Tina Pane
Tappa in Spagna

Oportunitad Siviglia

Viaggio a Siviglia dove, oltre alle solite meraviglie turistiche, è sempre possibile trovare una perfetta fusione tra passato e futuro. Una città "moderna" che si preoccupa di garantire occasioni di vita

Siviglia, sotto le feste di fine anno, si veste di belle luminarie natalizie e di drappi rossi con al centro il Niño appesi alle ringhiere dei balconi. Per strada è facile incontrare piccoli cori di adulti che cantano coinvolgenti canzoni religiose, mentre nei mercatini delle piazze principali si vendono gli articoli per addobbare le case e naturalmente le statuine del presepe, che in spagnolo si chiama Belén.

Nella maggior parte delle innumerevoli chiese, quasi tutte barocche e con interni ridondanti di decorazioni, le funzioni domenicali sono molto affollate e le statue della Madonna si stagliano opulente di ori e broccati colorati, in un’iconografia un po’ diversa da quella a cui siamo abituati.

Il fiume Guadalquivir, che contiene come in un triangolo il cuore antico della città, è contornato da ampi viali dove le auto e gli autobus possono correre veloci. Sui larghi marciapiede del lungofiume nel 92 furono sistemati i padiglioni dell’Expo e queste lunghe e ariose passeggiate oggi ospitano chioschi e baretti che a favore di sole consentono piacevoli soste a base delle immancabili tapas.

All’interno del centro storico è tutto un reticolo di stradine e di vicoli, spesso protetti dalla ZTL. Qui la vita scorre quasi perpetua, offrendo a residenti e turisti una grande varietà di negozi, bar, ristoranti, piccoli alberghi e Casa de Flamenco che promettono di avere l’esclusiva delle migliori ballerine. Di mattina non è difficile trovare piccoli mercati di ortofrutta, di spezie, di embutidos (insaccati) mentre i supermercati di quartiere espongono le offerte del jamon (prosciutto) che anche venduto intero non costa mai meno di 30 euro al chilo.

Sulle facciate dei palazzi, a due o tre piani, predominano il bianco contornato di giallo e i colori pastello, e spesso gli stretti balconcini sono totalmente incorniciati da inferriate. Dietro i portoni si aprono patii silenziosi e ricchi di piante e la maggior parte degli alberi urbani sono aranci, in questa stagione stracarichi di frutti. La sensazione generale è di grande vitalità, ma anche di pulizia e decoro, nonostante la folla, il vocio, la quantità incredibile di localini minuscoli fuori ai quali la gente si incontra per bere e chiacchierare.

Le vie dello shopping, affollate di persone e di insegne, non sono monopolizzate dai grandi marchi, ma lasciano spazio a negozi storici e a molte catene spagnole. La metro non c’è, ma gli autobus hanno corse frequenti, anche dopo la mezzanotte.

Le file per entrare alla Cattedrale e al Real Alcazar sono lunghe e ordinate, si sente parlare italiano, francese, tedesco, ma sono tanti anche i turisti giapponesi e cinesi. Le due principali attrattive della città sono entrambe nel loro genere un inno alla grandiosità, alla ricchezza, allo sfoggio di opere d’arte, di ori e materiali preziosi, insomma il tangibile segno di un impero che dopo essersi liberato degli Arabi cercò di superarli in maestosità e magnificenza.

La cattedrale, seconda solo a San Pietro per dimensioni, non fa pensare a un luogo di culto ma piuttosto a un mastodontico museo; è uno spazio che disorienta e che porta a chiedersi se tutta la ricchezza e il lavoro profusi per realizzarla non avrebbero trovato destinazione migliore, e sempre a maggior gloria di Dio, in opere di carità. È invece bella l’ascesa al campanile della Giralda, che con i suoi 34 tornanti e 17 gradini porta a osservare la città da quasi cento metri di altezza.

Anche il Real Alcazar, l’originaria Fortezza dei Mori, sembra non finire mai: più volte ampliata insieme ai suoi stupefacenti Giardini, è un altro luogo che genera stupore, e che narra la storia di Siviglia, incrocio di culture, di stili e di religioni.

Plaza de España, uno spettacolare spazio architettonico, costruito per l’Esposizione ibero-americana del 1929, è il terzo, e più recente, spazio monumentale di grandi dimensioni. Con 170 metri di diametro e 50.000 mq di superficie, coi suoi canali, i quattro ponti e i 48 stalli con decorazioni in ceramica dedicati alle 48 province spagnole, dice veramente tanto sulla mentalità coloniale di un paese che pochi anni dopo sarebbe finito nell’incubo della guerra civile. Ora è un luogo, sempre affollatissimo, di passeggiate da fine settimana. Coppiette, famiglie, sposi calano dai quartieri periferici per noleggiare la barchetta e fare il giro dei canali, per il servizio fotografico del matrimonio, per ammirare la coppia di ballerini di flamenco che si esibisce senza interruzione su una pedana di compensato.

Oltre il fiume, nell’antico quartiere di Triana, dove l’afflusso turistico è minore, ancora resistono piccole fabbriche di ceramica, ma i negozianti non fanno nulla per invogliare all’acquisto e neppure consentono di fare fotografie. Qui all’architettura d’epoca si affianca quella popolare, c’è più sporcizia e meno ricchezza, e piuttosto che l’ennesima statua a Colombo troviamo una piccola targa che ricorda una donna del quartiere che ha speso la sua breve vita a favore degli emarginati. Sull’autobus diretto all’aeroporto la prospettiva si allarga sulla città nuova, fatta di strade larghe, centri commerciali, edilizia in cemento armato: un’ordinata, quasi ridente periferia che accoglie il milione e mezzo di abitanti di Siviglia e della sua conurbazione.

Non è difficile, ci accorgiamo, arrivare a una sintesi, trovare una sola parola che sintetizzi la percezione di questa città: Siviglia è moderna. Valorizza e sfrutta il suo straordinario passato, per oltre sette secoli permeato dalla cultura araba, vende le sue tradizioni andaluse (il flamenco, i ventagli, le riproduzioni delle ceramiche sulle tazze, le sciarpe, le borse e qualsiasi altra superficie utile), sistema la sua Università nell’enorme edificio che fu la Real Fabrica de Tabaco, smorza l’eccesso dei suoi edifici monumentali con un costo della vita molto accessibile.

Ce lo conferma Matteo, trentenne di Frosinone, che ha rilevato, insieme alla sua compagna spagnola, un’antica abacería (rivendita di legumi) trasformandola in una tienda de comida, dove a prezzi contenuti offre un’ottima selezione di salumi, formaggi e piatti veloci della cucina locale. «Se fossi rimasto a casa mia – ci dice – ora starei ancora a fare le consegne per Just Eat».

In questa lingua così simile alla nostra, la parola oportunitad ha ancora un senso.

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