Luca Fortis
Lettera dal Cairo

L’Egitto in cammino

Dopo lunghi travagli, il colosso nordafricano si avvia a una lenta fase di stabilizzazione. Fatta di rilancio economico e moderazione religiosa, come dice il presidente/militare Al Sisi. Ne parliamo con la Shahira Mehrez, militante femminista

Il Cairo, nonostante tutti i suoi problemi, sembra un’oasi di pace in mezzo alla polveriera araba. Pochi mesi fa nessuno lo avrebbe detto, ma alla fine, quello che si riteneva uno dei paesi più instabili del Medio Oriente, si sta rivelando il centro da cui passano molte delle trame per una possibile pacificazione dell’area. Per comprendere cosa accade torno a trovare Shahira Mehrez, ricercatrice, ex docente di Arte e di Architettura islamica presso l’Università americana del Cairo e di Helwan, stilista e filantropa che da alcuni anni si occupa anche del ruolo delle donne in politica

L’Egitto si sta stabilizzando?

Direi di sì. Le elezioni parlamentari saranno tra novembre e dicembre, ma ancora tutto è molto vago. Ultimamente vi sono stati poi alcuni problemi per il rialzo del prezzo della benzina che ha preoccupato molta gente, ma io sono favorevole a questa politica perché non si può continuare a vivere facendo debito pubblico. Penso però che la situazione andasse spiegata meglio alla gente, perché non è stupida e avrebbe capito meglio le ragioni di queste decisioni.  Non si possono spendere i soldi delle generazioni future.

Al Sisi10Come giudica le prime mosse del nuovo presidente (nella foto)?

Gli egiziani stanno attendendo di capire cosa accadrà con le elezioni parlamentari e se ci saranno nuove leggi per attrarre investimenti e far ripartire l’economia. Al Sisi ha parlato bene ultimamente, ha detto anche che non bisogna apprendere solamente il Corano, ma che va capito il significato vero della religione islamica, la sua tolleranza e amore per il prossimo. Il governo ha annunciato anche una riforma del sistema educativo che è poco efficace per preparare persone che possano poi essere inserite nel mondo del lavoro. Si parla di riformare lo Stato e la burocrazia, sento che le cose si stanno muovendo. Io ho votato per Al Sisi, ma ero pronta a passare subito all’opposizione se si fosse comportato male: ma per ora si sta muovendo bene. Guardate cosa sta accadendo in Iraq, Libia, Siria e Yemen, era questo che l’occidente voleva per noi ?

Come possono i Salafiti partecipare alle elezioni quando la costituzione vieta i partiti islamici?

Ce lo domandiamo tutti e la risposta non è chiara. Comunque andrà hanno visto cosa è accaduto ai Fratelli Musulmani e non potranno infiltrarsi nello Stato.

Ci saranno nuovi partiti politici?

Quelli nati con la primavera araba sono collassati, compreso Tamarod. Tutti stavano insieme contro Mubarak e poi Morsi, ma successivamente si sono divisi.

Al Sisi ha creato un suo partito?

No e non credo lo farà. I due partiti che hanno risorse e hanno probabilità di vincere le elezioni sono il Wafd e gli Egiziani Liberi, partito liberale fondato dall’imprenditore cristiano Naguib Sawiris.Ma i militari non hanno per ora finanziato nessuno. Quindi Al Sisi dovrà venire a patti con i partiti che vinceranno le elezioni. Io comunque preferisco che non abbia un partito: in questo modo sarà costretto a mediare.

Egitto12I gruppi femministi di cui fa parte parteciperanno alle elezioni?

Per il momento, sto facendo una campagna di raccolta fondi per finanziare e fare lobby per eleggere donne in parlamento. Come fu per le suffragette in Europa, anche in Egitto sarà purtroppo una battaglia a lungo termine.

I nuovi partiti avranno qualche frizione con Al Sisi?

Il feldmaresciallo ha fatto un fondo che si chiama “Viva l’Egitto” per aiutare la ricostruzione economica del paese, ma i ricchi per ora non gli hanno dato finanziamenti. Questo dimostra che qualche frizione sarà possibile, ma vedremo. Essendo Al Sisi un presidente eletto in momento particolare della nostra storia è meglio per lui non polarizzare troppo la situazione venendo a patti con i due partiti principali. Allo stesso tempo sarà importante fare politiche per la giustizia sociale, senza però far scappare gli investitori. Bisogna trovare il giusto equilibrio e il dover venire a patti con questi due partiti sarà positivo.

Continuano gli arresti degli studenti?

