Erminia Pellecchia
Un'esposizione sold out

Il totem Vermeer

Non solo la mostra di Bologna: concerti, reading, eventi, feste... la tappa italiana della "Ragazza con l'orecchino di perla" è molto più che una semplice questione artistica

Le labbra rosee sensualmente dischiuse, i grandi occhi cerulei esaltati dalla fascia color del cielo che avvolge il capo, mettendo in risalto l’ovale perfetto che spicca niveo, quasi trasparente, sul fondo nero, un lembo di stoffa gialla penzola libero sulla spalla, unico punto di luce l’orecchino di perla bianca che inghiotte il bagliore naturale proveniente – si intuisce – da una finestra e lo riflette sul viso, girato di tre quarti, come se di scatto la giovane donna si fosse voltata verso qualcosa di atteso che non si sarebbe mai realizzato. Innocenza e sensualità, bellezza e mistero. La Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer continua a solleticare la nostra curiosità con l’enigma che si porta dietro da quattro secoli.

orecchino filmÈ molto più di un’opera d’arte, è un’icona, come la Gioconda di Leonardo: provi a darle un nome, a costruirne la storia, a sognare di un amore impossibile tra la modella e il pittore. La fissi, nella penombra i tratti, poco alla volta, assumono quelli di Scarlett Johansson (nella foto accanto), la protagonista del film campione di incassi di Peter Webber, ispirato al best-seller di Tracy Chevalier del 1999, che fece sì che quel dipinto, fino ad allora sconosciuto, si trasformasse in icona di massa. Proprietà del pubblico, venerato al punto di cambiare il titolo originale Ragazza col turbante in quello più identificabile con il libro di Ragazza con l’orecchino di perla. E il pubblico l’osanna ancora, oggi più di ieri, tanto che la mostra su «Il mito della Golden Age», che presenta a Palazzo Fava di Bologna (fino al 25 maggio) 37 capolavori del Mauritshuis Museum dell’Aja, tra cui quattro Rembrandt, è diventato un evento nazionalpopolare alla pari del Festival di Sanremo, con lei, la “ragazza” appunto, a fare da popstar del gran circo mediatico, sollecitato dal curatore-sirena Marco Goldin al grido di «eccezionalità, irripetibilità».

Il quadro è qui in Italia per pochi mesi, unica tappa in Europa, imbonisce lo storico dell’arte-manager, poi tornerà al chiuso nel suo museo, peccato perdere un’occasione unica a due passi da casa. Ed è subito corsa al biglietto, i numeri parlano chiaro: ottomila visitatori nel primo weekend inaugurale, centodiecimila prevendite, duemila biglietti venduti al giorno, un nutrito numero di vip per la preview con ticket pagato perfino 150 euro, comprensivo però di cena vista tetti di Bologna, l’old sout a San Valentino, innamorati in coda, pazienti, mano nella mano ad aspettare quel minuto di emozione da custodire gelosamente per tutta la vita. Perfino lo spettacolo di Battiato, andato in scena, come anteprima della mostra, il 19 e 20 gennaio ha registrato il tutto esaurito, spettatori in visibilio quando il cantautore ha intonato con Alice il duetto I tuoi occhi. La storia della servetta Griet e dell’artista, l’amato e l’amante, l’uomo potente e la giovane donna, l’intensa relazione fatta solo di sguardi e sottintesi, appassiona, rapisce. Goldin ammonisce: «Non lasciatevi coinvolgere dall’aneddotica del romanzo e del film. La ragazza è un volto qualsiasi che il pittore ha consegnato all’assoluto del tempo». Però sotto sotto gongola e la sua “Linea d’Ombra”, la società che due anni fa è riuscita a strappare l’ok del piccolo museo dell’Aja in ristrutturazione per la “sosta” bolognese delle opere del Seicento, punta, per incrementare il business, sul “collaterale”.

Ecco allora la sperimentazione della visione del quadro accompagnata all’ascolto con postazioni audio dedicate, ecco il reading, il 10 febbraio, nella corte di Palazzo Pepoli con la brava Isabella Ragonese che legge la storia della Chevalier, ecco l’audiolibro targato Emons in download, scaricabile su iTunes e in vendita nelle librerie da marzo. Tutti pazzi per Jan Vermeer, anche se pochi sono quelli che sanno spiaccicare due parole sul fiammingo la cui biografia, tra l’altro, è abbastanza scarna: ignota la data di nascita, si sa che fu battezzato il 31 ottobre 1632 a Delft, che il padre era un tessitore di seta, che fu apprendista, forse, da Carel Fabritius, che da protestante divenne cattolico per sposare la ricca Catherina Bolnes, che era coccolato dalla suocera Maria Thins che apprezzava e promuoveva la sua arte, che ebbe come mecenate e collezionista Pieter van Ruijen, che fu membro della Gilda, ebbe 14 figli e morì, pieno di debiti, nel 1675.

Difficile ricostruire anche le vicende artistiche, i quadri che gli si attribuiscono sono davvero scarsi, la qual cosa, sicuramente, contribuisce ad accrescere l’alone di mistero sulla sua figura. Sorprendente, dunque, che sia diventato oggi un fenomeno di consumismo. Anche se, a ben rifletterci e ricordando la non tanto lontana mostra alle Scuderie del Quirinale andata, per la verità, maluccio, il feticcio è solo lei, la Ragazza, assente nell’esposizione romana. La prova? Seguiamo i gruppi in visita a Palazzo Fava. Le sei sale allestite con opere di tutto riguardo, a firma di maestri come van Ruisdael, van Rijn, Pieter Claesz, Frans Hals, Jan Steen, Gerard Ter Borch, Gerard van Honthorst, si oltrepassano veloci per correre alla sesta dove campeggia, in un gioco di chiaroscuri, La ragazza con l’orecchino di perle, il totem di appena 44,5×39 centimetri, di fronte al quale ci si inginocchia. E pensare che, nelle sue vicende travagliate, prima di finire al Mauritshuis, il dipinto fu acquistato all’asta da tal Arnoldus des Tombes per poco più di due fiorini… Gli intellettuali storcono il naso di fronte al successo dell’operazione targata Linea d’Ombra-Genus Bononiae: è esclusivamente business, non ha niente a che vedere con la cultura. Probabilmente. Però rende e dimostra che con la cultura, se ben venduta, si può anche mangiare.

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