Ubaldo Villani-Lubelli
Dopo il clamori della festa tedesca

Vivere senza Muro

Per la generazione degli anni Settanta e Ottanta il Muro di Berlino era qualcosa dato per scontato, quasi esterno. E invece è venuto giù. Ma altri "muri" sociali, non politici, dividono i popoli

I palloncini bianchi sono stati fatti volare, il Muro di Berlino, ancora una volta, è stato abbattuto. Per poco più di 48 ore, lo scorso fine settimana, Berlino è tornata ad essere divisa, anche se solo simbolicamente, da un lungo muro di palloncini bianchi. Rivedere la capitale tedesca nuovamente divisa è stata un’emozione unica. Il percorso del Muro, a tratti illogico e tortuoso, per molti era ormai dimenticato. La Berlino di oggi è una città che si è messa alle spalle quell’esperienza e le tracce di muro sono ormai impercettibili. I turisti si illudono di poter percepire qualcosa della città divisa di un tempo ma in realtà molto poco (forse nulla) è rimasto. Il muro di palloncini illuminati è stato un buon modo per far ricordare alla città di Berlino e ai berlinesi la loro storia recente.

Si è trattato di un’operazione politicamente e culturalmente importante perché se ormai l’Ostalgie, diversamente da come spesso si legge sugli organi di informazione, è superata e ci sono solo pochi sparuti nostalgici della vita della DDR, diverso è il discorso della questione legata alle disparità e ai “muri sociali” in Germania. E il problema non riguarda solo i cosiddetti nuovi Länder (quelli corrispondenti alla ex DDR), ma l’intera Germania, a Ovest come ad Est. È un problema che non ha nulla a che fare con il successo o meno del processo di riunificazione tedesca o alla famosa convergenza promessa dall’ex cancelliere Helmut Kohl. Convergenza, infatti, non significava e non significa totale parità, perché questa non esisteva e non esiste neanche all’interno dei vecchi Länder (quelli corrispondenti all’ex Germania Ovest). Insomma, i Muri che dividono oggi la Germania non sono politici e non hanno nulla a che fare con la contrapposizione Est-Ovest.

Muro di Berlino20141Lo scorso fine settimana a Berlino, lungo il percorso del Muro illuminato dai palloncini, sulla Erna-Berger-Strasse, vicino al Checkpoint Charlie, c’era una scritta in gesso sull’asfalto, passata inosservata alle migliaia di tedeschi che camminavano felicemente lungo il Muro: «Nuovi muri ci sono nel paese: Hartz IV, povertà infantile, salari bassi, Frontex, Eurosur e povertà degli anziani». Non era un modo per protestare e per rovinare una festa che in realtà ha unito un intero paese e un intero popolo, ma un invito a stare attenti ai nuovi che si sono eretti in Germania. Muri meno visibili, a volte nascosti nelle zone più nascoste e ai margini della società.

Per la generazione degli anni Settanta e Ottanta il Muro di Berlino era qualcosa dato per scontato, come destinato a durare in eterno, eppure un giorno, quasi per caso, inaspettatamente, qualcosa è cambiato nel ritmo della storia: la fine della cortina di ferro, la forza delle manifestazioni della rivoluzione pacifica e una conferenza stampa del portavoce del Partito di Unità Socialista (SED) della DDR hanno cambiato il mondo.

Su uno dei pezzi superstiti del Muro di Berlino, nella famosa East Side Gallery, c’è una frase che riprende un detto africano: «Molte piccole persone che fanno molte piccole cose in molti piccoli posti possono cambiare il volto del mondo». È una frase che non dovremmo dimenticare perché così come tanti piccoli gesti contribuirono a costruire un mondo migliore dopo quel 9 novembre 1989, così, anche oggi, basterebbe poco per superare quei piccoli muri che sono cresciuti nella società e che le nuove generazioni danno per insuperabili.

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