Wilma Labate
A proposito di "Una spremuta di vite”

Vite da raccontare

Paolo Pietrangeli ha scritto il romanzo della sua vita. Anzi delle vite che si intersecavano, tra sogni e delusioni, negli anni Settanta. Parlando di cinema, di musica e di politica

Paolo Pietrangeli è l’autore di Contessa e di molte altre canzoni indimenticabili che sono state la colonna sonora degli anni Settanta. Ma non è solo un cantautore, è anche un cineasta, un collezionista irriducibile di pipe, qualche anno fa lo era di moto, un allevatore di cani blood hound, vi ricordate quella meravigliosa creatura immortalata da Walt Disney col nome di Pluto? È un regista televisivo e di documentari e ora ha scritto un romanzo, Una spremuta di vite (Navarra editore, Marsala 2014 con preazione di Gianni Mura): la sua e quella delle persone con cui ha condiviso esperienze importanti e affetti. Una spremuta di vite è un libro musicale: i codici QR inseriti all’interno consentono al lettore di ascoltare quindici brani musicali, di cui tre inediti di Paolo Pietrangeli.

Il racconto parte con il diario che Gioia, la sua compagna, ha scritto a Palermo durante i febbrili giorni di ricovero in ospedale di Paolo per un problema cardiaco. La situazione era molto seria e le parole di Gioia affondano senza orpelli, con un linguaggio secco da mozzare il fiato, in una dimensione in bilico tra la vita e la morte nella quale è impossibile non calarsi. Con il ritorno a casa di Paolo, il lettore tira una autentico sospiro di sollievo e parte per un’avventura emozionante. Figlio del grande Antonio Pietrangeli, autore di capolavori come Io la conoscevo bene e Adua e le compagne, Paolo ha respirato cinema fin da bambino. Ha diretto negli anni Settanta Porci con le ali tratto dal romanzo di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice e, infatti, ha montato gli episodi del suo libro con un ritmo cinematografico, regalando al lettore un sentimento di stupore. Si ride moltissimo: qualche volta ho perso il controllo, ridendo come una ragazzina, a lungo e in modo sonoro, ignorando i vicini di posto in treno, arrossendo e chiedendo scusa e poi ricominciando a ridere, tentando inutilmente di controllarmi, coprendomi la bocca con la mano, simulando un attacco di tosse, mordendomi le labbra e soffiandomi il naso senza averne bisogno. Colpevole una battuta fatta in modo inconsapevole e ascoltata da migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, a Cuba nel ’78 durante gli incontri dei giovani comunisti mentre gli organizzatori presentavano il grande Sergio Endrigo. E si soffre, si resta attoniti leggendo l’episodio della morte del padre di Paolo per un assurdo incidente durante i sopralluoghi per un film mai più girato.

Paolo ha fatto l’aiuto regista a Visconti per Morte a Venezia e ha dovuto procurare al maestro una grande quantità di “pantegane”, vi immaginate? Una volta il cinema si faceva così: in grande. E i desideri del regista erano sacri, nessuno osava metterli in discussione e anche se la scena fu poi tagliata, un gruppo di coraggiosi ha dovuto mobilitare e muovere sul set una massa di “pantegane” e con tanto di megafono, mi piace immaginare, ha dovuto ordinare i movimenti delle speciali comparse. Era un altro secolo, infatti; un altro cinema. Immenso però. L’esperienza con Fellini per Roma non fu certamente meno intensa, un altro gigante, ancora un set sontuoso.

Il libro regala una emozione dietro l’altra, la fatica dei concerti durante le campagne elettorali, la gioia della ricerca musicale, il talento di Giovanna Marini e di Ivan della Mea, identità diverse, mito di un momento colto, la fatica di adattarsi a viaggiare scomodi, a dormire poco, a suonare e a cantare con tutti i climi, con la poesia a fior di labbra. E poi ancora una battuta, un’altra risata irrefrenabile e dopo un colpo al cuore, un attacco di malinconia giocato con una frase asciutta, senza nostalgia e parole ridondanti, un racconto dolente.

E la fiducia nella politica, quella che non c’è più. C’è anche questo in Una spremuta di vite: la politica. Il filo conduttore di una vita vissuta senza risparmio, nemmeno ora che l’età incombe, ignorando la rassegnazione, il cinismo, l’opportunismo con un bagaglio di esperienze uniche che si potrebbero rivendicare come sapienza, ma che ci vengono invece sussurrate in un orecchio, così senza pretese. Paolo Pietrangeli è un occasionale compagno di viaggio cui basta un colpetto di gomito e uno sguardo per indicarti una bella cosa.

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