Vincenzo Nuzzo
Cartolina da Lisbona

Cercando Atlantide

Roma e i celti. Poi i “liguri”, gli imperi antichi e quelli moderni. Infine i sogni e le illusioni nate sul fondo del mare. A cercare le origini dei portoghesi si finisce sempre nel cuore dell'Europa

Lisbona con le sue bancarelle di libri ci può dire molto più che solo su sé stessa. Ci può dire infatti chi veramente sono i portoghesi ed il Portogallo. È insomma un altro modo, questo, di inseguire quel mistero dei libri di cui ho già parlato. Qui si tratta di un libro che, non appena visto, si lascia comprare immediatamente solo per il suo titolo: Portugal não è ibérico (Fran Paxeco, Rodrigues Lisboa 1932). E l’iniziale sorpresa si dissolve subito dopo, perché risulta evidente che essa proveniva solo da una vera e propria usurpazione onomastica: il nome della penisola iberica è nome semplicemente abusivo. Perché l’etnia ibera non era altro che una delle tante del luogo.

Ma c’è molto più che questo, e questo di più finisce per spiegare poi veramente tutto.

Le cose, in sé abbastanza complesse, ruotano infatti intorno a due fatti: 1) l’insieme di eventi che fin dall’inizio si mossero intorno alla storia di Roma dal lato però nord-occidentale e non sud-orientale d’Europa; 2) l’esistenza di una vastissima estensione di popoli più o meno celtici, che allora, con il nome generico di liguri, popolavano le zone rivierasche del Mediterraneo occidentale. L’odierna Liguria italiana, insomma, non sarebbe che il minuscolo nucleo dell’immensa realtà razziale di allora. E però questi liguri non erano poi nemmeno veramente celti, bensì, sembra, in origine degli ariani pre-celti che avevano colonizzato l’Europa molto prima di quelli che oggi passano per i veri e propri celti. In ogni caso essi costituivano un assetto molto antico dell’Europa e del Mediterraneo, un assetto che sembra risalire fino ai primordii del I millennio aC e forse anche oltre. In altre parole erano ben anteriori a Roma. Ma intorno al VII secolo aC vi fu una vera e propria invasione celtica ed anche germanica (teuto-celtica), e questa si aggiunse all’assetto precedente, determinando così l’aspetto del mondo di popoli che da questo lato poi ruotò intorno a Roma. Insomma inizia proprio da qui il fatto che i portoghesi si lasciano intuitivamente assimilare ai celti.

Fatto sta che intorno a Roma e al mondo europeo sud-orientale ruotava, distribuito intorno al Mediterraneo, questo insieme di popoli (globalmente identificati come liguri) che poi occupavano tutte le terre da lì all’Atlantico (dalla penisola iberica alla Gallia). Per la precisione la zona lusa della penisola iberica si estendeva allora dall’attuale Portogallo alle attuali regioni spagnole di Galizia, Asturia, Vasconia, Estremadura ed Andalusia. La metà dell’attuale Spagna. La verità sui primordii, dice l’autore, risale però alle conoscenze successive al periplo fenicio (VI sec aC) della penisola iberica (forse sta proprio qui l’Ulisse fondatore di Lisbona), che furono poi ereditate da geografi e storici greci e latini (Erodoto, Strabone, Eratostene). Esse testimoniano per una terra rivierasca di nome Ofiusa, abitata da vari popoli tutti più o meno liguri. Ebbene su tale base, ciò che poi risalta entro una vasta letteratura antropologica lusa ‒  che in questo libro vede al suo centro Teofilo Braga (letteratura che poi avrebbe reso un gran servigio al nazionalismo luso in tutte le sue forme, incluso ovviamente O Estado Novo di Salazar) ‒, pone in luce una fondamentale dualità razziale e culturale originaria nella penisola iberica. Si tratterebbe della distinzione tra popoli di razza lusa (tipo lusitânico) e popolo di razza íbera (tipo ibérico), due vere e proprie «razze primitive». La prima proveniente da un’originaria razza nordica pre-celtica (discesa progressivamente dal Baltico lungo la linea costiera fino alle attuali coste portoghesi), e corrispondente propriamente appunto ai liguri, la seconda proveniente invece da una razza meridionale, ovvero «africani bianchi» che popolarono l’intera Europa mediterranea (Italia compresa). C’è da arguire dunque, anche se un po’ alla lontana, una fondamentale somiglianza di fondo delle razze del Sud Italia con quelle propriamente spagnole (íbere) da un lato, e delle razze del Nord Italia (tra cui i veri e proprio nostri liguri regionali) con quelle propriamente luse.

