Attilio Del Giudice
Un racconto in forma di dialogo

Dialoghi degenerati

«Non piango, ma non posso condividere le tue idee. Questo materialismo fatto di luoghi comuni, di banalità, di sostanziale volgarità, senza un’ombra di spiritualità, di poesia, di tenerezza, non mi piace, mi rattrista»

– Non far vedere che guardi!

– Perché, che c’è di male?

– Non tutti vogliono essere osservati  e analizzati. Lo sai che quella da giovane era bellissima e ha partecipato a una finale di Miss Italia? Mia nonna mi ha detto  che era molto invidiata. Ora è vecchia, ma mi sembra più vispa di lui, non ti pare?

– Altroché! Lui è proprio malandato.

– Secondo te, chi ha inventato la vecchiaia?

– Ikea

– Non fare la spiritosa! Lo sai che faremo la stessa fine anche noi?

– Tu farai la stessa fine, io resterò sempre bella, simpatica e allegra, farò la velina e mi prendo un bel centrocampista  di Serie A.

– Beata te!

– Sai quando può guadagnare un centrocampista di Serie A?

– Ma i sentimenti, l’amore? Mia madre sostiene che alla base ci deve essere sempre l’amore. I soldi  non fanno la felicità. Quanti ricchi sono senza un briciolo di letizia, di umorismo. Quanti si sono suicidati.

– Secondo me si sono suicidati per fessaggine. Comunque tua madre appartiene a un’altra epoca, a un altro mondo e poi tu ci tieni veramente a fare la vita di merda, quando, magari, desideri  una borsa, un viaggio, un gioiello, un vestito elegante e non te li puoi permettere?

Ue’! Che fai, piangi? Ma sei  scema? Non ti sarai innamorata di qualche morto di fame?

– Non piango, ma non posso condividere le tue idee. Questo materialismo fatto di luoghi comuni, di banalità, di sostanziale volgarità, senza un’ombra di spiritualità, di poesia, di tenerezza, non mi piace, mi rattrista. Che mondo è questo?

– Ma non capisci che scherzavo? Sei  innamorata di uno senza arte né parte, dai, dimmi la verità! Confessa!  In ogni caso  non ti dispiacere, perché scherzavo. E poi veramente credevi  che ci facessero fare le veline e le mogli dei centrocampisti?  Proprio a noi?  Arriviamo  fresche fresche dalla provincia e ci aprono le porte della televisione, del successo e dei calciatori. Tua madre ha ragione, ci vuole la spiritualità.

Però, abbi pazienza, se capita…

– Se capita chi?

– Un centrocampista.

– Dai smettila! Noi dobbiamo pensare a costruirci un futuro, con le nostre forze, con lo studio, con la preparazione…

– Con una laurea naturalmente. E tu ci credi? Lo sai che conosco una, laureata con centodieci, che lavora in un call center e guadagna cinquecentocinquanta  euro al mese? Che ci fai con cinquecentocinquanta euro al mese? Ti compri le sigarette?

– Ma allora, secondo te, che dovremmo fare? Dovremmo venderci, fare le puttane?

– Io questo non l’ho detto. Però troppe illusioni non si devono coltivare. Tu, in testa, ti fai un sacco di filmini: la spiritualità, la preparazione, lo studio, manca solo la pace nel mondo… Io, se vogliamo parlare seriamente, dico una cosa semplice: dobbiamo stare con gli occhi aperti, se ci capita un’occasione, non ce la dobbiamo far scappare.

– Forse tu hai ragione, ma, per me, la prima cosa deve essere la coscienza, io voglio stare bene con la mia coscienza. Se faccio il mio dovere, mi sento a posto, pure se devo fare qualche sacrificio, qualche rinuncia.

– Tu, signorina, parli così, perché sei figlia di due professori universitari, in casa entrano due lauti stipendi  e i sacrifici non sai nemmeno dove stanno di casa. Da noi, invece… Beh, la situazione la conosci, anche se, per una come te, la vita che ha fatto mia madre, abbandonata dal marito con due figli piccoli, non è comprensibile, non tocca la tua sensibilità, non tocca  la spiritualità che sventoli come una bandiera. Sei un portento a fare la morale agli altri, ma, ragazza mia, per te è facile, troppo facile.

– Forse non ti accorgi che mi stai offendendo. Mi attribuisci scarsa sensibilità, un’attitudine al moralismo piccolo borghese. Mi sembra che tu sulla nostra amicizia ci sputi sopra. Vuoi chiudere la partita con me, vuoi che finisca una frequentazione che dura da anni?  Io la vita che ha fatto tua mamma, la capisco e come! So che ha fatto anche la serva per portare avanti la famiglia ed ha tutta la mia stima, tutta la mia solidarietà, ma per altre cose, permetti che non sono d’accordo, e non si tratta di moralismo meschino.

– Quali cose? A che ti riferisci?

– Non è meglio che il discorso lo chiudiamo qui?

– No, bellezza, ora tu mi dovrai dire le cose a cui ti riferisci.

– Le cose che si dicono in giro.

– Che si dice in giro?

– Lasciamo perdere!

– Non lasciamo perdere un cazzo, parla chiaro!

– Ma lo sai anche tu che tua madre è stata la mantenuta dell’avvocato Morcone, la cui moglie, la signora Rosaria, fu la protagonista di quello scandalo, che fece notizia per settimane e settimane.  Certo tu non c’entri, ma sei troppo intelligente per credere che non si sia saputo niente, specialmente in una piccola città come la nostra. Da noi vige la legge del passaparola e non credo che tu non te ne sia accorta.

– E va bene, allora vuoi che dica quello che penso? Mia madre ha fatto la mantenuta, ma  per necessità, per comprare il latte ai suoi figli, ma tua madre si fa chiavare dal professore Ricciuti, l’astro nascente,  l’assistente bello di Diritto Costituzionale,  per sfizio, perché le piace fottersi il giovanotto. C’è una bella differenza morale, cara mammoletta che fai le pulci alla povera gente, a chi ha avuto bisogno e non aveva possibilità di scelta. Ti devi lavare la bocca con l’ammoniaca, prima di sputare sentenze.

– Ma che dici, sei impazzita? Questa cosa di mia madre te la sei inventata di sana pianta.  Come ho potuto essere tua amica. Sei una vigliacca schifosa, mi fai ribrezzo, mi fai pena!

– Tu mi fai pena, quasi quanto mi fa pena quel cornutone di tuo padre.

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Accanto al titolo: Gianfranco Baruchello, «La piena dei sentimenti sembra indicare la prossima fine dei sentimenti in piena», 1972.

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