Nando Vitali
Italia, primo agosto/16

Quella volta che Anna passò

«Attraversò il campo visivo sussultando nel corpo e gli occhi unghiati fecero il resto. Mi guardò torcendo l’esile collo e mi sorrise. Di colpo andai a sbattere con la testa contro il vetro di bottiglia nella quale ero rinchiuso»

Quella volta che Anna passò furono faville, e d’un tratto si formò dentro l’amore. Primo amore. Primo dolore. E cominciarono le notti bianche e le attese.

Ero seduto sugli scalini di una sala da barbiere contemplando le scarpe storpiate dalle interminabili partite di pallone. Appena rimediate e risuolate con pezzi di cartone all’interno che duravano appena il tempo di una giornata.

Il caldo era forte. I pomeriggi al Biliardo, fra l’odore dell’umidità frollata nel piscio e nel fumo di sigaretta, l’olio nero delle stecche del calcio balilla di continuo rafforzate da sputi saponosi, erano di una vuotezza disperata.

Ma poi passò Anna.

Verde medusa nell’abitino leggero sulle esili gambe abbronzate, e il corpo di una magrezza sassosa. Così bella di bellezza mattiniera, sul viso ambrato nella cornice dei capelli neri, uno scialle d’artista sulle spalle irrequiete.

Attraversò il campo visivo sussultando nel corpo e gli occhi unghiati fecero il resto.

Mi guardò torcendo l’esile collo e mi sorrise. Di colpo andai a sbattere con la testa contro il vetro di bottiglia nella quale ero rinchiuso. Il cuore si perse appresso a lei.

Bagnoli d’estate diventa malinconica e si rannicchia. Tutti vanno al mare a gettarsi nelle onde di catrame, fra lo stridio dei gabbiani e le zanzare che calano a forbice sulle carni indifese, esposte nella macelleria della spiaggia in un groviglio di natiche e seni. Bambini esaltati all’idea dell’acqua che cominciano a fiutare da lontano, scendendo a frotte dalle strade, gonfi di canotti e salvagenti, le facce congestionate e qualcuno senza scarpe.

Bagnoli odore di gomma e salsedine.

Ma per me Anna profumò di oleandro e cioccolato. Veniva dalla discendenza sacra delle donne fatali. A quattordici anni lo si è per un presagio segreto che ti accompagna.

Quella volta che Anna passò cominciarono gli appostamenti e i segnali alla finestra che volevano dire “sto scendendo”. Poi appariva con la barboncina nera dal pelo luccicante come crine di cavallo. Una scusa per vederci e passeggiare in silenzio.

Questo si chiama rapimento d’anima. Così infatti fu per me.

E a quel pontone di vicolo non poteva non esserci Cupido con la freccia avvelenata.

Di quell’agosto resta la foto nitida di un pensiero appena innervosito, come impresso sulla carne e sotto al guanciale, se è vero che dopo cinquant’anni torna a farsi a volte sogno, protestando per quella vita mancata.

Come Abbey Road dovrebbero metterci a quella strada e a quel passaggio, l’obbligo di una targa. Di lì passò Anna che cambiò per sempre la vita di… e di quell’estate di garzoni, officine, pallone, fabbrica e cantieri, e di future chitarre che tentarono di dare risposta a quel primo amore miseramente perduto, per finire poi nel cancello rotto di queste pagine. A cavallo di una illusione e la fumosa insegna  di una freccia che indica la rotazione forzata verso altre direzioni.

Quella volta che Anna passò fu il primo pugno in faccia della vita. Molti altri ne seguirono, ma quello non si è mai del tutto smorzato.

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