Andrea Carraro
Improvvisi

Il mare bagna Napoli

Una recensione in forma di lettera personale: "Ferropoli" di Nando Vitali è un libro intimamente napoletano ma senza banali cartoline. Viaggio nel mito, andata e ritorno

Caro Nando Vitali, ho finito Ferropoli (Castelvecchi), e mi sono confermato nella lettura un po’ sbrigativa che avevo fatto prima della pubblicazione. È davvero bello, forte e ricco di poesia, come del resto lo sono anche gli altri tuoi che conosco. Ti confesso che ho dovuto finirlo prima di capire che l’io narrante è il Mare, o un qualche dio marino (almeno così l’ho inteso), grande idea, che dà a tutto il racconto una luce diversa, direi mitica se non mitologica, che ben si attaglia alla forma da tragedia classica che assumerà in via definitiva nel finale. Lontanissimo da ogni “napoletaneria” (per usare un’espressione felice di Domenico Rea), da ogni immagine rassicurante e retorica della napoletanità, è un libro davvero e profondamente e dolorosamente napoletano, nell’accensione lirica di certi passaggi, nel fatto che vita e morte (i vivi e i morti) convivono in un rapporto osmotico, e così pure realtà e sogno, anima e corpo (crudamente descritto), santità e dannazione ecc…

Ho dovuto finirlo, anche, prima di capire il senso di quelle pagine iniziali, che mi sembrano una sorta di ouverture malinconica e anche nostalgica (una nostalgia senza miele) prima del dramma vero e proprio, nel quale tutti i temi e i personaggi del romanzo fanno una loro fugace apparizione: la Fabbrica, il mare, le due coppie di amici strette in un vincolo di sangue, gli anni 70, Bagnoli, e soprattutto la musica rock come collante…. La prosa è barocca, ma mai ridondante, sorvegliatissima, sontuosamente metaforica – ma anche comunicativa. Agghiacciante, nel suo simbolismo, verso la fine, quel sesso sanguinolento lanciato fuori della finestra, a suggellare una tragedia che permea tutta la narrazione e che viene anche annunciata più volte in modo obliquo nel prologo. Inaspettato l’inserto, breve ma assai denso, della Francia – della Normandia (o Bretagna?) – che apre al finale tragico e è un tassello fondamentale di tutta la vicenda. Insomma, davvero un gran bel romanzo che sono orgoglioso di aver contribuito nel mio piccolo a promuovere presso La Castelvecchi.

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Accanto al titolo: Piergiorgio Branzi, Vicolo di Napoli, 1957.

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