Vincenzo Nuzzo
Parla il filosofo e scrittore portoghese

Pensare la vita

«Io sono convinto che l’uomo si lasci guidare dalle utopie. Sono state queste, e non il pragmatismo, a permettergli di costruire quanto di meglio la società possiede»: incontro con Miguel Real

Pur senza il suo consenso, direi che Miguel Real (scrittore e Professore di Filosofia al CLEPUL della Faculdade de Letras de Lisboa) rientra pienamente nella tradizione dei filosofi-poeti. E non a caso, perché Lisbona è una città che sempre si è lasciata pensare, oltre che sentire. Pessoa, infatti, come il nostro Leopardi, è stato senz’altro uno tra i più grandi filosofi-poeti.

È in questo spirito che incontro Miguel Real accanto al ridente laghetto del caffè do Jardin da Estrela. Una delle coordinate del vero e proprio reticolo meditativo che si sovrappone alla cartina della città come un’aggiuntiva topografia costituita dalle infinite case di Fernando. E così uno dei suoi più forti pensieri poetici e visionari, il «Quinto Impero» (Mensagem), aleggia qui tutt’intorno. Insieme al relativo fantasma dell’imperatore Dom Sebastião. Direi che Real nel reticolo vi rientra appieno con l’intera sua opera. Che non a caso sboccia e fiorisce in una città che, da Ulisse in poi (e passando per Camões), non ha fatto altro che voler essere raccontata e pensata. Nel bene e nel male. Infatti, ho conosciuto Miguel Real come scrittore proprio attraverso il suo splendido racconto sul male stesso, e cioè il  terremoto del 1755 («A voz da terra»). È la storia intrecciata di un emigrante di ritorno, il brasiliano Julio Telles Fernandes, e di una vittima delle locali persecuzioni anti-semite, Violante Diaz. A quest’opera fa da perfetto contraltare il suo così dostoevskijano «Nova teoria sobre o Mal». Ma lasciamo finalmente parlare Real stesso attraverso le domande che gli ho posto.

Professor Miguel Real, come collocherebbe «A voz da terra» nello scenario dell’attuale letteratura portoghese ed in rapporto alle urgenze culturali dell’attuale società? E direbbe che con esso si pensa in modo letterariamente creativo?».

Lo collocherei senz’altro entro la nuova onda del romanzo storico di carattere post-moderno, realista e profondamente anti-romantico. Ma proprio perché il realismo medita sui fatti, esso implica anche l’espressione fortemente creativa della  narrazione.

Direbbe che il libro intende dare un determinato senso simbolico al mistero del terremoto in rapporto poi al più generale tema del male?

Sì! Qui ci si riferisce direttamente alla revisione illuminista, a proposito delle catastrofi naturali, del concetto di Male quale punizione di Dio e quale penitenza umana a causa della disobbedienza ai precetti cattolici. Era in fondo la stessa visione del Marquês de Pombal, radicalmente opposta com’era a quella di padre Gabriel Malagrida.

In quale parte della sua opera lei ha toccato i misteri e miti dell’identità portoghese, e come vedrebbe la posizione odierna del paese verso le ex-colonie entro le missioni storiche che proprio questi miti affidavano all’antico Reino?

miguel real2Penso a tre miei libri fondamentali – Portugal. Ser e Representação; Agostinho da Silva e a Cultura Portuguesa e O Pensamento Português (1890 – 2010). Qui mi sono soffermato sulla straordinaria forza ancora esercitata dal mito provvidenzialista nel bel mezzo del razionalismo tecnologico che ha espugnato la nazione nel corso del XX secolo. Tutto ciò vive nelle stesse Apparizioni di Fátima, così come anche nell’opera di diversi autori : Sampaio Bruno, Teixeira de Pascoaes, F. Pessoa, Agostinho da Silva, Dalila Pereira da Costa, António Quadros, António Telmo, Paulo Borges, Manuel J. Gandra e Pedros Martins. Gli ultimi tre già del XXI secolo. A questi aggiungerei poi anche gli autori ex-coloniali (Noémia de Sousa, Germano Almeida, Mia Couto, Pepetela, Ondjaki…), che hanno  profondamente rivitalizzato la Lingua Portoghese dilatandone anche non poco l’orizzonte letterario.

