna, così come è nelle città italiane. Io sono diventato cittadino di Roma, la più carica di passato. Eppure vogliono spesso farla diventare solo e soltanto una smart city. Invece quello che è stata è quello che è e quello che sarà.

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