Ilaria Palomba
Un libro pubblicato da Elliot

Lo zoo allegorico

Il nuovo romanzo di Marilù Oliva, “Lo zoo" è un duro esempio di realismo magico italiano: un balletto di mostri e carnefici per raccontare una società morente

Lo Zoo di Marilù Oliva (Elliot, 2015, pp. 189, 15 euro) è una grande allegoria sulla ferocia umana, i rapporti di dominio e la diversità. Sette creature deformi vengono rinchiuse in una tenuta salentina e tenute in gabbia da una sadica Contessa (con i suoi mastini Brad e Pitt) piena di lifting, per essere sottoposte a esperimenti di chirurgia plastica dal suo amante, chirurgo di bassa lega, Tommaseo, in collaborazione con l’illustre professor Solennità. Abbiamo poi i guardiani o carcerieri: Quinn Palmer, uomo meschino e fallito, sempre connesso ai social, che critica il potere a parole ma è pronto a vendersi ogni momento; Rafael: che compassionevolmente si occupa dei prigionieri, portando loro cibo, acqua e lavandoli. Le donne: Zarita, showgirl che fino alle ultime pagine sembrerà essere solo un personaggio-macchietta ma poi rivelerà una stravolta e stravolgente saggezza nascosta, proveniente dal mistero della sua stessa non conformità, e Tittina, la domestica, la serva di famiglia insomma, con il classico ambivalente sentimento di prostrazione e risentimento nei confronti della padrona. Non potevano mancare gli uomini politici: un sindaco mafioso che la Contessa pensa bene di manovrare a suo piacimento e il figlio del sindaco, personaggio ambiguo, a suo modo squallido, drogato ma figlio di papà, il cui unico sogno è ereditare il potere paterno e sposare la bella showgirl.

lo zoo di marilù olivaVeniamo ai prigionieri: freaks, diversi, a loro modo osceni, sette, come i peccati capitali ma il cui unico peccato è stato nascere in corpi non conformi ai dettami estetici dell’oggi. Esposti in pubblica piazza come animali allo zoo, torturati chirurgicamente, resi fenomeni da baraccone, costretti alla prigionia solo per il capriccio di una nobile viziata e crudele che non accetta la propria senescenza. A ognuno di loro in particolare è legato un capitolo: L’Uomo Scimmia è uno strano cinese irsuto; la Donna Anfora, una malcapitata dal viso dolce ma senza braccia; L’Angelo, un ermafrodita narciso; El Pequeno, un nano devoto all’alcool; la Strega, una vecchietta bisbetica, irriverente e a suo modo oracolare; La Sirena, una meravigliosa donnina nata con una malformazione degli arti inferiori; Il Ciclope, un gigante con un occhio solo.

Lo Zoo è indubbiamente un libro duro e feroce ma non nichilista, non disperante, al contrario, è una immersione radicale negli abissi dell’umano e del disumano, con un capovolgimento di ruoli. I veri mostri figurano infine essere i normali e i riferimenti letterari e filosofici non mancano: da Nietzsche a De Sade, da Fedro a Andersen, da Borges a Lynch, a metà strada tra romanzo di latino realismo magico, favola, mito e allegoria, scritto con un linguaggio complesso e a tratti barocco, riassume in sé il compito fiabesco e insieme filosofico di riportare la giustizia in un mondo (proprio come il nostro) in cui i valori sono completamente invertiti.

Marilù Oliva ha osato, con grande coraggio, mettere in mostra i vizi e le virtù della nostra epoca attraverso una letteratura alta e visionaria che contesta, ferisce ma non si spreca in facili accuse né invettive politiche. Va oltre il politico questo libro, verte sull’esistenziale, sulle verità ultime che sempre sono in bilico tra l’emersione visionaria e l’ironia della sorte.

«La Donna Anfora si meraviglia ancora una volta di come, se si esclude El Pequeno, che comunque sbraita senza criterio, ciascuno dei diseredati finiti qui sembri aver accettato la propria sorte. Forse qualcuno non pare d’accordo con la condizione imposta, ma non si mobilita per la rivolta. Il Ciclope ad esempio. Non presenta alcuna forma di ritardo, è un ercole pieno di muscoli, barba e capelli: perché non si adira e tenta di spaccare tutto?».

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