Ma quale posto occupa nella sua opera l’eredità di Fernando Pessoa?

Siccome non sono un poeta, nei miei libri c’è molto meno il Pessoa esoterico e molto più invece quello critico, sebastianista e quinto-imperialista.

Professor Miguel Real, davanti alla così possente opera gesuita in Brasile sulle tracce di Padre Vieira, cosa ne pensa lei delle promesse di un tale ordine ideale ed utopico ispirato alla giustizia sacra ed alla solidarietà sociale? Anche in relazione alle estreme sfide del moderno iper-capitalismo, edonista e globalizzante? Pensa insomma che la moderna infelicità possa essere ricondotta alla disintegrazione sociale e spirituale da essi provocate?

Io sono convinto che l’uomo si lasci guidare proprio dalle utopie. E dunque sono state solo queste, e non il pragmatismo, a permettergli di costruire quanto di meglio la società possiede (casa, scuola, lavoro per tutti, felicità generalizzata…). Nel caso portoghese si tratta dell’utopia del Quinto Impero. Essa non significa che la profezia debba realizzarsi. E però essa senz’altro orientò ed orienta la personalità del popolo portoghese. Quanto poi al Capitalismo, direi che esso è la degradazione attuale del Protestantesimo, laddove il valore-danaro si sovrappone a tutti gli altri valori.

Pensa che abbia ancora valore la lettura di tutto questo così come fatta, entro una teoria del male, da filosofi-poeti quale Dostoevskij?

Sì, concordo con la teoria dostoevskijana del male come pulsione psichica intrinseca e costitutiva dell’uomo. Alla quale bisogna dunque opporsi combattendola con la teoria utopica di un uomo idealmente buono.

Mi dica, Professor Real, pensa che esista per davvero una differenza antropologica e culturale tra identità lusa ed identità ispanica, mediterranea e greca? E, se sì, pensa che essa abbia esercitato un ruolo nell’antica lotta anti-islamica del popolo portoghese?

Direi che l’essenza dell’identità lusa sta nella costante permanenza in essa di una trascendenza sacra. Il suo nome fu proprio quello di Quinto Impero, e come tale essa è stata purtroppo sconfitta dalla tecnocrazia europea.

Dunque pensa che si possa vedere proprio in questo il ruolo attuale del Portogallo nella relazione con il mondo e con le antiche colonie?

Sì, direi proprio che il messaggio attuale di questo sacro mito etnico è quello di promuovere oggi uno spazio geografico ed etico di mutua comprensione, specie nel rispetto dell’evoluzione specifica di ciascuna delle colonie. Fu proprio questo che insorse con la CPLP – Comunidade de Países da Língua Portuguesa. Poi purtroppo imbastardita da interessi economici.

Ma a proposito del sacro, non pensa lei che la sempre così dominante Teologia Dogmatica cattolica abbia paradossalmente spinto la cultura portoghese verso un attuale laicismo tendenzialmente anti-religioso?

Non posso essere che d’accordo con la sua critica alla teologia dogmatica.

Veniamo infine alla nostra filosofia. Professore, non pensa che la moderna filosofia (gnoseologica scientifica, utilitarista, ed anti-umanista), nel dimenticarsi del tema dell’Essere, si sia anche troppo allontanata dalla comune prassi umana, dall’esperienza della bellezza, dalla prassi morale e dalla spiritualità? E non pensa che invece i platonici thaumázein (meraviglia) e pathos (passione) siano ancora fondamentali nell’essere filosofo”?

Io direi proprio che la Filosofia è il pane e l’acqua della nostra mente. Senza di essa moriremmo continuamente di fame e sete. Quanto poi all’ontologia, essa deve tornare ad essere legata all’etica ed alla politica. Tutte le volte che questi tre vertici della filosofia resteranno tra loro disconnessi, l’uomo resterà vittima del disequilibrio. E così il male fatalmente irromperà per ognuna delle brecce della società.

Bene, Professor Real, non posso che ringraziarla infinitamente per le sue così stimolanti ed illuminanti risposte alle mie domande. Obrigadissimo!

Sou eu que lhe agradeço, Vincenzo. Obrigado!

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