Il caos era tale che purtroppo ci voleva una mano di ferro. Io sono stata sempre contraria agli arresti, ma non si poteva andare avanti a molotov. Gli universitari devono imparare a rispettare la legge e avvertire il prefetto quando fanno manifestazioni esattamente come avviene in Europa. Molti ragazzi sono contro i militari, ma devo dire che senza le forze armate ora saremmo come in Iraq, Libia o in Siria. Mi spiace dirlo perché sono sempre stata un’oppositrice di Mubarak, ma ho cambiato idea sui militari di fronte a questo disastro. C’è un momento in cui si deve dire basta. I giovani hanno portato a un’anarchia che ha finito per favorire i fondamentalisti che sono una minoranza molto ben organizzata. Di fronte a questo scenario, meglio i militari. I ragazzi appartengono a una borghesia privilegiata che ha usufruito dei benefici di un sistema ingiusto. Con la rivoluzione hanno finito per creare una instabilità politica che ha portato ad una notevole crisi economica che ha allontanato le classi più disagiate dagli ideali della rivoluzione. Il popolo cerca il lavoro. Certamente molti poliziotti sono poveri e ignoranti e usano il solo linguaggio che conoscono, la forza. Non si tratta di un buona politica per mantenere la sicurezza, il governo deve stare molto attento ed evitare i soprusi della polizia o si alienerà nel lungo termine le classi borghesi. Quindi, se è vero che rivoluzionari non creando partiti politici capaci di garantire stabilità al paese dopo la primavera araba si sono persi i poveri per strada, e anche vero che Al Sisi non deve fare gli stessi errori di Mubarak stando attento a non avere la mano troppo pesante con gli studenti. Per fortuna li mette in prigione per quindici giorni, non di più.

Questo succedeva anche in passato?

Anch’io e i miei amici, quando eravamo giovani, siamo stati messi in prigione per dieci o venti giorni perché comunisti o di sinistra. Comunque fin quando il paese non si stabilizzerà sarà molto difficile parlare di libertà.

Quando la politica sarà nuovamente tranquilla bisognerà tornare a lottare per le libertà, ma attaccare ora l’esercito vedendo quello che accade nei paesi arabi che non hanno forze armate in grado di controllare il territorio, è una follia. Quando gli studenti dicono abbasso l’esercito sbagliano.

Come va l’economia?

Viviamo ancora della carità dei paesi arabi del Golfo. Bisogna ricreare un’industria almeno nei settori strategici. Per ora Al Sisi ha lanciato un messaggio chiarissimo alla popolazione: bisogna lavorare molto di più ed essere più efficienti. Non vi sono scappatoie.

Egitto13Come giudica le prime mosse del nuovo presidente su questo fronte?

La decisione di allargare il canale di Suez è stata una sorpresa molto positiva. Sono rimasta impressionata perché aumenterà di molto le entrate economiche del governo. Inoltre il nuovo progetto è molto migliore di quelli di Mubarak e Morsi che volevano far fare il raddoppio ai paesi del Golfo. Per farlo, Al Sisi ha invece deciso di creare un fondo azionario a cui potranno aderire solamente gli egiziani. Già in passato avevamo perso il canale per i debiti del re che lo aveva dovuto cedere agli inglesi, dopo tutti gli sforzi per nazionalizzarlo, non potevamo certo perderlo di nuovo. Solamente i servizi connessi saranno aperti ai privati. Il generale ha anche chiarito che l’impresa deve incominciare i lavori subito e poi verranno pagati pian piano. Se questo progetto non fosse stato avviato sarebbe stato un disastro perché l’ingegneria del canale era ormai sorpassata. Un’altra mossa intelligente di Al Sisi è stato proporre di sostituire i prodotti agroalimentari che gli europei e americani non possono più vendere ai russi, a causa delle sanzioni per l’Ucraina, con i prodotti egiziani.

Il papa ha chiesto ai leader religiosi musulmani di condannare il terrorismo islamico in modo netto. Le autorità egiziane sembrano avere risposto all’appello.

Sì, Al Azhar si è schierata con il Papa, ma ancora non basta. I religiosi musulmani sono ancora troppo conservatori. La causa è la povertà, ci vorrà del tempo prima che la gente si liberi dalla pressione della società. Negli Anni Settanta pochissime donne portavano il velo, ma eravamo 40 milioni ed eravamo più ricchi, ora siamo 100 milioni e siamo più poveri e quindi più ignoranti. Al Sisi ha detto agli egiziani che la devono smettere di dire che sono gli europei che insultano l’Islam, perché in realtà sono i fondamentalisti a farlo.

Cosa ne pensa di chi sostiene che dividere la Siria e l’Iraq in stati confessionali aiuterebbe ad uscire dalla guerra in quei paesi?

Dividere il Medioriente in fazioni religiose o etniche è un errore tipicamente occidentale, questa politica è la madre di tutte le guerre civili. Creare finti stati sciiti o curdi porterebbe a stragi di tutte le minoranze perché questa gente vive mischiata da secoli. Sono vicini di casa, non esistono territori con popolazioni omogenee Per capire, basti pensare alla Bosnia Erzegovina. Tentare di separarli ha creato le basi della guerra civile. Bisogna invece combattere quei pazzi dei fondamentalisti che purtroppo sono stati aiutati in alcuni momenti anche dall’occidente. Al Azhar ha detto in modo chiarissimo che sono loro i veri nemici dell’Islam.

Cosa ne pensa del report di Human Rights Watch che accusa il governo egiziano di avere pianificato a tavolino la strage nelle piazze di Al Nahda e Rabaa?

Non sono d’accordo con l’analisi di Human Rights Watch, i morti ci sono stati da entrambe le parti, non sono state morti unilaterali. D’altronde uccidono soldati ancora tutte le settimane.

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