Raffaella Resch
In mostra a Milano

L’arte inquieta di Franco Cardinali

L'esposizione a Palazzo dei Giureconsulti è un'occasione per riscoprire la figura e l'opera di un artista irregolare, prototipo dell'autonomia e dell'indipendenza artistica. Sostenuto da Prevért e da Cocteau, a contatto con i più grandi pittori del '900, il suo percorso è un inseguimento della forma per dare configurazione al caos

Un caso curioso nel panorama dell’arte contemporanea è quello di Franco Cardinali (Rapallo, 1926 – Saint Paul de Vence, 1985) a cui il Palazzo dei Giureconsulti di Milano dedica una mostra fino al 14 febbraio 2019 (Franco Cardinali. Inquietudine necessaria). Artista pressoché autoditta e spirito brillante, Cardinali, pur partecipando ai più importanti circoli artistici del suo tempo, sfugge alle etichette e rifugge dalle consacrazioni, addirittura rifiuta il sostegno di mecenati, come accade nel periodo finale del suo lavoro, quando avverte che si vuole incasellare il suo ruolo. Nella parabola della sua esistenza Cardinali si è ritagliato spazi propri e originali, in senso fisico, spaziale, e anche in senso artistico. Vi sono alcuni punti di riferimento per capire il personaggio, come l’École de Paris, la vasta costellazione di artisti e intellettuali che operarono nella capitale francese tra le due guerre, i famosi patrocinatori come Prevért e Cocteau, e infine la conoscenza di Picasso, che lo avvicina alla tecnica ceramica. Ma in realtà Cardinali non ha una geolocalizzazione precisa nel firmamento artistico dei suoi tempi, non ha punti cardinali, mi si perdoni il gioco di parole, perché non li vuole avere: la sua ricerca gli impone di essere ramingo. Egli è il prototipo dell’autonomia e indipendenza artistica, sia nelle scelte pittoriche che nella vita. Amici e promotori non fanno che alimentare quella grande forza di propulsione tutta sua, una determinazione interiore assoluta che lo porta dalla natia Rapallo, a Milano dove espone alla Galleria San Babila nel 1953, e poi nel centro gravitazionale dell’Europa, la Parigi dei primi anni 50, dove spiccano i massimi artisti del ‘900 come Giacometti, Chagall, Mirò, e tanti altri, con cui lo stesso Cardinali si trova a esporre nella mostra sull’École de Paris organizzata da Raymond Nacenta nel 1955.

Cardinali è schivo eppure mondano, compiace i collezionisti e le gallerie, ma poi ne ha abbastanza e vuole ritornare alle origini. Così dopo Parigi e la Costa Azzurra porta la famiglia a vivere in un paese a mille metri d’altitudine in Centro Italia, La Rocca della Verna, dove sorge il Santuario della Verna, uno dei primi conventi eremitici francescani voluti da San Francesco d’Assisi, che si recò in quei luoghi nel primo decennio del 1200. Cardinali e la moglie, Marie Claude Barthélemy, costruiscono una casa atelier al cui ingresso è posto un tronco-totem come simbolo propiziatorio, su cui vengono incastonati gli attrezzi di lavoro dei contadini del luogo e corna di bue. Inspiegabilmente, tutto ciò non gli basta ancora e, saturate tutte le possibili scelte, compreso un rientro in extremis in Francia, Cardinali si toglie la vita a 59 anni. Al cospetto di questi misteri che segnano l’esistenza degli artisti, vengono in mente le parole di Charles Baudelaire nella poesia Morte degli artisti dalla raccolta Fiori del male da cui estraggo queste parole: vi sono alcuni artisti «che mai conobbero il loro Idolo (…) e che hanno una sola speranza (…) che la Morte, librandosi come un sole novello, faccia sbocciare i fiori del loro cervello!».

In mostra è presentato uno spaccato della produzione di Cardinali, mentre una selezione più ampia delle collezioni per così dire storiche, quella dell’Archivio di famiglia e dei collezionisti a lui più vicini, sono quasi per intero riprodotte nel catalogo pubblicato da Scalpendi in edizione italiana e inglese. Come dice Prévert: «Molti pittori, oggi, dipingono tutti insieme, ognuno per suo conto, più o meno la stessa cosa: dal canto suo Cardinali – è un suo diritto e un suo piacere – dipinge dell’altro». La linea pittorica di Cardinali segue diversi stili, difficilmente incasellabili, pur con delle reminescenze ad artisti del periodo. Se inizialmente parte dal figurativo con opere che ricordano figure picassiane o modiglianesche, subito, fin dai primi anni 60, utilizza un registro informale materico dove al primo posto spicca lo studio dei materiali, la definizione della loro densità sul piano della tela, l’equilibrio dei volumi sporgenti, modellabili come opere ceramiche. Rimane la forma, pur diluita, o per meglio dire quasi dissolta nella materia di cui si compone: bestiari allucinati e curiosi, stratificazioni geologiche di paesaggi caliginosi, crepuscolari, baciati dal brillio dell’alba o dall’ultimo raggio di una stella morente. Spesso la superficie delle opere appare come un’epidermide su cui leggere il passare del tempo, delle ere geologiche: vediamo scarificazioni, essudazioni, effetti di inceneritura ottenuti con un uso particolare della pittura nera, e tagli netti in profondi e geometrici cretti.

Una tecnica particolare, di cui purtroppo non si sono rintracciate le opere, è il papier froissé, la carta accartocciata, che Cardinali realizza con cartoncini compressi con un gesto incapricciato, e poi disposti su un supporto: una sorta di divertissement disperato, in cui l’artista esprime tutta la sua insoddisfazione sistematica nell’inseguimento della forma, nel tentativo di dare una configurazione, un inquadramento al caos. I soggetti della pittura di Cardinali, che erano indifferentemente nature morte o figure umane, dalla fine degli anni 70 sono tratti da un cosmo più ampio, dove le falesie delle coste francesi sembrano terre di pianeti lontani, mentre astri ancora per poco incandescenti dilavano in una materia brillante, rigonfia di colore. Il suo intento sembra quello di ricreare la plasticità tridimensionale della scultura, mischiando sabbia a caseina in uno strato materico denso e facilmente modellabile, su cui incidere onde, erigere rilievi sinuosi. Le sue opere sono solcate da tracce iridescenti, come la rena della spiaggia dopo l’onda, o come vibrazioni luminose di quelle stelle sferiche che dipinge fin dagli anni Sessanta. L’osservazione della natura ha da sempre una grande parte nell’opera di Cardinali, sedotto dai paesaggi come dalla vita biologica, e molte delle sue tele sono degli apologhi sull’incontro con uno scorcio naturalistico o un essere vivente: e così vediamo albe, tramonti, pesci e creature cristallizzati emersi da una fossilizzazione antica.

 

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