Pier Mario Fasanotti
Un romanzo di Longanesi

La difficile vecchiaia

Matteo Collura pubblica "La badante", una storia complessa dedicata al rapporto tra età e desiderio, tra ricordi e progetti. Un rapporto che ci accompagna alla fine...

Un serrato e profondo, spesso rabbioso, colloquio con la morte in agguato. A volte in presenza di altri, a volte in forma solipsistica. Senza mai cadere nel banale, nello scontato, nel dejavue. Questo il nucleo dell’ottimo romanzo di Matteo Collura che dopo il brillante esordio con Associazione indigenti, (Einaudi, riproposto poco tempo fa dalla Tea) si è occupato di Sicilia (l’autore è agrigentino trapiantato a Milano) e di siciliani, diventando uno dei maggiori esperti di Leonardo Sciascia, di cui fu sempre molto amico. Il protagonista de La badante, questo il titolo edito da Longanesi (206 pag., 17,60 euro) è Italo Gorini, 83 anni, in carrozzella per sua scelta (potrebbe anche camminare, sia pure a stento vista la forte artrosi deformante: per questo, a causa di un vezzo o dell’orgoglio estetico, porta sempre i guanti): è un ex professore universitario dalla cultura molto classica molto vasta. Vive agiatamente, è istrionico e sferzante, ha l’arroganza di chi vuole sfidare il Creatore. Assieme a lui una colf, la sorella Maddalena (presente a casa sua fino a sera) e la badante Paula, quarantenne romena nata, come lui, in Libia fino alla cacciata degli italiani da «quel buco del mondo».

Rimugina sul «minaccioso capolinea», ma al tempo stesso desidera «essere sveglio» quando incontrerà «la signora in nero». Il saccente Italo si pone dietro lo scudo della cultura, cita Cioran, Flaiano, Borges, Tolstoj, autori greco-romani. Si autocommisera definendosi «un clown desolato, involontariamente ridicolo», dolorosamente consapevole che la vita è «un cattivo gioco» e che la malattia è condizione “umiliante”. Unitamente avverte al suo fianco il crudele e veloce cambio generazionale, come quando si fa accompagnare fuori dal figlio Saverio (disoccupato e sempre connesso allo smart-phone, provocatamente chiassoso se lasciato aperto), rientrando poi tra le sue mura disgustato e frastornato. In casa s’avverte la comunque dolorosa consapevolezza del mutamento generazionale. Sempre lucidissima la cornice che racchiude l’amatissimo volto della moglie scomparsa, Margherita la quale, una volta tornato in Italia nullafacente o quasi, lo aiutò in modo decisivo a compiere il cursus di docente universitario.

La badante_Cop.inddItalo è ferocemente laico, «così lontano dal credo religioso che quel papa (degnamente, il professore avrebbe ammesso in seguito) con umiltà non studiata si adoperava a diffondere». A volte è romantico, pur nel suo irredimibile egotismo. Ricorda una frase del pontefice Francesco: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Si direbbe che persino la luna stasera si è affrettata – osservatela in alto – a guardare questo spettacolo». Italo ama il discretissimo chiarore della luna, sotto il quale alla fine si spegnerà la sua esistenza, dolente e istrionica. Collura annota: «Gli accadeva di piangere. Era autentica commozione, la sua, anche se non suscitata dal cuore (di questo era certo, e ne faceva anzi un motivo di vanto), bensì dal suo acutissimo senso estetico. C’è in Italo un insaziabile bisogno di bellezza, di armonia. Un giorno s’era appartato biascicando quella che poteva assomigliare a una preghiera: a chi o a che cosa, non sapeva bene, per colpa di una straziante solitudine. Alla sorella, una sera tardi dice: “Dovremmo essere grati alla luna, perché non illumina soltanto le notti buie, ma noi stessi, dentro… ci dà una speranza la luna”». Aggiunge, ricordando il padre, il fascino intellettuale di Pirandello, con la sua attenzione maniacale per il satellite della Terra. Scrive l’autore: «Maddalena a quel punto si sottrasse a quella che considerò una capricciosa minaccia d’indottrinamento fuori orario».

Ma Italo non si ferma. Chiama la badante Paula e il figlio e chiede: «Come fa quel passo dell’Enrico IV?». Continua da solo, socchiudendo gli occhi: «…Si dovrebbe poter comandare alla luna un bel raggio decorativo… giova a noi, giova alla luna». Si alza dalla sedia a rotella e Paula subito accorre, aiutandolo a rimettersi a sedere. La badante, che apprezza la sua memoria culturale, commenta così: «Quando in cielo non si vede la luna, a me è come mancasse qualcosa, dottore». E lui: «A me capita esattamente lo stesso». È un’affinità sotterranea e crescente, foriera di altro. Come quando Italo scopre che la romena Paula ha lasciato su una sedia un libro di Cioran. Col medico personale si lascia andare a confidenze-domande più schiettamente maschili. A proposito di sesso, il medico dice: «…insomma, per essere chiari, perché pretendere di avere il pene ritto quando si fa fatica persino a impugnare una forchetta». L’argomento base era la malattia. Il comportamento e le limitazioni dei malati «che fanno tenerezza». E ancora: «Professor Gorini, siamo tutti fatti sgradevolmente, dentro. Anzi, se lei, per ipotesi, mettesse una sua ecografia accanto a quella signora di là, non ci sarebbe alcuna differenza. Entrambe mostrerebbero una realtà ripugnante». Di rimando Italo, farfugliando: «Oddone, l’abate di Cluny». E poi: «Io, caro dottore, ripugnante lo sono anche fuori…».

Insomma, con la badante Paula s’accorge di avere pulsioni erotiche. Un turbamento sottile, malizioso, la cui prepotenza però annebbia la rassegnazione. Un giorno tenta, sia pure con garbo, un approccio fisico. La donna si ritrae con immediato ribrezzo. Finché un giorno sarà lei a fargli fa una rivelazione choc (non possiamo e non vogliamo rivelarlo ai lettori per non guastare la bellezza architettonica del romanzo di Collura; anche se ci dispiace). Rivelazione che lo destabilizza, accelerando, forse, il percorso verso l’Alzheimer. Comunque tutto cambia nella geografia dei affetti. La sua memoria torna a Bengasi. E sa di dover prendere una decisione importante. Assopimenti e ansietà si alternano. Italo si dice, prima di morire, che «l’inconscio se ne frega di ciò che si pensa da svegli, quando si è padroni dei propri pensieri».

Facebooktwitterlinkedin