Tina Pane
Al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Progetto Terra

Salvare il Pianeta dall'autodistruzione è ancora possibile: ma occorre cambiare radicalmente la cultura dei consumi e della convivenza. Lo testimonia una mostra (molto coinvolgente) sull'effetto dei cambiamenti climatici

C’era una volta la terra, quella che Dio (o chi per lui) consegnò ad Adamo ed Eva dopo averla appositamente creata: un paradiso. E poi c’è l’uomo, che questa terra ha abitato e sfruttato, e che comincia a mettere in atto buone pratiche per cambiare il futuro. È questa, in estrema sintesi, la storia raccontata da Capire il cambiamento climatico, la “Experience Exhibition” ospitata dallo scorso 11 ottobre e fino alla fine di maggio 2020 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il percorso espositivo, articolato in quattro sale, cattura immediatamente il visitatore con la proiezione di centinaia di scatti e di filmati del National Geographic.

La prima sala offre la rappresentazione di una natura rigogliosa e gioiosa, un’alternarsi di cascate e foreste, di fiumi e canyon, di fondali marini e cime innevate, di cieli acquerellati e semi che diventano piante dove pinguini, foche, fenicotteri, pesci o leoni vivono in perfetta simbiosi con l’ambiente. La seconda sala racconta invece la devastazione del pianeta e gli effetti deleteri causati dalle attività umane. Sempre circondati da immagini proiettate simultaneamente su quattro pareti, vediamo animali sofferenti o morti, isole di plastica, ghiacciai che si sciolgono, aree urbane e industriali violentate dai fumi dell’inquinamento, fiumi e laghi prosciugati, incendi devastanti…tutta la disperazione di un ambiente sacrificato al progresso inteso come produzione, consumo, difficoltà di smaltimento di scorie e rifiuti, che oggi comincia a presentarci il conto. La terza sala ci pone domande attraverso giochi interattivi: siamo consapevoli di quanto i nostri gesti quotidiani influiscono sul cambiamento climatico? Sappiamo veramente come non sprecare acqua, come alimentarci correttamente, quali mezzi di trasporto preferire per incidere di meno sul fenomeno del riscaldamento globale? Nella quarta e ultima sala una profusione di dati e ricerche scientifici ci proiettano verso il futuro che ci attende: un pianeta che non morirà, non scomparirà, ma muterà inesorabilmente: avremo climi sempre più estremi, specie che si estingueranno, aumenti di malattie, una qualità di vita in progressivo peggioramento.

Il riscaldamento globale non è un’ipotesi per il futuro, ma un fenomeno già in atto, e l’homo sapiens ha ancora la possibilità di scegliere, di rallentare un processo che oggi è più evidente nelle zone povere della terra, sono le conclusioni a cui giunge Luca Mercalli, curatore scientifico della mostra. Mettere in relazione la siccità, la carestia e la fame con le cause della migrazione, trovare energie alternative, rafforzare i controlli sulle emissioni e gli scarichi industriali, concertare a livello mondiale interventi per rallentare il riscaldamento globale è competenza degli Stati: queste le possibili soluzioni. Ma quello che soprattutto occorre è un cambio di mentalità degli individui, smettere di fare spallucce pensando che i nostri comportamenti siano una goccia nel mare e acquisire in automatico le cosiddette pratiche virtuose. L’elenco è ormai noto: differenziare la spazzatura, ottimizzare i consumi di energia, risparmiare l’acqua, comprare prodotti sfusi, mangiare cibo di stagione, usare i mezzi pubblici, camminare o andare in bicicletta, riparare, riutilizzare, riciclare. Diventare alleati della terra e non smettere mai di essere opinione pubblica.

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