Marco Fiorletta
Quando la storia torna d'attualità

Io sono anarchico?

Il manuale «L’abc dell’anarco-comunismo» dell'anarchico russo Alexander Berkman ci aiuta a orizzontarci nei meandri di un'antica nobiltà politica

Già abbiamo parlato dei luoghi comuni della rete con «Gramsci si rigira nella tomba» frequente tanto quanto «Io sono anarchico»: entrambe le allocuzioni il più delle volte, se non tutte, lasciano vedere un’ignoranza di fondo sull’anarchismo, il comunismo e tante altre cose. Dovremmo essere una nazione piena di anarco-comunisti se solo sommassimo coloro che utilizzano le due frasi. Invece no, siamo un paese pieno di qualunquisti, populisti e fondamentalmente destrorsi, d’altronde basta guardarsi intorno per rendersi conto del panorama politico. Capi e capetti che corrono da soli convinti di aver ragione ad ogni costo e seguaci pronti a giustificare qualsiasi castroneria venga detta o fatta.

Io sono anarchico il più delle volte corrisponde a un malcelato mi faccio i fatti miei, in tutti i sensi. Allora non sarebbe male, per costoro ma anche per chi ha voglia di approfondire un mondo sottovalutato e mistificato, approfittare del nuovo libro edito dalla casa editrice Nova Delphi, L’abc dell’anarco-comunismo di Alexander Berkman, 339 pagine 15€ la versione cartacea. Il libro è impreziosito dalla prefazione di Emma Goldman, che di Berkman fu amica e compagna, con alti e bassi, fino agli ultimi istanti della sua vita, e da un saggio di Roberto Carocci che inquadra l’autore nel periodo storico e nel variegato mondo dell’anarchia americana e non solo. Carocci fa un excursus nel pensiero dell’autore, anche delle sue posizioni verso la Rivoluzione d’Ottobre che Berkman considererà un grande evento ma da cui prenderà poi le distanze e lo segue fino alla fine dei suoi giorni. Una vita piena e avventurosa, fatta di grandi ideali e sofferenze a cui metterà fine quando la salute è sul punto di abbandonarlo.

L’abc dell’anarco-comunismo di Alexander BerkmanEmigrato giovanissimo in America Berkman, nato da una famiglia ebrea in Lituania, si trova subito immerso nelle lotte sindacali americane che spesso, se non sempre, sfociavano in cruenti scontri dove la polizia non esitava a sparare dando il via a ripicche altrettanto sanguinose. Proprio una di queste reazioni portò Berkman, che teorizzava la possibilità di azioni violente, in carcere con una condanna a ventidue anni di detenzione, ridotti poi a quattordici, per aver sparato al magnate Frick che aveva licenziato tutti i suoi operai perché non accettavano una drastica riduzione dei loro compensi. Berkman pagò il ferimento di Frick non solo con il carcere ma anche con l’ostracismo di una parte del movimento anarchico.

L’abc dell’anarco-comunismo si rivolge con semplicità, ma non semplicisticamente, a chi dell’anarchia ha una idea confusa, male interpretata e inizia proprio spiegando cosa non è l’anarchia. Si inserisce nel filone della divulgazione dell’idea che anche altri anarchici avevano battuto senza per questo raggiungere il livello dell’opera di Berkman. Come scrive Emma Goldman nella prefazione: «Bisogna dire, però, che neanche loro (si riferisce ad altri autori anarchici, ndr) avevano in mente proprio l’uomo medio – l’uomo medio di mentalità anglosassone. Non si può negare che c’è una grande differenza tra il pensiero del lavoratore latino e quello del suo fratello americano o inglese: il primo è stato immerso nelle tradizioni rivoluzionarie e nelle battaglie per la libertà e per altre cause, mentre il secondo è cresciuto sulle “benedizioni” del parlamentarismo. Un approccio differente è dunque essenziale se si vuole raggiungere la mente dell’anglosassone». La massificazione del pensiero, anglosassone o latino che sia, porta a dare nuova importanza a questa opera. Non conta che si sia d’accordo o meno, ma leggerla porterà ad utilizzare meno “io sono anarchico” senza cognizione di causa. Un libro molto interessante comunque la pensiate, di un’attualità stringete, sembra scritto in questi giorni e non quasi un secolo fa. Diceva allora, come molti altri, cose che moderni intellettuali, maître à penser, stanno rispolverando.

E poi, visti i tempi che corrono e il progressivo, e sembra irrimediabile, abbandono di una qualsivoglia forma di ribellione delle masse nel vecchio continente, vedi le diverse reazioni anche rabbiose al tentativo di alzare la testa del popolo greco, non è male leggersi questo libro a cui, volendo, si possono aggiungere altri testi una volta considerati sacri e troppo presto finiti nei mercatini dell’usato se non nel secchio dell’immondizia, per recuperare un minimo di speranza che cambiare il mondo si può.

«Le uniche cose che contano nel mondo sono il denaro, l’influenza e l’autorità conferite dal denaro. Non la giustizia, ma il possesso. Estendi questo esempio al resto della tua vita e scoprirai che la giustizia e l’uguaglianza sono solo parole al vento, menzogne che ti hanno insegnato, mentre il denaro e il potere sono le cose reali che contano».

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