Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Il Principe e un addio

Trovatore dell’età del rock, Claudio Pozzani danza sulla pagina, la fa tornare viva, frusciante. Anche se racconta di un amore e di un congedo straziante, i suoi versi non rinunciano mai alla vita

È il Principe Azzurro italiano della Poesia. La ama tutta, ha fatto di Genova, con i suoi Festival, la capitale mondiale della poesia. In un bailamme veramente genovese, in cui si accalcano canti, tamburiate, nacchere, percussioni, musiche, balli, film, filmati, luci, pozzanate, azioni sceniche, troneggia la poesia. A Genova, Pozzani, che non è certo un viziato riccone, ma un appassionato e disinteressato viaggiatore nel tempo, nei paesi, e nei luoghi della poesia, e deve far fronte ai tagli continui e tremendi alla cultura, ha portato e porta il meglio, in mezzo a tanto felice e quasi sempre creante casino. Walcott, Soyinka, Pozzani va a cena con i Nobel della letteratura come Briatore con le top model. Abbiamo anche un’altra Italia, quella di Colombo, Mazzini, Pozzani, genovesi.
I grandi scrittori amano tornare a Genova (una delle città più belle mai esistite, negletta dagli italiani, amata solo dai pazzi e dai poeti come Campana, Caproni, Valery, il sottoscritto) per leggere a Palazzo Ducale e pranzare o cenare con Pozzani. Memorabile il pranzo che Alvaro Mutis, il magico scrittore figlio di ambasciatore, volle ripetuto per sé e signora, e il fortunato sottoscritto, a casa dei genitori di Pozzani.
Ho scritto, quando compì cinquant’anni, «Claudio Pozzani da oggi sarà un cinquantenne ma resta quello che è: un bel ragazzo. Che ama la poesia, l’avventura, la vita. Che vive la vita e fa vita. Se avessimo uno come lui ministro della Cultura avremmo qualche casino (qualche data spostata o ripristinata, etc), ma avremmo la Cultura. Disinteressata, giovanile, sorgente, piena di movimento, curiosità, passion». Come scrivevo e ora ribadisco, Pozzani è poeta. L’ho incluso in una mia antologia di poesia e teatro, Bona vox, che fa suonare tra poesia e teatro voci nuove e innovative, Bortolussi, Rafanelli, Morasso, Pagni, la poesia torna in scena.
Pozzani danza sulla pagina con il ritmo della sua voce da poeta blues, canta narrando, sincopando, altro che rapper, è un trovatore dell’età del rock. Incontenibile sulla scena, la sua poesia vive anche, in pieno, sulla pagina, la fa muovere, la fa tornare viva, frusciante. Come in questa bellissima lirica di congedo a un amore, straziante ma vivente, sempre. Il Principe Azzurro della poesia sa dire addio. Mai si rassegna a dire no alla vita.

 

pozzani

Breaking News

È una frullata di muri acciaio e cristallo

ciò che bevono i miei occhi

Nell’aria ballano ancora

vibrazioni oblique

e vespe cattive

che vane cercano l’Itaca al loro volo

e stanche si lasciano cadere

tra i roveti neri

Tu sei nel tuo soggiorno di mogano chiaro

sette fusi lontana

sorseggiando Verlaine e vino rosso

ma quaggiù

amore mio

è una flora rugginosa

di tondini fuori dal cemento

come bucaneve d’inferno

Non accendere la Tv,

non infliggere alla quieta stanza

le grida azzurrine

che spaccherebbero il tuo sorriso

che aprirebbero di colpo la tua mano

facendo cadere il bicchiere

riproponendo sul tuo tappeto

ciò che ho in mezzo al mio petto squarciato

Non accendere la Tv,

non sai ancora nulla della polvere

che è nuvola che non si piove,

nulla delle grida

che serrano come cappi

cuori orecchie e sguardi,

nulla di bambole

che guardano fisse

armadi sfondati

e incesti improvvisi tra pavimenti e soffitti

Non accendere la Tv,

non voglio che i singhiozzi di violini

sappiano di sangue e macerie,

che il tuo vino si confonda

con le campane cadute

Me ne sto andando

sul tappeto volante

di una barella scomoda

tra cinghie che mi stringono

e cielo che mi sfiora

Una corolla mi abbraccia

di caotico silenzio,

mani che spingono la lettiga

che sovrappongo a quelle decise

di mia madre al supermarket

mani con flebo

che diventano di mio nonno

che travasava vino nel casolare di pietra

Vedo nella pioggia di sguardi su di me

che il mio tempo sta per mettere punto

sarò solo benzina sprecata a sirene spiegate

una fenditura superflua nel muro di folla

Non accendere la Tv,

amore mio

finisci quel calice per me

per quel brindisi che domattina

saprai diventato per sempre impossibile,

leggimi di Verlaine una poesia qualsiasi

oppure quella contro la Natura ostile e cattiva

Pensavo di vivere abbastanza

per farti felice

È bastato appena un brivido di terra

per scardinarmi il fiato.

Quanto futuro sprecato.

Claudio Pozzani

 

manifestoGiornate dense di incontri ed eventi al 22° Festival Internazionale di Poesia “Parole spalancate 2016”, in corso a Genova fino al 19 giugno. Una rassegna iniziata nel 1995 con un format esemplare e felicemente esportato in vari paesi del mondo. Un carnet fitto di appuntamenti disseminati in tutta la città tra cinema, musica, azioni sceniche, balli e molta poesia. Info: www.festivalpoesia.org

 

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