I conti più o meno tornano rispetto all’impressione di sostanziale estraneità del carattere luso a quello medio-sud-italiano. In precedenti reportages identificavo quest’ultimo con la cultura latina e greca (affermando che i portoghesi non sono nell’uno né l’altro), ma evidentemente vi è una dimensione ancora più profonda della differenza. Differenza che è evidentemente propriamente razziale. Dove sia poi da collocare in tutto ciò la Roma così indo-europea di Dumezil, è difficile dirlo. Viene spontaneo pensare che nemmeno essa appartenga alla sfera delle razze sud-italiane, la quale, oltre che greca (nel senso ovviamente meno acaico, cioè meno indo-europeo), sembra infatti essere fondamentalmente afro-mediterranea. Il che spiega perfettamente la differenza (nella somiglianza) di Napoli e Lisbona.

Sempre, ovviamente, che le congetture esposte in questo libro siano corrette, e non invece un po’ troppo influenzate dall’atavica ostilità che divide portoghesi e spagnoli. Ed in ogni caso qualcosa di vero ci deve essere, visto che la differenza tra i due popoli è evidentissima nonostante vengano identificati entrambi con una comune ibericità. Ma con tutto ciò tornano i conti anche nel fatto che i portoghesi, anche se solo confidenzialmente, identificano negativamente in comune italiani e spagnoli (gratificandoli dello sprezzante appellativo di zigános). È del tutto ovvio, comunque, che non ha alcun senso tutto il potenziale razzismo sempre incluso in ricognizioni di differenze razziali come queste.

Le mie, del resto, non sono affatto considerazioni che abbiamo la minima pretesa di avere alcun valore di scientificità antropologica. Come lo erano invece quelle dell’autore del libro e di Teófilo Braga (in opposizione alla tesi di Alexandre Herculano di un’unità luso-iberica sulla base della comune identità gota ed in opposizione alle tesi dello Jubainville di una comune identità celtica dei due popoli). Io mi limito appena a seguire a fiuto le impressioni che vengono dal luogo ed i libri mi aiutano a comprenderle meglio. Questo è tutto.

In ogni caso questo libro (che mi sono guardato bene dal leggere tutto perché interessa in realtà solo gli studiosi di antropologia) mi sembra confermi sostanzialmente : ‒1) la specificità dell’identità lusa (come ligure, ovvero pre-celtica prima ancora che celtica) ; 2) la sua profonda differenza dall’identità sud-mediterranea e vagamente greco-latina ; 3) la sua triplice affinità germanica (per le origini baltiche dei liguri, per la successiva invasione teuto-celtica, e per la finale invasione gota). Cosa che rende assolutamente secondaria la multipla identità arabo-giudaica che invece si tende attribuire a questo popolo in base alla storia più recente.

E questo direi che spiega perfettamente ciò che qui un italiano del sud può cogliere letteralmente nell’aria. Del resto salta immediatamente all’occhio anche solo geograficamente che il Portogallo non è affatto iberico. Esso non è infatti che una stretta fascia costiera abbarbicata alle montagne che la dividono dalla Spagna. Insomma un pezzo di terra che di per sé minaccia continuamente di scivolare nell’Atlantico (forse è così che si spiega il famoso terremoto?). Al quale il Portogallo appartiene dunque da sempre.

Che, con tutto ciò, c’entri anche la mitica Atlantide? Insomma solo divagazioni…

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