Alberto Fraccacreta
A proposito del “Cattivo profeta”

Libero Bianciardi

Il Saggiatore raccoglie in volume tutte le opere di Luciano Bianciardi e torna d'attualità la sua forza sovversiva in un mondo che, comunque, aveva bisogno di etichette per conquistare la propria identità

Ben pochi scrittori – e pochi poeti – posso permettersi il lusso di essere liberi. Secondo l’interpretazione di Luciana Bianciardi, secondogenita dell’omonimo scrittore, la libertà (e in particolare la libertà propria di suo padre) consiste nel «ribaltare tutto ciò che si è faticosamente raggiunto». E in una conferenza del ’97 racconta un aneddoto che in qualche modo conferma come, nel carattere dell’autore grossetano, la teoria si accordi alla pratica. Sera di riunioni alla Feltrinelli. Arriva il presidente, alias il Giaguaro, «fresco di doccia, appoggia il suo bellissimo cappotto di cammello di fianco a quello del Bianciardi» e comincia a parlare senza sosta di giustizia sociale. «Mio padre non ne può più, alla fine si alza – gelo, perché non ci si poteva alzare quando parlava il padrone – guarda quel suo cappotto liso, batte la mano sul tavolo, prende il cappotto del Feltrinelli, se lo infila, si pavoneggia un attimo, si volta, poi alza il pugno e dice: viva la lotta di classe, ed esce». La “voce del padrone” si fa sentire – non per questo episodio, bensì per incompatibilità al lavoro editoriale –, lo scrittore viene licenziato ma continua a collaborare esternamente (e con maggior profitto) alle traduzioni.

Luciano Bianciardi è davvero una persona libera, uno che può rifiutare una collaborazione fissa – offerta per altro da Indro Montanelli – al Corriere della Sera. Uno a cui il tour della Vita agra nauseò per la ripetizione meccanica, la scarsa plasticità della situazione. È libero, privo di etichette (cade dunque anche l’anarchico, che è comunque un’etichetta), con tutte le contraddizioni e le acquiescenti avversità che questa parola comporta. Il cattivo profeta (a cura di Luciana Bianciardi, prefazione di Matteo Marchesini, il Saggiatore, pp. 1482, € 62,00) è allora una sliding door non solo sull’opera e sulla vita di questo desdichado di cui sono presentati cronologicamente e divisi in tre sezioni i romanzi, i racconti, i saggi e i diari, ma anche e soprattutto una prova di quanto, nel secondo dopoguerra, sotterrate le bandierine e i mannequins di sorta, rimanga l’attestazione di una positiva ignavia ideologica. E qui Bianciardi, a ben vedere, è in buona compagnia.

Quando Pasolini, recensendo Satura, definì Montale «teppista borghese e frequentatore di grandi alberghi», gli fece tutto sommato un complimento. È appunto un “teppismo intellettuale”, non sempre chiaro né sempre capace di colpire eticamente il bersaglio, che lega Montale a Gadda e Gadda a Bianciardi, quella volontà cioè di ribaltare gli schemi e le acquisizioni («tutto ciò che si è faticosamente raggiunto»), di corteggiare velatamente l’establishment culturale di appartenenza e, al contempo, coglierne le contraddizioni per dichiarare infine una sostanziale inappartenenza, un segnale di estraneità non privo di autoflagellazioni e larvali sensi di colpa. Il “gaddismo classicista”, individuato da Marchesini, si pone su questa linea. «Di qualunque cosa parli, Bianciardi rifiuta di eludere l’ingombro irriducibile della propria biografia, trasposta in satura ma mai dissolta in astrazione, e per questo destinata a ferire chi gli sta vicino». Uomo di provincia e fuori dalla sua epoca – con il viso sempre rivolto al trasognato Risorgimento –, Bianciardi inaugura e anticipa la leggerezza del poligrafo (scrive di calcio e politica sul Guerin Sportivo, di televisione su ABC con TeleBianciardi), l’intellettualismo di una buona midcult che può ancora mettere in relazione la scena del diluvio nel Trattato della pittura di Leonardo con alcune visioni cinematografiche, fino a sostenere che «l’arte, tutte le arti, tendono alla condizione del cinema». Il suo lavoro culturale è calato nelle cose, addirittura negli eventi (il libro-inchiesta I minatori della Maremma, 1956) e nei fenomeni oscuri della società in fermento (l’industria editoriale nell’Integrazione, 1959), ma dietro al potente schiaffo dell’ironia non di rado è intravedibile l’insofferenza verso alcuni aspetti non risolti dell’interiorità.

La vita agra (1962), senza dubbio la maggiore opera di Bianciardi, è un lungo ignorare – o demandare ad altro momento – la crepa minatoria esistenziale, la fame di risposte a esigenze concrete (il fatto vero) che pian piano diventa voragine e si chiude ne varietur con nietzschiani problemi corporali. L’assecondare una spiritualità assente è il segno di un’alienazione che lo scrittore toscano considerava probabilmente definitiva e consacrata. Unica pausa concessa ai “problemi di lavoro” è il progetto di vendetta per i minatori morti, che si perde però nelle brume dell’autofiction. Ecco allora che espressioni come «calzolai hegeliani», «eversore in pectore di torracchioni», l’uso esasperato del gergo, il pastiche linguistico del traduttore sono emblemi di una libertà spirituale di fuga contro le costrizioni del quotidiano, e fanno parte di quel gaddismo che improvvisamente vira in direzione dell’ucronia. Aprire il fuoco (1969) è l’allostoria (storia alternativa) dell’insurrezione contro gli austriaci durante le cinque giornate di Milano. Più che il tema in sé, è interessante il genere: non la visione utopistica (immaginaria?), ma appunto quella alternativa al reale, quella che sprizza di una luce superba. Mi si consenta il parallelo con una pagina dei Diari universitari datata al gennaio del ’41 e intitolata La “di nessuno”: «Mi piaci così, come potresti essere, sorridente, piena di luce e di bontà, ma forse non sei così: forse il tuo sorriso è il mio stesso sorriso riflesso in un magico specchio, forse la luce ch’io vedo nei tuoi occhi è soltanto in me, nelle mie pupille contratte di astigmatico». E invece no: era proprio così, è questa la più bella ucronia. Che esista nell’altro e la si riesca a scorgere una luce alternativa, non meno vera, oltre il visibile. È questa la più grande libertà.

Facebooktwitterlinkedin